È partita ieri la campagna per la vaccinazione di oltre 120.000 palestinesi che lavorano in Israele. I primi a ricevere la dose di vaccino sono stati i lavoratori in transito al checkpoint di Jaba’a vicino a Beit Shemesh.
Da oggi saranno almeno otto le stazioni di vaccinazione e i medici israeliani sperano inizialmente di immunizzare almeno mille palestinesi al giorno.
Diffidenza e ancora odio
Sui social palestinesi è scattata subito la rincorsa a chi odia di più e in molti pochi post viene evocata con chiarezza la teoria del complotto avvertendo chi si vaccina che potrebbe incorrere in gravi problemi.
Addirittura c’è chi dice che i vaccini inoculati dagli israeliani contengano una specie di batterio che fa ammalare i vaccinati e i loro famigliari. Una specie di guerra biologica contro i palestinesi.
Per fortuna che nessuno (o pochissimi) degli oltre 120.000 lavoratori palestinesi che operano in Israele crede a queste menzogne e la vaccinazione ieri mattina è proseguita senza intoppi.
Il vaccino ai palestinesi di Giudea e Samaria
Ma la vera polemica è scoppiata sulla vaccinazione della popolazione araba residente in Giudea e Samaria (la cosiddetta Cisgiordania).
In molti accusano Israele di essersi completamente disinteressato della vaccinazione dei palestinesi proprio mentre in Giudea e Samaria si assiste ad un seria ondata di contagi.
Ma, secondo gli accordi tra Israele e Autorità Palestinese, va proprio a quest’ultima la gestione delle questioni riguardanti la sanità e non a Israele. È quindi l’Autorità Palestinese a doversi far carico di vaccinare la propria popolazione.
Invece con i pochi vaccini ricevuti, che dovevano servire a vaccinare il personale sanitario in prima linea, ci si sono vaccinati i leader palestinesi e le loro famiglie. Indifferenti alla popolazione, come sempre.