Qualcosa è cambiato nel controllo della Striscia di Gaza. Anche se Hamas apparentemente ne ha ancora il controllo, il ruolo della Jihad Islamica, gruppo controllato direttamente da Teheran, si fa via via sempre più importante.
Secondo un rapporto presentato dalla intelligence militare israeliana la Jihad Islamica, forte del sostegno finanziario e militare dell’Iran, avrebbe smesso di “obbedire” ad Hamas e praticamente andrebbe per conto proprio.
Ne hanno parlato in settimana i servizi segreti israeliani ed egiziani in occasione della visita in Israele di un gruppo di negoziatori egiziani capeggiati dal Generale Omar Halfi, capo del fantomatico “Dipartimento Palestina”, visita avvenuta in concomitanza con quella di alcuni funzionari del Qatar i quali dovevano valutare le conseguenze della decisione presa da Doha nel febbraio scorso di tagliare i finanziamenti ad Hamas.
Un po’ tutti si sono accorti che a un progressivo indebolimento di Hamas dovuto a tutta una serie di decisioni prese dagli arabi nonché dalle Nazioni Unite, è corrisposto un contestuale potenziamento della Jihad Islamica la quale sta attirando a se molti giovani con la promessa di stipendi maggiori di quelli distribuiti da Hamas e, soprattutto, promette di mantenere intatta l’ideologia jihadista e l’odio verso Israele senza compromessi, come invece sta facendo (secondo loro) Hamas.
Mercoledì scorso si doveva decidere se iniziare o meno una serie di progetti nella Striscia di Gaza volti a migliorare sensibilmente le condizioni di vita della popolazione.
Nel pacchetto presentato dal Generale Omar Halfi ai boss di Hamas vi era l’OK israeliano a quasi tutte le richieste avanzate dai terroristi palestinesi nei mesi scorsi, tra le quali di particolare interesse vi erano l’allargamento della zona di pesca, l’aumento delle quantità di merci provenienti da Israele e, soprattutto, importanti opere destinate al miglioramento della distribuzione di acqua e di elettricità.
Quando il generale egiziano Omar Halfi si è visto rifiutare da parte di Hamas quanto faticosamente concordato con Israele e con le Nazioni Unite in mesi e mesi di trattative si dice che sia “sbottato” e che abbia minacciato il blocco di tutte le iniziative.
In realtà si è verificato quanto anticipato proprio dalle intelligence israeliana ed egiziana, cioè che Hamas per paura di perdere potere a vantaggio della Jihad Islamica a causa delle trattative con Israele, ha irrigidito ulteriormente le sue posizioni e quello che poteva portare a importanti iniziative volte al miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti della Striscia di Gaza si è trasformato in una sorta di “fronte” dove Hamas ha bisogno di dimostrare che il mantenimento della linea dura con Israele va ben oltre il benessere della popolazione.
La questione dei soldi
Tra qualche tempo Hamas potrebbe ritrovarsi praticamente in bolletta con il Qatar, maggior finanziatore del gruppo terrorista palestinese, che praticamente ha deciso di tagliare tutti i fondi destinati al pagamento degli stipendi e all’acquisto di carburante per la centrale elettrica entro pochi mesi.
Quello dei soldi è un problema che invece non ha la Jihad Islamica forte del sostegno di Teheran che durante l’ultima visita di Ziad Nakhala (capo della Jihad Islamica) in Iran ha ottenuto la promessa da parte del gruppo terrorista di aprire un “terzo fronte” con Israele in cambio di denaro e armi.
Non è un caso che nei giorni scorsi i terroristi palestinesi sostenuti dall’Iran abbiano presentato nuovi missili in grado di colpire Tel Aviv, una dimostrazione di potenza mirata a mettere in imbarazzo proprio Hamas e a dimostrare che la Striscia di Gaza sta cambiando progressivamente padrone.
Il Qatar potrebbe cambiare idea
Alla luce dei cambiamenti in atto nella Striscia di Gaza il Qatar potrebbe cambiare idea in merito al fatto di interrompere i pagamenti a favore di Hamas. Lo ha fatto intendere ieri Mohammed al-Emadi, inviato speciale del Qatar nella Striscia di Gaza. Anzi, per limitare il progressivo aumento della popolarità della Jihad Islamica il Qatar potrebbe aumentare lo stanziamento dei fondi portandolo da 15 milioni di dollari al mese a 20 milioni di dollari, così come richiesto mercoledì scorso dai leader di Hamas.
Gli scontri lungo il confine con Israele
Mentre Hamas, per favorire le trattative in corso, si era impegnato a interrompere gli scontri lungo il confine tra Israele e la Striscia di Gaza, scontri che ormai vanno avanti da mesi, alcune migliaia di fanatici legati con molta probabilità alla Jihad Islamica, hanno proseguito imperterriti nei loro tentativi di entrare in Israele e a lanciare quotidianamente palloni incendiari verso le comunità israeliane di confine.
Israele ha sempre risposto agli attacchi colpendo obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza in quanto a Gerusalemme considerano il gruppo terrorista palestinese responsabile di tutto quello che avviene all’interno della Striscia. Ma è veramente così?
In realtà sembra che ad essere responsabile della maggior parte degli attacchi contro Israele non sarebbe affatto Hamas ma la Jihad Islamica che così facendo si è accreditata come “l’unico movimento di resistenza contro Israele” alla pari degli Hezbollah libanesi.
Trasformare la Striscia di Gaza in un nuovo Libano del sud e la Jihad Islamica nel nuovo Hezbollah
Ed è proprio questo il piano iraniano: trasformare la Striscia di Gaza in un nuovo Libano del sud e la Jihad Islamica nel nuovo Hezbollah. Logico quindi che le trattative in corso da mesi tra Hamas e Israele (per tramite dell’Egitto) potrebbero rompere le uova nel paniere iraniano se dovessero andare a buon fine.
Ora Hamas, consapevole che a Gerusalemme e al Cairo hanno capito il rischio di lasciare la Striscia di Gaza nelle mani dei terroristi telecomandati da Teheran, cerca di alzare il prezzo e aumenta le sue richieste sia verso Israele che verso il Qatar.
Ma è un gioco molto pericoloso perché se Hamas non ferma in fretta la Jihad Islamica il rischio di un massiccio intervento israeliano nella Striscia cresce di giorno in giorno specie in un momento in cui ci si avvicina alle elezioni e la popolazione del sud di Israele, stremata da mesi di attacchi, chiede sempre più insistentemente un intervento risolutivo.
Hamas deve decidere in fretta
Hamas deve decidere in fretta se pensare al bene della popolazione che governa oppure tirare la corda per ottenere di più al fine di contrastare internamente i terroristi telecomandati da Teheran. Il tempo passa senza nessun accordo e più tempo passa più la Jihad Islamica si rafforza, e non solo a Gaza ma anche in Giudea e Samaria.
Il rischio che la Striscia di Gaza passi sotto il controllo di Teheran è molto forte ed è un rischio che né Israele né Hamas si possono permettere di correre.
Domani sono previsti incontri tra l’inviato del Qatar e la dirigenza di Hamas e poi tra lo stesso inviato del Qatar e i vertici israeliani. Il nodo da sciogliere è se cedere alle richieste “maggiorate” di Hamas in cambio di un impegno a fermare la Jihad Islamica (e quindi anche gli scontri lungo la barriera di confine) oppure lasciare che tutto degeneri. Sono in molti a pensare che occorra assolutamente trovare un compromesso per evitare quello che poi sarebbe inevitabile, cioè un massiccio intervento armato israeliano nella Striscia di Gaza.