Forse è arrivato il momento di cominciare a parlare seriamente di quello che sta avvenendo realmente in Medio Oriente e di ammettere che se le cose non cambiano in fretta (molto in fretta) una guerra regionale è praticamente inevitabile.
Nelle ultime settimane il mondo ha assistito silente ad una vera e propria escalation imposta dall’Iran in Medio Oriente.
Una escalation materiale, con l’attacco all’Arabia Saudita, e una escalation verbale con dichiarazioni da parte di importantissimi leader iraniani sempre più vicine al delirio da onnipotenza, che abbinato all’islamismo estremo iraniano non è mai una bella cosa.
Sorvoliamo sulla “non-reazione” europea all’attacco iraniano ai sauditi. Ormai da tempo le cosiddette “potenze europee” sono supine agli Ayatollah e quindi c’è ben poco di cui meravigliarsi. Ma dagli americani qualcosina in più ci si aspettava. Invece niente, come se nulla fosse successo, come se l’attacco missilistico iraniano contro Riad non fosse una fatto gravissimo a livello globale ma fosse solo una scaramuccia tra cammellieri.
Non c’è da stupirsi quindi se i più importanti personaggi del regime iraniano lanciano da giorni anatemi di ogni tipo che invitano alla “rivoluzione islamica” e mettono in luce “l’impotenza del mondo di fronte alla potenza persiana”.
In questi ultimi giorni il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha introdotto o ribadito alcuni concetti che non possono essere sfuggiti agli analisti.
Il primo e forse più importante dei concetti ribadito da Rouhani è quello dell’asse della resistenza. Non è un concetto da nulla. L’asse delle resistenza è qualcosa di più di una semplice definizione, è una alleanza strategica tra stati e gruppi terroristici islamici.
Non vi è dubbio che tutti i membri dell’asse di resistenza si sostengano fortemente a vicenda e abbiano creato un potere unito e non vi è dubbio che se un membro viene attaccato, gli altri membri si vendicheranno
Il secondo concetto introdotto da Rouhani, anche alle Nazioni Unite, è quello della “giustezza dell’attacco all’Arabia Saudita” volto a convincere le potenze regionali ad unirsi.
L’attacco degli Houti (dell’Iran n.d.r.) è un avvertimento ai nemici affinché pongano fine ai conflitti nella regione e si riuniscano sotto la bandiera dell’islam
In un importante discorso tenuto il 22 settembre 2019, Rouhani ha approfondito il tema e ha ora esortato tutti gli stati del Golfo Persico a riconciliarsi con l’Iran e rifiutare l’intervento degli Stati Uniti.
«L’Iran è pronto a estendere la mano dell’amicizia e della fratellanza a tutti i gli Stati vicini. A questo proposito, siamo persino pronti a perdonare i loro errori passati, perché oggi siamo di fronte a condizioni in cui i nemici della regione, in particolare gli Stati Uniti, l’arroganza e il sionismo, stanno cercando di sfruttare il divario, la frattura e la divisione tra i paesi della regione», ha detto Rouhani.
«Il tempo è essenziale» ha poi aggiunto Rouhani. «I nemici dell’Islam e della regione cercano di ottenere il massimo dalla nostra divisione. La presenza di forze straniere può essere pericolosa per la regione, per le acque internazionali, nonché per la sicurezza delle linee marittime e dell’energia, ma il percorso [dell’Iran] è quello di creare unità e coordinamento con i paesi regionali».
Quello che stanno facendo gli Ayatollah è mettere in dubbio il fatto che gli Stati Uniti possano difendere la regione dalle loro mire e quindi cercano di convincere gli Stati del Golfo ad accordarsi con Teheran invece di combattere l’Iran.
E di certo l’atteggiamento “poco pratico” degli Stati Uniti sta aiutando moltissimo gli iraniani in questa opera di convincimento.
Negli ultimi mesi le provocazioni iraniane sono aumentate di numero e di qualità, fino ad arrivare all’attacco diretto ai sauditi. Bene, gli Stati Uniti non sono mai andarti oltre le frasi e le minacce di rito e questo è sufficiente per screditargli come “guardiani della regione”.
Il messaggio è: «gli americani hanno paura dell’Iran». Nell’Islam questo è un messaggio pericolosissimo che non dovrebbe mai passare.
Il 20 settembre 2019, l’autorevole Ayatollah Ahmad Alamolhoda, un protetto dell’Ayatollah Ali Khamenei, ha discusso della nuova posizione regionale dell’Iran durante un sermone del venerdì. Egli ha sottolineato «il potere regionale dell’Iran» affermando che «l’Iran è la resistenza nella regione, non è più solo uno Stato nella mappa geografica ma unisce tutti i “delegati iraniani” sotto una unica bandiera. Tutti sono l’Iran» ha rimarcato.
Cosa significa? Significa che a Teheran considerano tutti i paesi e i gruppi terroristici aderenti al cosiddetto “asse della resistenza” come parte dell’Iran.
Un nuovo impero persiano, ma islamico. Un delirio da onnipotenza al quale però gli Ayatollah credono e che, molto pericolosamente, diffondono nella regione.
Ed è l’immobilità e l’indifferenza della comunità internazionale di fronte a questa gravissima escalation, a favorire i piani iraniani. Gli Ayatollah si stanno letteralmente impadronendo della regione senza che nessuno faccia nulla. Forse, ammesso che non sia troppo tardi, è arrivato il momento di aprire gli occhi.