Da quando l’allora Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, decise di inasprire le sanzioni all’Iran (era il 2018), Teheran ha trovato decine di modi per aggirarle, spesso con il fondamentale aiuto della Cina e sempre con l’Europa che chiudeva un occhio se non entrambi.
Il caso più eclatante è quello della flotta di petroliere fantasma che Teheran usa per aggirare le sanzioni sul petrolio e consegnare il petrolio a Pechino.
Quello della flotta iraniana di petroliere fantasma è un problema sollevato di recente da Israele (ne parla questa mattina il dott. Eyal Pinko sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronot) dopo che un drone iraniano aveva colpito una nave di proprietà di una società israeliana provocando due morti.
In quel caso tra le tante cose che Gerusalemme denunciò alla comunità internazionale e in particolare all’Europa in merito alle violazioni iraniane, c’era appunto quella della flotta fantasma iraniana che consegnava petrolio alla Cina.
L’attenzione di Bruxelles fu però effimera e durò giusto il tempo di girarsi dall’altra parte e di inviare un alto funzionario all’insediamento del boia di Teheran alla presidenza iraniana.
Eppure, come fa notare il Dott. Eyal Pinko nel suo articolo su Yedioth Ahronot, ci sarebbe di che preoccuparsi, non tanto sulla destinazione finale del denaro ricavato con questo colossale giro di petrolio di contrabbando, quanto piuttosto per le conseguenze geopolitiche.
La flotta fantasma e le sue destinazioni
La flotta fantasma di navi cisterna iraniana comprende oltre 140 navi in grado di trasportare giornalmente oltre 102 milioni di barili di petrolio greggio o carburante e 11,8 milioni di barili di gas naturale liquefatto, per un valore totale di oltre 7,7 miliardi di dollari al giorno.
Da anni questa flotta di petroliere trasporta “segretamente” petrolio verso Cina, Corea del Nord, Russia, Siria, Libano e Venezuela, paese ricco di riserve petrolifere e, fino a pochi anni fa, uno dei maggiori esportatori di petrolio del mondo, ma bloccato dalle sanzioni americane.
Sebbene, come si può notare, le destinazioni sono molto diversificate, il maggior importatore di petrolio iraniano rimane la Cina che oltre ad importare il greggio sta costruendo con Teheran una alleanza politico militare volta a creare una spina nel fianco degli Stati Uniti nel Golfo Persico.
Il Dott. Pinko ci fa notare come «la Cina per diversi decenni ha visto l’Iran come un partner strategico nell’attuazione della sua “Belt and Road Initiative” (BRI), un progetto guidato dal leader cinese Xi Jinping, per formare una rotta commerciale intercontinentale simile alla famosa Via della Seta, che si estendesse dall’Asia orientale all’Europa».
La Cina ha investito 300 miliardi di dollari in questo progetto e con l’Iran nel 2000 ha firmato un trattato strategico di cooperazione (rinnovato nel 2019) che tra le altre cose prevede il trasferimento a Teheran delle conoscenze tecnologiche e delle linee di produzione di armi, aerei e missili.
Quella tra Iran e Cina non quindi solo una cooperazione commerciale ma è anche e soprattutto una cooperazione a livello strategico e militare.
È arrivato il momento per l’Europa di decidere come considerare la Cina…
Franco Londei
Per molto tempo in Europa si è creduto (o si è voluto credere) che fosse la Russia il maggior partner strategico per Teheran, quando invece era ed è la Cina.
E non è la stessa cosa. Nel medio-lungo periodo la politica di Pechino è molto più insidiosa di quella di Mosca, non fosse altro che per il fatto che Putin non trasferirebbe mai all’Iran tecnologia nucleare, mentre la stessa cosa non si può dire di Xi Jinping.
La Cina poi tra le diverse strategie militari che adotta ne ha una molto insidiosa detta di “guerra senza contatto” che in pratica consiste nell’assistere militarmente altri Stati che possano essere una spina nel fianco del nemico (l’America).
Non è la stessa strategia adottata da Teheran della “guerra per procura” anche se gli assomiglia moltissimo, perché l’Iran usa gruppi terroristici mentre la Cina usa veri e propri Stati. In questo caso l’Iran diventa una sorta di confine cinese sul Golfo Persico, mentre per esempio il Libano o anche la Siria non possono essere considerati tali per l’Iran.
È arrivato il momento per l’Europa di decidere come considerare la Cina, se cioè considerarla non dico alla stregua di un nemico ma almeno come un “attore ostile” così come considera la Russia di Putin, oppure fare come l’Iran e diventarne un prolungamento, un confine esterno.
Non c’è una posizione intermedia da tenere con Pechino. Credo che sia arrivato il momento per l’Europa di pensarci e di pensare ad una strategia comune da tenere con la Cina e con i suoi “prolungamenti” regionali.