
Si può dire tutto dell’Arabia Saudita ma non che non cerchi di uscire dalla vecchia mentalità wahhabita, mentre l’altra parte del mondo sunnita, quello che guida la Fratellanza Musulmana, invece di andare avanti torna al Medio Evo.
Ieri due notizie, perlopiù passate in sordina, hanno marchiato a fuoco questa differenza. La prima riferiva che l’ex capo del Mossad, Yossi Cohen, sta per diventare capo del nuovo ufficio che aprirà in Israele della SoftBank, una holding finanziaria multinazionale con sede a Tokyo sostenuta tra gli altri dal Fondo per gli investimenti pubblici dell’Arabia Saudita (PIF).
La seconda riferiva invece dell’incontro tra il dittatore turco Recep Tayyip Erdogan e il suo omologo dittatore palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), durante il quale i due satrapi islamici lanciavano le solite minacce a Israele e all’occidente rei di non fare quello che loro vorrebbero, cioè inchinarsi al loro volere e, possibilmente, sparire dalla faccia della terra.
Nel maggio 2017, SoftBank con sede a Tokyo e il Fondo per gli investimenti pubblici dell’Arabia Saudita (PIF), che è il principale fondo sovrano del regno arabo, hanno creato congiuntamente il Softbank Vision Fund. La joint venture è il più grande fondo di private equity focalizzato sulla tecnologia al mondo con un capitale di 93 miliardi di dollari.
Avendo investito ingenti somme in aziende come Uber, Alibaba e TikTok, SoftBank è considerato il principale fondo tecnologico mondiale.
Sebbene l’ex capo del Mossad non abbia un background negli investimenti, alla SoftBank ritengono che sia una figura ben nota e popolare in Israele, capace di entrare in contatto con imprenditori israeliani e aprire loro porte in qualsiasi azienda, governo o autorità pubblica in qualsiasi territorio.
Secondo indiscrezioni attendibili a richiedere Yossi Cohen alla guida dell’ufficio israeliano della SoftBank sarebbe stato il Principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman.
Ora, che il Fondo per gli investimenti pubblici dell’Arabia Saudita autorizzi una operazione del genere in Israele dimostra che non è solo il principe ereditario a guardare avanti, ma che è anche la vecchia guardia che di quel fondo detiene le chiavi.
Dal canto suo il capo della Fratellanza Musulmana, Recep Tayyip Erdogan, preferisce ospitare gli uffici di Hamas, dare spago ad Abu Mazen nelle sue allucinazioni antisemite e reclutare tutti gli jihadisti senza patria dell’ISIS.
È chiaro, siamo ben lungi dall’affermare che l’Arabia Saudita stia evolvendo, ma almeno sta facendo passi avanti per uscire dall’intransigente mentalità wahhabita.
La Fratellanza Musulmana al contrario può vantare tra le su fila Hamas, i Talebani, Al Qaeda e l’Isis. E in occidente continuano a definirla “l’Islam politico e moderato” con il quale trattare.