Dopo la guerra con Hamas, che sia Israele a decidere i suoi confini

16 Gennaio 2024
bandiera isis esposta da hamas il 7 ottobre 2023

Sono sempre stato un fervente sostenitore dei due stati per due popoli, ben sapendo tuttavia che la convivenza pacifica sarebbe stata quasi impossibile, non fosse altro che per il fatto non secondario che gli arabi hanno creato il cosiddetto “popolo palestinese” proprio per far si che questo non avvenisse mai.

Ne è prova il fatto che nonostante gli arabi avessero avuto molte occasioni per creare uno stato arabo chiamato Palestina, non ne abbiamo mai voluto sapere. Perché? Perché per loro la Palestina va dal mare al fiume Giordano, cioè, Israele non dovrebbe esistere.

Nel corso dei decenni la situazione non è migliorata. Tutti quei giordani e quegli egiziani che ora si facevano chiamare palestinesi, creavano strutture a metà tra il politico e il militare-terroristico che nei primi punti dei loro statuti mettevano come obiettivo la distruzione dello Stato di Israele e l’uccisione (o la deportazione) degli ebrei. Era così per Al-Fatah, per Hamas e per tutti quei gruppuscoli di contorno. E ancora, nel 2024, è esattamente così con una piccola eccezione per l’Autorità Palestinese che lo pensa ma non lo dice.

Quello che abbiamo visto il 7 ottobre 2023 non è quindi un fatto straordinario. Lo è perché Israele è stato preso di sorpresa, ma non lo è nelle modalità, nel pogrom, nella deliberata volontà di uccidere gli ebrei, persino quelli ancora non nati.

Di recente mi trovo poco d’accordo con Netanyahu, ma lo sono quando dice di essere orgoglioso per aver «impedito la creazione di uno Stato palestinese perché oggi tutti capiscono cosa sarebbe potuto essere quello Stato palestinese, ora che abbiamo visto il piccolo Stato palestinese a Gaza. Tutti capiscono cosa sarebbe successo se avessimo ceduto alle pressioni internazionali e avessimo permesso la creazione di uno Stato come quello in Giudea e Samaria, nei dintorni di Gerusalemme e alla periferia di Tel Aviv».

Netanyahu ha ragioni da vendere quando lo dice, anche se non dice come intende risolvere la situazione, che forse è il punto più controverso da affrontare e, con molta probabilità, il vero punto di attrito tra Netanyahu e il Presidente americano, Joe Biden.

«Per gli esperti Israele non ha alcun piano per Gaza dopo la fine della guerra», ha riferito la BBC in ottobre. A novembre il Washington Post ha osservato che «il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato criticato per non aver offerto un piano chiaro per ciò che accadrà a Gaza se Israele riuscirà a raggiungere il suo obiettivo di deporre Hamas». Un titolo di Foreign Affairs a dicembre lamentava «la strategia confusa di Israele a Gaza».

Biden teme che Netanyahu, pressato dalla destra estrema, non voglia solo distruggere Hamas ma intenda espellere gli arabi da Gaza. E non ha tutti i torti.

Le richieste di trasferimenti di popolazione sono iniziate molto prima che Gaza fosse ridotta alle rovine di oggi. Sei giorni dopo il massacro degli israeliani da parte di Hamas il 7 ottobre, il Ministero dell’Intelligence ha proposto il trasferimento permanente degli abitanti di Gaza nella regione egiziana del Sinai. Il 14 novembre, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato di sostenere «l’emigrazione volontaria degli arabi di Gaza verso paesi di tutto il mondo». Cinque giorni dopo, il ministro dell’Intelligence Gila Gamliel ha approvato «il reinsediamento volontario dei palestinesi a Gaza, per ragioni umanitarie, al di fuori della Striscia».

Quindi, se nell’equazione dei rapporti tra arabi cosiddetti “palestinesi” e Israele dobbiamo purtroppo considerare “non straordinario” quanto successo il 7 ottobre, anzi, dobbiamo credere che possa avvenire di nuovo (magari al nord), dobbiamo considerare anche l’ipotesi che Israele espella coloro che gli sono nemici dai territori che intende controllare. Altrimenti l’equazione non torna.

Ed è quindi da questo punto che deve partire il “dopo Gaza”: Israele deve disegnare i confini dello Stato Ebraico, non farli disegnare da altri. E quello che rimane fuori dai confini di Israele deve essere amministrato da uno o più paesi arabi. Né dalla Autorità Palestinese, né da qualsiasi altra entità inventata di sana pianta.

Ormai è chiaro che la strada dei due Stati non è più percorribile semplicemente perché qualsiasi Stato nasca dalle rovine di Gaza o dai corrotti della Autorità Palestinese, sarà sempre un pericolo per Israele e ci sarà sempre da parte araba la volontà di distruggere lo Stato Ebraico. Che gli arabi si prendano la responsabilità degli arabi.

E per coloro che ancora credono che i cosiddetti “palestinesi” possano vivere in pace a fianco di Israele lascio il link del sito web costruito dal Governo Israeliano per mostrare quanto successo il 7 ottobre 2023. Se avete lo stomaco andate a vedere (da Israele non si vede per salvaguardare i parenti delle vittime) e pensate che poco dopo a Gaza festeggiavano (tutti) distribuendo dolcetti per le strade.

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

Seguimi su…

gesù non potrebbe mai nascere a Gaza
Previous Story

No, Gesù non potrebbe mai nascere a Gaza

Next Story

Gli Stati Uniti reintroducono le sanzioni al Venezuela

Latest from Medio Oriente

Poveri palestinesi un corno

Un sondaggio palestinese rivela che i due terzi dei "poveri palestinesi" approvano la strage del 7 ottobre e che il sostegno per Hamas è
Go toTop

Don't Miss