Mentre i raid aerei e i lanci di missili continuano la loro “opera umanitaria”, mientendo vittime civili e rafforzando la posizione di Gheddafi, perlomeno tra i libici della Tripolitania, Washington sta cercando di infiltrare i “suoi uomini” nel movimento rivoluzionario libico, mettendoli in posti chiave per assicurarsi un futuro governo “amico” e per evitare l’incubo di un governo rivoluzionario, indipendente, democratico e nazionalista.
Il Joker Americano.
Ali Tarhouni e’ stato investito dal Comitato Nazionale di Transizione alla carica di Ministro delle Finanze nel tentativo di dar corpo ad un governo parallelo a quello del regime ancora ufficialmente in carica nel paese.
Ali Tarhouni, 60 anni, insegnava Economia e Finanza presso l’Universita’ di Washington fino al 12 febbraio scorso. Lasciata in fretta e furia la sua illustre cattedra ora si trova a Bengasi per dare il suo patriottico contributo alla creazione di un governo ad interim che gestisca il dopo Gheddati.
Tarhouni, ha abbandonato la Libia nel 1973 e, dopo aver ricevuto il Dottorato in Economia e Finanze presso l’Universita’ di Stato del Michigan, si e’ introdotto nei salotti degli “uomini che contano” a Washington. E’ ritornato nel suo paese natale il 15 febbraio scorso.
Tarhouni, in qualita’ di Ministro delle Finanze, controllera’ gli affari petroliferi nei territori liberati. Attualmente solo due pozzi petroliferi in mano al movimento rivoluzionario hanno ripreso le attivita’ estrattive e l’esportazione del greggio: il pozzi di Sarir e Sidra (1). Attualmente la capacita’ produttiva dei due pozzi non supera il 130.000 barili al giorno.
Le interessanti analisi del Joker.
Tarhouni il 23 marzo ha rilasciato delle dichiarazioni presso l’agenzia giornalistica americana Newsvine che forniscono un quadro interessante delle manovre diplomatiche americane per controllare il movimento rivoluzionario libico (2).
Tarhouni afferma che il Comitato Nazionale di Transizione ha commesso una serie di gravi errori primo tra tutti la disorganizzazione politica e militare.
Nelle citta’ liberate sono stati incaricati dei rappresentanti del Comitato sull’onda dell’emotivita’. Questi rappresentanti mancherebbero di esperienza politica e di contatti diplomatici con l’Occidente e il Mondo Arabo.
L’esercito del futuro governo provvisorio e’ ancora debole e inizia solo ora il processo di organizzazione interna. Fino a questo momento gli ufficiali dell’esercito libico passati dalla parte della rivoluzione hanno semplicemente aiutato i civili, armandoli e addestrandoli, senza creare una chiara leadership e una disciplina militare.
Vi sono vari problemi, secondo Tarhouni, per il rafforzamento dell’esercito. Il primo e’ che si trova ancora nella fase di movimento armato spontaneo.
Composto da centinaia di civili armati, la maggioranza di questo movimento armato risponderebbe a dei civili improvvisati sul terreno a leaders rivoluzionari e non alla gerarchia militare, creando pericolose confusioni.
Anche l’armamento e’ limitato e improvvisato poiche’ non si e’ riuscito a mettere le mani sui depositi d’armi del regime. Le armi disponibili sono state fornite dai reparti che sono passati dalla parte della rivoluzione o dalle armi catturare all’esercito rimasto fedele al regime e ai mercenari ingaggiati da Gheddafi.
Vi sarebbe un serio problema di rifornimento di munizioni. L’armamento pesante e’ scarso: qualche carro armato e rari pezzi di artiglieria. La contraerea disponibile, montanta su pick-up, non avrebbe la potenza e la capacita’ di essere efficace contro i Mig del regime.
Ora, che la copertura aerea e’ stata neutralizzata grazie alla No Fly Zone, il pericolo rimane quello delle postazioni di artiglieria che rappresentano un serio ostacolo sia per l’avanzata che per la difesa.
Tarhouni si lamenta che le forze armate sono ancora in mano a dei giovani non sufficientemente addestrati che sembrano dare la preferenza all’entusiasmo rivoluzionario rispetto alla necessaria disciplina militare, la sola in grado di creare le basi per un futuro esercito nazionale.
Per quanto riguarda l’organizzazione dei territori liberati, Tarhouni fa notare che esiste ancora un vuoto politico e organizzativo quasi totale.
La nuova amministrazione provvisoria il piu’ delle volte sembra improvvisare la gestione del territorio attraverso Comitati Rivoluzionari spontanei e creando vari e, a volte contrapposti, indirizzi e metodologie amministrative.
Questo vuoto politico e’ causato secondo il Joker dalla mancanza di esperienza che la popolazione libica ha per quanto riguarda la gestione di partiti indipendenti al regime, a seguito dell’imposizione per vari decenni del partito unico di Gheddafi.
Tarhouni ha ammesso che in varie zone dei territori liberati il Comitato di Transizione non ha il controllo delle amministrazioni locali e a volte entra in conflitto con esse.
Sul fronte della Tesoreria pubblica del futuro governo Tarhouni e’ lieto di fornire delle buone notizie.
Nell’immediato non si registra una cirsi finanziaria. La liquidita’ e’ assicurata dal controllo degli istituti bancari presenti nelle citta’ liberate (soprattutto gli istituti finanziari presenti a Bengasi).
Inoltre molti Paesi hanno accettato di restituire i crediti acquisiti dai Fondi Sovrani Libici. Per esempio la Gran Bretagna ha gia’ accettato di permettere al Comitato di Transizione l’accesso a 1.4 miliardi di dinnari (1,1 miliardo di dollari) che Londra ha acquistato presso i Fondi Sovrani della Libia.
Le priorita’ del Comitato di Transizione Libico.
Tarhouni, parlando a nome del Comitato di Transizione Libico, ha giurato che la leadership concentrera’ i suoi sforzi su tre punti chiave.
Ripulire la gestione amministrativa provvisoria nei territori liberati da tutti gli elementi di improvvisazione che creano l’attuale anarchia.
Imporre una chiara direzione e diciplina nelle forze armate che devono abbandonare l’attuale spontaneita’ per essere riorganizzate sotto il comando di ufficiali competenti e leali.
Definire un chiaro orientamento politico del movimento rivoluzionario.
“Abbiamo bisogno di creare un corpo politico che definisca l’essenza di questa rivoluzione e di un vero esercito in campo. Per vincere contro il regime, prima di tutto, vi e’ la necessita’ di mettere ordine all’interno del movimento rivoluzionario.” Dichiara Tarhouni al giornalista della Associated Press, Ryan Lucas su Newsvine.
Tutti gli Uomini del Presidente Obama
Ali Tarhouni e’ in buona compagnia di atri “Uomini del Presidente”.
Mahamoud Jibril (59 anni) nominato il 23 marzo scorso Primo Ministro Transitorio.
Il settantenne ex Ministro della Giustizia Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil che dal 27 febbraio scorso svolge a Bengasi la carica di Segretario del Consiglio Nazionale Libico.
Il Generale Omar al Hariri (responsabile delle questioni militari).
Il Generale Khalifah Aftar, noto eroe della guerra nel Ciad, che oggi cerca di prendere il soppravento delle operazioni militari della ribellione e collabora apertamente con il Pentagono.
Ali al-Essawi (responsabile dei rapporti internazionali).
Tutti questi uomini hanno una caratteristica in comune: provengono dall’apparato politico e militare del regime e sono in stretto contatto con gli Stati Uniti e l’Euopa, esclusione fatta per Ali Tarhouni che e’ stato catapultato direttamente in Libia dagli Stati Uniti dopo un’assenza dal paese durata 38 anni.
Su questi uomini l’Amministrazione Obama conta per far piazza pulita delle pericolose idee all’interno della rivoluzione come promette Ali Tarhouni.
المجلس الوطني الانتقالي,
(Consiglio Nazionale ad Interim di Transizione)
Il Consiglio Nazionale ad Interim di Transizione e’ nato in seguito alle sommosse popolari libiche contro il regime di Gheddafi. E’ l’emanazione della Coalizione della Rivoluzione del 17 febbraio ed e’ composto da 30 membri provenienti da varie forze anti-Gheddafi e da alcuni ex membri del Comitato Generale Popolare di Libia e dell’Esercito Libico passati dalla parte delle forze rivoluzionarie.
Il Consiglio Nazionale Libico governa le regioni liberate ed ha sede provvisoria a Bengasi, principale citta’ all’origine della rivoluzione.
Il 5 marzo l’organismo si e’ autoproclamanto come unico legittimo rappresentante della Repubblica Libica, nominando un Comitato di Crisi che ha come compiti principali di proseguire la rivoluzione fino alla liberazione del paese, organizzare libere elezioni e redigere una nuova costituzione.
Il Consiglio e’ affiancato da un Consiglio Militare, sempre con sede a Bengasi, composto da 15 alti ufficiali delle forze armate passate alla rivoluzione.
Le varie anime del Consiglio Nazionale di Transizione.
I mass media occidentali e, purtroppo anche Al Jazeera, quando danno la parola al movimento rivoluzionario libico, fanno parlare Al Tarhouni, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil, Mahamoud Jibril, Omar al Hariri, Ali al-Essawi, Kalifah Aftar; presentandoli gli unici interlocutori del Consiglio.
In realta’ il Consiglio Nazionale di Transizione e’ composto da vari movimenti rivoluzionari che si sono ribellati al regime di Gheddafi: dagli ex esponenti del partito unico che si sono uniti al movimento all’ultimo minuto, qualche generale, moltissimi sotto ufficiali, gruppi comunisti, anarchici e religiosi.
Il Consiglio ha una base popolare di contadini, operai, giovani intellettuali, disoccupati che sono il nucleo fondamentale che sta combattendo contro il regime. All’interno di questa base popolare vi e’ un gruppo di giovani estremamente rappresentativo che si fa chiamare “I figli di Omar Al Mikhtar” (3)
All’inizio della rivolta armata, l’ordine era garantito da comitati rivoluzionari, che tutt’ora esistono all’interno del Consiglio e prendono le decisioni dopo consultazioni collettive.
Quale e’ il vero peso politico degli “uomini del Presidente”.
Analizzando attentamente la realta’ sul terreno, sembra proprio che questi famosi “uomini del Presidente” abbiano un peso politico e un a credibilita’ solo all’estero del paese. In effetti nelle zone liberate della Libia questo gruppo di interessi pro Occidente e’ ben lontano a rappresentare la Leadership del movimento. Rappresenta solo una delle decine di fazioni alleatesi tra loro e non la piu’ popolare.
L’ex Ministro della Giustizia ha rischiato di essere quasi dismesso poche ore dopo la nomina di Segretario del Consiglio per aver rilasciato dichiarazioni ad Al Jazeera che non erano state concordate con i vari gruppi del Consiglio stesso.
Prima che la colonna dell’esercito regolare e dei mercenari fosse distrutta dal raid aereo dell’aviazione francese a qualche centinaia di metri dalle porte di Bengasi, tutti e 30 i membri del Consiglio Nazionale sono rapidamente spariti dalla citta’ ancora controllata dalle forze rivoluzionarie, fuggendo verso est.
Alcuni di loro sono andati a rifugiarsi con le famiglie al Cairo. Il Segretario del Consiglio si trova ancora al sicuro nella sua citta’ natale di El Beida, dove e’ anche membro del consiglio municipale locale.
Tutt’ora il centro della politica del Consiglio e’ semi deserto. Nessuno nelle aule del Tribunale di Bengasi, sede del governo rivoluzionario. Spariti anche i portavoci dell’ufficio stampa.
I membri del Consiglio hanno giurato che torneranno a Bengasi per riprendere le loro attivita’ solo tra un paio di giorni.
Questa fuga vergognosa puo’ rappresentare la morte politica di questi personaggi da operetta che piu’ che Leader del movimento rivoluzionario sembrano la versione libica dell’Armata Brancaleone.
Come saranno visti dalle decine di migliaia di giovani, lavoratori, donne che, con poche armi, sono rimasti a Bengasi, determinati a muorire nel tentativo di difendere la citta’ e la Rivoluzione?
Come sta dimostrando in altri paesi del Nord Africa sconvolti dalle rivoluzioni, Obama e’ stato preso cosi’ alla sprovvista dai moti rivoluzionari libici che non ha avuto il tempo di trovare validi interlocutori tra l’opposizione popolare se non i residui del regime che all’ultimo momento hanno gettatato alle ortiche medaglie e oneri per aver servito lealmente Gheddafi per indossare il fregio berretto rivoluzionario.
L’appoggiarsi a questa Armata Brancaleone riconosciuta piu’ dai mass media occidentali che dal popolo libico rappresenta il maldestro tentativo di Washington di scippare alla rivoluzione libica la vittoria contro Gheddafi e di limitare l’estensione sociale della rivoluzione stessa
L’importanza della dimensione militare in questa fase della rivoluzione e il fatto che gli unici uomini del ex regime credibili siano gli ufficiali che hanno disertato per passare con gli insorti, combattendo in prima linea, potrebbe creare la sostituzione dei dirigenti politici, rimpiazzati dagli ufficiali.
Questi ufficiali (quasi tutti di basso rango) hanno subito un processo di scissione su basi di classe sotto la pressione sociale e hanno rotto la catena di comando tra gli alti ufficiali leali a Gheddafi e i soldati semplici, passando dalla parte degli insorti.
L’ultimo Joker che e’ rimasto in mano ad Obana e’ il Generale Khalifah Aftar che non e’ scappato da Bengasi assieme ai suoi compari.
Il vero errore del Movimento Rivoluzionario Libico.
Il Comitato di Transizione ha impostato fin dall’inizio la presa di Tripoli solo in termini militari. Questo e’ il vero errore del Movimento Rivoluzionario Libico, non quelli elencati da Ali Tarhouni all’agenzia giornalistica americana Newsvine.
Le milizie rivoluzionarie sono mal addestrate e mal armate eppure sono partite verso Tripoli innebriate dai primi successi. Le milizie non hanno capito che la presa delle citta’ non e’ stata dovuta dalla loro potenza militare ma dal fatto che la popolazione e’ insorta e vari reparti dell’esercito si sono ammutinati o si sono rifiutati di intervenire. Nelle prime settimane a Gheddafi restavano solo i mercenari.
Il Consiglio non si e’ preoccupato di suscitare la simpatia della popolazione della capitale libica, a Sirte e nella Tripolitania in generale. Si e’ limitato nel tentativo di conquistare le vie petrolifere per assicurarsi l’appoggio della Comunita’ Internazionale.
Il Consiglio non ha ancora dispiegato ne’ un proprio programma democratico, ne’ un abbozzo di programma sociale. Questo ha dato l’occasione a Gheddafi di conquistare parte dell’appoggio popolare presso la popolazione di Tripoli, di Sirte e della Tripolitania.
Le forze insurrezionali presenti nei territori controllati da Gheddafi, prive di sostegno e isolate, sono state facilmente ridotte al silenzio dagli sgherri del regime. La popolazione, terrorizzata, non ha avuto il coraggio di insorgere.
Una volta che le milizie rivoluzionarie hanno iniziato la marcia su Tripoli, Gheddafi (che ne frattempo ha avuto il tempo di riorganizzarsi) le ha fronteggiate sul terreno esclusivamente militare, alla stregua di un invasore esterno.
Qualunque milizia popolare non puo’ reggere uno scontro frontale con un esercito regolare appoggiato da mercenari iper pagati e iper addestrati.
La milizia popolare vince il regime solo disgregando lo Stato con la simpatia e le speranze che e’ in grado di suscitare tra la popolazione.
Di fronte a questo madornale errore politico e tattico era inevitabile la vittoria della contro offensiva delle truppe e dei mercenari di Gheddafi. Contro offensiva, parzialmente fermata dall’intervento delle aviazioni militari occidentali attraverso l’applicazione della No Fly Zone.
Grazie a questo errore e’ vero quello che in Occidente si sbandiera con orgoglio: senza l’intervento militare esterno la rivoluzione libica era gia’ condannata.
Il fronte militare rivoluzionario e’ capace di creare una leadership unita e rappresentativa?
Al momento attuale, visto la mancanza di leadership politica veramente credibile, i pochi generali che sono passati dalla parte della rivoluzione godono di una genuina popolarita’ tra gli insorti che, probabilmente saranno disposti ad accettarli come loro rappresentanti in caso che si proponessero alla guida del movimento.
Ancora l’Amministrazione Obama puo’ sperare di controllare il movimento attraverso il joker rimastogli: il Generale Khalifah Aftar. Ma, anche qui, varie incognite sembrano nascondersi dietro l’angolo.
Si assiste ad una latente divergenza tra gli alti ufficiali passati dalla parte della rivoluzione. La divergenza sta nel ruolo dell’aiuto militare occidentale.
Ovviamente il Generale Khalifah Aftar accetta in pieno e senza riserve l’aiuto militare occidentale, anzi, incoraggia un intervento terrestre su larga scala.
Al contrario vari sotto ufficiali, appoggiati dal Vice Presidente del Consiglio Abdel Hafiz Ghogha, sono piu’ propensi a degli interventi militari dell’Occidente mirati, per esempio, a distruggere la capacita’ offensiva e divensiva dell’artiglieria e delle truppe corazzate di Gheddafi.
Sono apertamente contrari sia a raid aerei nelle zone urbane ancora in mano del regime sia ad un intervento di truppe terrestri occidentali. “Una volta che si combatte tra le case i carri armati sono meno efficienti e i nostri giovani armati possono fare da soli” ha dichiarato recentemente Abdel Hafiz Ghogha sul Blog del Corriere della Sera “Note del Fronte” curato da Lorenzo Cremonesi.
Questo gruppo di sotto ufficiali sta anche iniziando a criticare l’efficacia dell’intervento militare occidentale visto che i raid aerei non sembrano indebolire le forze pro Gheddafi che continuano i loro assalti contro le citta’ di Misurata, Ajdabiya e Zintan.
Per esempio ieri sera le forze di Gheddafi hanno ripreso i tiri d’artiglieria su Misurata, subito qualche ora dopo aver subito un attacco aereo da parte delle forze occidentali.
Questi sotto ufficiali contrari al Generale Khalifah Aftar, sono spinti dalla pressione popolare. Fino alla scorsa settimana la base popolare degli insorti era categorica nel rifiutare qualsiasi forma di intervento esterno. Nelle manifestazioni erano presenti cartelli con scritto: “No all’intervento straniero. I libici possono farcela da soli”.
Ricordiamoci anche della patetica dissaventura subita dai commandos inglesi che, qualche settimana fa. sono stati scoperti in territorio liberato dal Consiglio rivoluzionario di Bengasi e sono stati arrestati e successivamente consegnati alla Marina Britannica.
Il commandos britannico aveva il compito di contattare gli insorti e di aiutarli a sbarazzarsi di Gheddafi. Evidentemente questo generoso e altruistico aiuto non e’ stato apprezzato dal Comitato Rivoluzionario di Bengasi, vista la sua reazione nei confronti delle forze speciali inglesi.
Solo dopo l’errore di indirizzare la lotta contro Gheddafi solo sul terreno militare e la disfatta delle milizie rivoluzionarie di fronte alla contro offensiva dell’esercito regolare e delle truppe mercenarie, gli insorti hanno sentito il bisogno di contrapporre alle forze aere e terrestri di Gheddafi altre forze aeree e terrestri che inevitabilmente non potevano che avere un’origine esterna al paese.
Cosi’ sono iniziati ad apparire i primi cartelli di richiesta di una “No Fly Zone”. Una reazione assolutamente naturale per chi vede l’avvicinarsi della disfatta militare totale e la fine del sogno rivoluzionario.
Questa richiesta di aiuto e’ stata dettata dalla paura e dalla necessita’ ma tutti i sentimenti di ostilita’ verso un’intervento militare straniero rimangono tra gli insorti e le divergenze, per ora sotterranee, all’interno delle forze armate rivoluzionarie sono la rappresentazione piu’ evidente.
Per ironia della sorte il Vice Presidente del Consiglio Nazionale Abdel Hafiz Ghogha ha colto nel segno quando ha dichiarato sul blog del Corriere della Sera: “Non va dimenticato che all’inizio nessuno di noi pensava ci sarebbe stata una rivoluzione. Le nostre proteste sono cominiciate per chiedere riforme e liberta’. E’ stata poi la violenza repressiva della dittatura a scatenare la dinamica rivoluzionaria”.
L’errore di Gheddafi e’ stato quello di seguire l’esempio di Maria Antonietta e del Zar di Russia, quando la prima pronuncio’ la famosa frase “Se il popolo ha fame dategli delle brioches” e il secondo ordino’ ai suoi cosacchi di sparare sulla manifestazione religiosa di protesta indetta a Mosca nel 1905. Entrambi questi errori portarono allo scoppio delle rivoluzioni France e Bolscevica.
Speriamo che la rivoluzione libica segua le sorti delle sue sorelle storiche.
Fulvio Beltrami.
24 marzo 2011
Kampala Uganda.
Note
[1] Notizia riportata il 23 marzo dalla agenzia giornalistica Americana Newsvine: www.newsvine.com
2 L’articolo “Il Ministro delle Finanze dei ribelli libici ammette gli errori” e’ consultabile nella versione originale in inglese presso il lik wen: http://www.newsvine.com/_news/2011/03/23/6330866-rebel-libyan-finance-minister-admits-mistakes
3 Omar Al Mukhtar è l’eroe del movimento anticoloniale contro l’invasione fascista della Libia. Fu condannato a morte dal fascismo nel 1931, dopo quasi 7 anni di resistenza,che fu sconfitta da Graziani. Al Mukhtar era un senussita, un religioso, ma è riconosciuto come eroe anticoloniale in tutta la nazione. Agli albori del proprio regime lo stesso Gheddafi usò tale figura per ricollegarsi alla lotta contro il colonialismo italiano. Vivamente consigliato la visione del film Italo-libico: l leone del deserto, realizzato nel 1981 per la regia di Moustapha Akkad, con la partecipazione di Anthony Quinn. Purtroppo il film e’ ancora censurato in Italia e lo si puo’ trovare cercando nel Net ma solo in versione Inglese o Francese
Caro Fulvio, inutile dire che, come sempre, la tua è una lucida e reale analisi della situazione in Libia. Ben sapendo che la Libia è molto diversa dalla Tunisia e dall’Egitto (tanto per citare solo i due paesi dove il tiranno è già saltato). La differenza è sotto gli occhi di tutti. Nei due paesi citati, nonostante tutto, vi era un barlume di organizzazione sociale antagonista al potere. Gruppi organizzati politici (più o meno legali, compresi i Fratelli Mssulmani), una lunga tradizione anche di lotta anti-coloniale (ricordiamoci che la Libia ottiene l’indipendenza a seguito della seconda guerra mondiale e ben prima che nascano i movimenti politici, sociali e culturali che hanno dato vita al decolonialismo africano), sebbenein modo truccato si continuav a votare e la rete (e l’informazione in genere) era molto più “libera”(in Libia l’accesso a Internet riguarda il 5% della popolazione, contro quasi il 30% in Egitto).
Da queste differenze (e ovviamente dalla risposta esagerata del regime, che è ad esse strettamente legata) si può comprendere le difficoltà organizzative (e di esperienza) del movimento rivoluzionario e i tentativi, americani in particolare, di mettere uomini “fidati” al comando. Del resto l’amministrazione americana replica il fallimentare schema dell’Afghanistan (Karzai insegna). Ed è per questo che la diplomazia europea ha un ruolo fondamentale, ma purtroppo, come accade sempre nella politica estera, appena vi è da decidere si divide in mille fronti dando il via libera ad altri.
Vi è però un quesito che desidero porre. Ma dopo 40 anni di sistematica repressione delle opposizioni, di violazioni dei diritti elementari, di un uomo, militare, solo al potere sia possibile trovare in poche settimane una classe politica capace, esperta, con relazioni internazionali serie, con un legame con la popolazione tale da prendere in mano una situazione in una fase di guerra (prima civile, poi militare) e governare? Io credo di no, purtroppo.
Sappiamo tutti che democrazia, libertà e convivenza sociale non si esporta, ma si conquista nel tempo. La vera responsabilità del mondo è quella di accompagnare (una volta eliminato Gheddafi – non credo vi siano soluzioni diverse) accompagnare questo processo. Certo non tutti nel mondo la pensano in questo modo, ma credono sia meglio mettere l’uomo di fiducia che in cambio di qualche riforma garantisca le stesse relazioni degli anni precdenti.
Ciao e ancora grazie delle tue puntuali riflessioni.
Gianfranco
finalmente una analisi della situazione libica molto precisa e competente. Davvero tanti complimenti all’autore.
Condivido le perplessità espresse dal sig. Della Valle in merito all’assenza di una “opposizione” politica in Libia come condivido il fatto che occorre dare il tempo alla dissidenza di organizzarsi politicamente. Secondo me però il problema sarà (e spero di no) che tutti ci vorranno mettere becco, che tutte le grandi potenze (Italia compresa) vorranno mettere propri uomini nei posti di comando. Se le informarmazioni di stampa sono vere la Francia lavora alla caduta di Gheddafi almeno da ottobre il che fa pensare che le rivolte non siano state spontanee e nate a seguito di quelle tunisine. Se questo è vero non sarà facile escludere i francesi e i loro uomini. Infine c’è il problema islamico che io non sottovaluterei. I wahabiti sparsi nei vari paesi del Medio Oriente cercheranno di dire la loro (li temo più dei Fratelli Musulmani) e non sarà facile tenerli lontani. Spiace notare, in tutto questo, la confusione che regna nel governo italiano che mi da l’impressione di non sapere che pesci prendere. La mia non vuole essere una critica politica ma una semplice constatazione che la diplomazia italiana in questo frangente è completamente in stato confusionale.