Smettiamola di usare i termini sbagliati e chiamiamo gli arabi violenti con il loro nome, non con quello di “palestinesi” visto che la Palestina se esistesse sarebbe comunque terra ebraica.
Smettiamola con la manfrina dei “poveri palestinesi”, primo perché poveri non lo sono o, almeno, non lo dovrebbero essere vista la quantità di miliardi di dollari che ogni anno il mondo spende per questi arabi che nemmeno gli arabi vogliono.
Perché il vero punto è questo: gli arabi li chiamano palestinesi perché così si crea dal nulla un popolo e si evita di assumersi le proprie responsabilità.
Guardiamo per esempio gli scontri ancora in corso a Gerusalemme. Ti guardi attorno e trovi condanne solo per Israele. Ma gli scontri non li ha iniziati Israele. Come mai allora ce l’hanno tutti con lo Stato Ebraico?
E come mai il fatto che le proteste nascano con un pretesto che parte da un atto illegale, giustamente punito dalla legge israeliana, non viene nemmeno menzionato? Anzi, si chiede ad Israele di soprassedere e di sorvolare sui reati commessi dagli arabi.
La risposta per tutto è semplice, dopo l’avvicinamento tra Israele e diversi Stati arabi che avevano posto la questione degli arabi cosiddetti “palestinesi” in secondo (o terzo) piano, si cerca di riportarla in primo piano provocando scontri sapendo benissimo che il mondo si sarebbe scagliato contro Israele e non contro gli arabi violenti. È sempre così, ogni volta.
E mentre ricomincia anche il lancio dei missili da Gaza sul sud di Israele, il mondo intero si scaglia contro lo Stato Ebraico accusandolo di usare violenza e di violare la sacralità della Moschea al-Aqṣa, la moschea di Gerusalemme.
Ma che la moschea venga usata come base per perpetrare violenza nessuno lo dice, tanto meno gli arabi (gli altri) che dovrebbero essere i primi ad indignarsi.
Passerà anche questa, come sempre, ma da questa volta davvero dobbiamo cominciare a lottare in ogni sede, compresa quella mediatica, affinché la si smetta di chiamare questa gente con il nome di “palestinesi”. Sono arabi e devono tornare ad essere un problema arabo, non israeliano.