Trump e le accuse alla Cina. Ma quanto ha portato bene COVID-19 a Pechino?

4 Maggio 2020

Sul COVID-19 Trump ha ragione oppure no? Cioè, il Coronavirus che sta infestando quasi tutto il globo è stato creato in laboratorio o, come dicono molti scienziati, è il frutto di una evoluzione del tutto naturale?

Ci sono due linee di pensiero. Ieri il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, durante una intervista con la ABC ha dichiarato nuovamente che «esistono una quantità significativa di prove che COVID-19 proviene da un laboratorio nella città cinese di Wuhan».

Dall’altra parte molti importanti scienziati affermano che «non c’è nessun motivo per ritenere che il virus cinese sia stato creato in laboratorio».

Come in ogni diatriba di questo genere a cavallo tra il complottismo e la realtà la differenza la fanno le prove scientifiche. Né Pompeo né il Presidente Trump fino ad ora hanno prodotto alcuna prova di quanto affermano pur ribadendo più volte che i servizi segreti americani sono in possesso di «prove inoppugnabili» del fatto che il COVID-19 arriva dal laboratorio di Wuhan, ma nessuno ha mai visto queste prove.

Tuttavia lo stesso discorso vale per gli scienziati che sostengono la teoria dell’evoluzione naturale del virus. Anch’essi sostengono di avere le prove di un passaggio naturale del virus da animale a uomo ma questa teoria, che sia provata o meno, non esclude affatto quella “complottista” che vuole il virus creato in laboratorio. Al limite può significare che non sia stato un atto deliberato, ma non che il virus sia naturale.

Di sicuro le responsabilità cinesi vanno individuate nel criminale ritardo con il quale hanno reso pubblica la minaccia reale rappresentata dal virus cinese e come tali ritardi abbiano contribuito all’espandersi dell’epidemia fino a farla classificare in pandemia. Quello che invece non è affatto sicuro è se lo abbiano fatto in maniera deliberata, come molti sostengono, oppure se il tutto sia il frutto di una perdita di controllo della situazione.

Ed è a questo punto che le ipotesi e le domande si rincorrono. Per esempio, noi per primi non appena uscita la notizia del Coronavirus ci siamo immediatamente preoccupati sul devastante impatto che avrebbe potuto avere in Africa, non solo per la mancanza di strutture sanitarie ma anche perché all’inizio poteva essere difficile individuare l’epidemia in certe regioni oltre al fatto che il cosiddetto “distanziamento sociale” è praticamente impossibile da attuare, fatti questi che messi tutti insieme avrebbero permesso al virus cinese di espandersi con estrema facilità e, vista la sua comprovata virulenza, sarebbe stata una ecatombe.

Invece no, la bomba africana non è esplosa nemmeno dove la presenza cinese era (ed è) più massiccia. A fronte di oltre 3,5 milioni di casi confermati in tutto il mondo (qui la cartina interattiva), quelli africani sono solo una minima parte. Come mai? Eppure l’Africa sembrerebbe la colonia perfetta per il virus cinese. Intendiamoci a scanso di sgradevoli equivoci, nessuno se lo augura. È solo una domanda che mi sembra lecito porsi. Magari è solo perché al COVID-19 non piace il caldo o è in ritardo. Ma poche migliaia di casi sono una cosa lontanissima dall’ecatombe che si temeva.

Ad uno anche solo minimamente complottista – anche considerando il fatto che dall’Africa arrivano buona parte delle materie prime indispensabili all’economia cinese – basterebbe per imbastire un ipotesi di complotto con i fiocchi. Se poi ci mettiamo che ad essere colpiti maggiormente sono gli Stati Uniti, cioè il competitor per eccellenza di Pechino, il gioco è fatto.

Ma è realmente complottismo o c’è qualcosa di vero?

I vecchi saggi dicevano che di solito dove c’è fumo c’è anche arrosto e qui di fumo ce n’è tanto. Non voglio dire che questa cosa del virus cinese sia stata studiata a tavolino, questo sinceramente non mi sembra verosimile, però voglio dire che una volta partita la pandemia, da quel momento l’unico obiettivo della Cina è stato quello di occupare le aree di mercato lasciate libere da chi costretto allo shut down ha lasciato praterie di mercato.

Magari Trump sbaglia quando accusa i cinesi di aver diffuso il virus deliberatamente, ma non sbaglia né quando afferma che Pechino ha pesantissime responsabilità sulla diffusione della pandemia perché si è comportato da stato criminale, e neppure quando accusa la Cina di giocare sporco e di cercare di approfittare delle difficoltà altrui per acquisire importanti aree di mercato.

Allora ricapitoliamo cercando di ragionare come Trump (e come – credo – anche milioni di persone);

(A) la Cina viene colpita per prima dal Coronavirus e blinda una intera provincia, ma solo quella, dando l’impressione di fermare tutto quando invece non ferma quasi nulla;

(B) la Cina vince in poco tempo la sua battaglia con il Coronavirus con perdite accettabili e senza mai aver fermato la sua economia se non quella della provincia di Hubei e poche altre di poca importanza, mentre il virus cinese dilaga e fa strage prima in Italia, poi nel resto del mondo costringendolo alla chiusura totale (naturalmente non nelle miniere africane che lavorano per Pechino dove invece funziona tutto perfettamente);

(C) quando anche gli Stati Uniti entrano in shut down Pechino ha davanti una autostrada per conquistare grandi fette di mercato in ogni settore tanto che sarà l’unica economia mondiale ad avere il segno + davanti al prodotto interno lordo (PIL).

Ora, se voi foste in Trump, cosa pensereste? Che a Pechino hanno solo un gran culo (scusate il francesismo), oppure che dopo il COVID-19 le combinazioni favorevoli ai cinesi siano effettivamente un po’ troppe e quantomeno sospette?

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

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