Ora la situazione a Juba, capitale del Sud Sudan, appare calma anche se ancora ieri sera si udivano sporadiche raffiche di mitra e colpi isolati. Il tentativo di colpo di stato messo in atto dall’ex vice-presidente, Riek Machar, è fallito. Ora si tratta di ragionare sui retroscena.
E di retroscena strani che ne sono. Alle Nazioni Unite tendono a parlare di lotta politico-settaria tra le due principali tribù del Sud Sudan, i Nuer e i Dinka. L’attuale Presidente, Salva Kiir, è un Dinka mentre il supposto capo dei ribelli, Riek Machar, appartiene alla tribù dei Nuer e negli ultimi mesi è stato escluso dai centri di potere. Per questo alle Nazioni Unite parlano di “scontro politico settario”. In realtà molti Nuer sono presenti nel Governo e fino ad oggi non si è avuto la sensazione che, a parte sporadici casi, la tensione tra le due etnie fosse alta. Nemmeno dopo il tentato colpo di stato tali tensioni sono cresciute, quindi non si vede cosa c’entrino gli scontri settari. Tra le migliaia di persone che hanno lasciato la capitale per paura degli scontri (circa 13.000) e che si sono rifugiati nel compound dell’Onu nei pressi dell’aeroporto di Juba ci sono persone Nuer e Dinka e nessuno fa cenno a possibili conflitti tribali. E’ pur vero che in alcuni casi, specie al nord, i Dinka hanno dato qualche preoccupazione, ma nulla che giustifichi uno scontro a livello nazionale su basi tribali.
La realtà è che a Riek Machar non è andata giù di essere stato escluso dai centri di potere e che per questo ha cercato nuove alleanze esterne che ne appoggiassero le ambizioni. E di gente all’esterno del Sud Sudan che vorrebbe mettere in difficoltà il primo Stato cristiano che è riuscito a sottrarsi al gioco dell’islam ce n’è parecchia, a partire dallo stesso Sudan passando per il Qatar per finire all’Iran a cui non va giù non solo che uno Stato cristiano abbia osato ribellarsi all’islam ma che addirittura sia uno stretto alleato di Israele.
Qualche giorno fa riferivamo della strana presenza di pasdaran iraniani in Sudan e ci chiedevamo cosa ci facessero da quelle parti. Ora potremmo avere una risposta plausibile. Teheran da molti anni è alleata di Omar al-Bashir, ha una fabbrica di missili vicino a Khartoum e non ha mai visto di buon occhio la nascita dello Stato cristiano del Sud Sudan amico e alleato di Israele. Quale miglior alleato per Riek Machar e le sue milizie? Se a questo aggiungiamo che l’ex vice-presidente ha avuto un passato molto conflittuale persino con il padre del Sud Sudan, John Garang, e che è stato sospettato di avere avuto contatti segreti con il regime di Khartoum durante la lunga guerra civile e durante il periodo di transizione che ha portato all’indipendenza del Sud Sudan, il cerchio è completo.
John Garang non vedeva di buon occhio questo ambiguo personaggio, più politico scaltro che comandante militare, uno disposto ad allearsi anche con il diavolo pur di ottenere il potere a cui ambiva. E di ragioni ne aveva da vendere. Eppure alla morte di Garang il suo successore, Salva Kiir, nel nome di una vera unificazione tra Dinka e Nuer, lo aveva nominato vice-presidente. Ma evidentemente questo a Riek Machar non bastava.
Personalmente non credo che Riek Machar abbia agito da solo anche perché la stessa comunità Nuer non lo ama e di certo hanno altri problemi rispetto alle ambizioni di potere di questo ambiguo personaggio. La presenza di pasdaran iraniani in Sudan è una coincidenza temporale troppo evidente per non essere presa in considerazione.
Ora la situazione sembrerebbe tornata quasi alla normalità anche se il Governo ha imposto un coprifuoco di 12 ore che va dalle 6 del pomeriggio alle 6 di mattina. Ma ancora Riek Machar e i suoi uomini sono a piede libero, sembra diretti verso la zona di Abyei. Fino a quando non verranno presi e non sarà fatta luce sugli aiuti esterni ricevuti dai golpisti la situazione resta di “forte allarme”.
Miriam Bolaffi
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