L’ex presidente degli Stati Uniti e probabile candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump ha dichiarato: “Ogni ebreo che vota per i democratici odia la propria religione. Odiano tutto ciò che riguarda Israele e dovrebbero vergognarsi”.
Le osservazioni in un’intervista in podcast con il suo ex consigliere di estrema destra Sebastian Gorka arrivano un giorno dopo che ha criticato Israele per aver cercato di mantenere i legami con il partito democratico, che è “molto negativo per Israele”.
A Trump viene nuovamente chiesto del discorso del leader della maggioranza del Senato Chuck Schumer della scorsa settimana, in cui ha chiesto elezioni anticipate in Israele per sostituire il primo ministro Benjamin Netanyahu.
“In realtà penso che odino Israele”, dice Trump, ribadendo la sua convinzione che Schumer fosse un tempo pro-Israele e che abbia voltato le spalle a Gerusalemme per cercare voti.
Afferma che il primo ministro Benjamin Netanyahu è venuto negli Stati Uniti “piangendo [e] implorando” l’allora presidente Barack Obama di non firmare un accordo nucleare con l’Iran nel 2015. Trump si vanta di essersi tirato fuori dall’accordo tre anni dopo, ma si lamenta del fatto che “non hanno fatto nulla per concluderlo”. L’amministrazione Biden ha rimproverato a Trump di essersi ritirato dall’accordo, sostenendo che non ha lasciato alcun freno alla produzione nucleare iraniana, che da allora ha subito una notevole accelerazione.
“Sono molto vicini a ottenere un’arma nucleare in questo momento, e una volta che l’avranno diventerà un negoziato… molto più difficile”, avverte Trump.
Mentre ha criticato Schumer per il suo discorso, lo stesso Trump ha fatto alcune osservazioni molto critiche su Netanyahu. Ricordando come il premier israeliano si sia congratulato con Biden per la vittoria alle elezioni del 2020, Trump ha detto a un giornalista israeliano “f***lo”, riferendosi a Netanyahu. Inoltre, durante gli eventi della campagna elettorale, ha rimproverato al primo ministro di essersi presumibilmente tirato fuori dall’impegno di aiutare gli Stati Uniti ad assassinare l’alto generale iraniano Qassem Soleimani nel 2020.
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