Cimiteri ebraici deturpati e vandalizzati con svastiche, ristoranti kosher e negozi gestiti da ebrei marchiati con la parola “juden”, attacchi a chi porta la kippah un po’ ovunque.
Solo in Francia nel 2018 gli attacchi antisemiti sono aumentati del 74% rispetto all’anno prima, 541 attacchi nel 2018 contro i 311 del 2017.
Non è chiaro se ci sia una correlazione tra il fatto la Francia ospiti la comunità ebraica più grande d’Europa, la seconda a livello mondiale dopo quella americana, con il fatto che sempre in Francia vi sia la più grande comunità islamica in Europa, circa l’11% della popolazione.
Ma i sospetti sono molto forti anche perché, considerando l’intero continente, si è appurato che gli attacchi antisemiti crescono maggiormente in quei paesi dove la presenza islamica è più elevata.
Ma c’è un altro fattore da non sottovalutare che sfugge da molte delle logiche del passato. Mentre nel recente passato gli attacchi antisemiti e le provocazioni quali il negazionismo e il revisionismo, provenivano principalmente dalla destra estrema, oggi la più attiva in termini di antisemitismo è la sinistra estrema o quei movimenti non chiaramente identificabili con un colore politico che racchiudono però il peggio dei due estremismi.
Qualcuno li chiama “movimenti rosso-bruni” proprio perché racchiudono il peggio della destra e della sinistra, il peggio del comunismo e del fascismo.
In realtà questi movimenti rappresentano una nuova tendenza politica in forte espansione in tutto il continente europeo, movimenti che nascono approfittando del crescente malessere che serpeggia tra le classi più deboli e che sfocia molto spesso in atti di violenza che per fortuna sono (ancora) nella maggioranza verbali e confinati nei social. Ma passare dai social alle strade il passo è breve. Quello che sta accadendo in Francia lo dimostra ampiamente.
Il rischio di una fusione tra movimentismo rosso-bruno e islamismo
Premesso che, come già detto in altra occasione, l’antisemitismo non ha un colore politico ben definito e identificarlo solo nella destra e nella sinistra estrema sarebbe riduttivo, il movimentismo rosso-bruno sembra attirare molto l’islamismo.
Successe la stessa cosa durante l’ascesa del nazismo quando a spingere Hitler verso la soluzione finale fu, tra gli altri, il Gran Mufti di Gerusalemme, Amin al-Husseini.
Quando sento parlare di “ritorno del fascismo o del nazismo” non sono però troppo convinta che sia la terminologia giusta. Il movimentismo rosso-bruno è qualcosa di diverso proprio perché naviga in un limbo dove può raccogliere il peggio della destra e della sinistra, gente che deve trovare un nemico comune per avere un senso di comunità.
E quale miglior nemico se non gli ebrei? Quale miglior nemico se non quello che da sempre è la valvola di sfogo dei peggiori istinti che la razza umana abbia mai concepito?
In una recente intervista Iddo Netanyahu, fratello del Premier israeliano, ricorda che l’antisemitismo è una malattia mentale da cui non si guarisce. La cosa mi convince solo in parte.
L’antisemitismo non è una malattia ma un sintomo, il primo sintomo di quella malattia che nel secolo scorso portò alla Shoah, una malattia alla quale non puoi dare un nome preciso perché in se racchiude quanto di peggio la natura umana abbia mai concepito e che se proprio dobbiamo identificare potremmo racchiudere nella parola “prevaricazione”.
La prevaricazione della razza ariana che era alla base del nazismo la possiamo tranquillamente paragonare alla prevaricazione religiosa che è alla base dell’islamismo.
Il concetto di “eliminazione fisica” del cosiddetto “nemico del popolo” portato avanti da Hitler è lo stesso concetto usato dal movimentismo rosso-bruno e dall’islamismo, anche se in quest’ultimo caso viene interpretato con “nemico dell’islam”.
Ecco perché l’antisemitismo esploso negli ultimi mesi in Europa non andrebbe affatto sottovalutato nemmeno da chi non è ebreo, perché è quel primo sintomo che annuncia la malattia grave, quella stessa malattia che l’ultima volta che apparve costò decine di milioni di morti.
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