Diritti LGBT: sentenza storica. Cambiare sesso solo all’anagrafe ora si può
Niente più imbarazzanti siparietti alle dogane di mezzo mondo per le transessuali italiane che si presentano ai doganieri con le sembianze di ragazza e il nome di ragazzo sul documento. Ora si potrà cambiare sesso all’anagrafe senza necessariamente passare sotto il bisturi.
Ieri con una sentenza veramente storica emessa dalla Cassazione è stato sancito il Diritto per le persone transessuali di cambiare il sesso all’anagrafe senza sottostare all’operazione chirurgica di cambio sesso. In sostanza è stato riconosciuto il Diritto alla personalità di una persona LGBT, il Diritto di sentirsi donna anche in un corpo maschile (e viceversa), il Diritto di non doversi per forza operare per avere riconosciuta la propria sessualità. Insomma, finalmente si da la precedenza alla personalità e non ai caratteri fisici primari.
La sentenza
I giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso di Rete Lenfors-Avvocatura per i Diritti LGBT sul caso di una persona transessuale di 45 anni che, dopo essere stata autorizzata all’operazione chirurgica per il cambio di sesso, vi aveva poi rinunciato ma chiedeva in ogni caso di poter cambiare il proprio sesso all’anagrafe. La cassazione ha riconosciuto che non può essere solo l’intervento chirurgico a determinare il cambio di sesso di una persona, ma che a quella persona ha il Diritto di vedersi riconosciuto detto cambio di sesso in base al suo equilibrio psico-fisico. Nel caso della transessuale 45enne che ha determinato questa storica sentenza, il soggetto aveva raggiunto un equilibrio psico-fisico tra il suo essere donna e le sue caratteristiche sessuali primarie che l’operazione avrebbe distrutto. Pertanto la Cassazione ha sancito che la personalità di una persona è più importante delle caratteristiche fisiche primarie. Nella sentenza della Cassazione tra le altre cose si legge che:
“il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale. Il momento conclusivo non può che essere profondamente influenzato dalle caratteristiche individuali. Non può in conclusione che essere il frutto di un processo di autodeterminazione verso l’obiettivo del mutamento di sesso, realizzato mediante i trattamenti medici e psicologici necessari, ancorché da sottoporsi a rigoroso controllo giudiziario. La complessità del percorso, in quanto sostenuto da una pluralità di presidi medici (terapie ormonali trattamenti estetici) e psicologici mette ulteriormente in luce l’appartenenza del diritto in questione al nucleo costitutivo dello sviluppo della personalità individuale e sociale, in modo da consentire un adeguato bilanciamento con l’interesse pubblico alla certezza delle relazioni giuridiche che costituisce il limite coerentemente indicato dal nostro ordinamento al suo riconoscimento”.
Naturalmente questa sentenza, che non è paragonabile a quella della Corte Suprema USA che ha aperto ai matrimoni Gay ma che apre certamente nuove frontiere per i Diritti LGBT, non mancherà di scatenare furiose reazioni da parte delle fazioni omofobe che non vogliono riconoscere i sacrosanti Diritti delle persone LGBT, ma ormai la dovranno digerire. Tuttavia, ed è un pensiero del tutto personale, pur riconoscendo l’importanza storica di questa sentenza, avrei preferito l’adozione della cosiddetta “terza via”, quella che per intenderci viene adottata in Nuova Zelanda dove viene riconosciuta l’esistenza di un terzo sesso e al posto di “maschio” o “femmina” sui documenti viene scritto “altro genere”, ma come detto questa è una mia personale convinzione di transessuale che effettivamente si sente appartenente a un terzo genere.
In ogni caso è una vittoria importantissima e un enorme passo verso la civiltà da parte dell’Italia, un risultato che dobbiamo alla Rete Lenfors alla quale siamo enormemente grati per averci creduto fino in fondo.
Scritto da Paola P.
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