”E’ uno scandalo per la coscienza civile dell’Europa “- lavori in corso per «EUROPEAN NEIGHBOURHOOD AND PARTNERSHIP INSTRUMENT. LIBYA. STRATEGY PAPER &. NATIONAL INDICATIVE PROGRAMME. 2011 – 2013”e la recente firma del Memorandum sul Cooperation Agenda EU- Libia.
L’Unione Europea sembra resti sorda alle denunce fatte a pieni polmoni da numerosissime organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti dell’uomo- il 4 e il 5 ottobre firma il Memorandum sul Cooperation Agenda con la Libia e ci si prepara a regalarle 60 milioni in accordo «EUROPEAN NEIGHBOURHOOD AND PARTNERSHIP INSTRUMENT. LIBYA. STRATEGY PAPER &. NATIONAL INDICATIVE PROGRAMME. 2011 – 2013”.
Di cosa si tratta?
STRATEGY PAPER è un accordo di collaborazione politico-economico tra la Commissione Europea e la Libia, che prevede un “contributo” di 60 milioni di euro al futuro “partner” africano. Il patto si basa su quattro punti fondamentali: mobilità ( agevolazione nell’ottenimento del visto) , cooperazione e il pan dialogo africano, garantire un’efficace gestione dei flussi migratori, gestione delle frontiere, e in fine protezione internazionale.
A quanto pare la somma dei 60 milioni di euro non soddisfa Mu’ammar Gheddafi; per fermare l’invasione dei migranti irregolari provenienti dall’Africa , il capo di stato libico chiede 5 bilioni di euro. Cecilia Malmström, commissario europeo per gli Affari Interni e Štefan Füle , non mollano e concludono da poco a Tripoli il discusso Memorandum.
Il Memorandum come lo STRATEGY PAPER costituirebbero forse quel passo fondamentale verso un riavvicinamento politico tra la Libia e l’Unione Europea, un riavvicinamento pagato però a prezzo di vite umane. Mentre Cecilia Malmström afferma che con questi strumenti giuridici vuole evitare che i migranti vengano abbandonati in pieno deserto dai maligni “contrabbandieri” del traffico umano, sembra che chiuda gli occhi alla pratica libica ormai legalizzata dal silenzio internazionale, quella di rimandare in pieno deserto centinaia o migliaia di migranti , tra cui rifugiati politici e moltissimi potenziali richiedenti asilo. Che la Libia non abbia un sistema d’asilo e che non abbia neanche firmato la Convenzione di Ginevra non è un segreto. Che Gheddafi abbia dichiarato più volte che non ha intenzione di firmarla è ben saputo , anche se secondo Annabele Roig, la firma della Convenzione costituirebbe forse uno dei “primi passi ufficiali verso il riconoscimento del diritto d’asilo” in Libia. Uno scopo piuttosto arduo visto che lo stesso Gheddafi ha dichiarato nella Conferenza di Roma nel 2008 “gli africani non hanno diritto all’asilo politico” perché “dicono solo bugie e menzogne” perché , “questa gente vive nelle foreste, nel deserto e non hanno problemi politici, perché lì(in Africa) non ci sono né partiti né elezioni.” Mentre lo stesso capo dello stato libico nega il diritto d’asilo, l’Unione Europea crede che con i sessanta milioni di euro farà dei miracoli sia nella politica che nella coscienza libica.
Il fatto che la Libia non sia un paese sicuro per la difesa dei diritti umani non è stato negato neanche dallo stesso Bernard Brunet, Vice Capo dell’Unità per il Magreb, responsabile per la Libia, ed è stato ribadito più volte dalla recente risoluzione del Parlamento Europeo risalente a 17 giugno 2010( P7_TA-PROV(2010)0246). Il governo italiano è stato più volte criticato e ripreso dall’Unione Europea a causa della sua politica di vicinato con “l’amico libico” e per i respingimenti collettivi avvenuti in maniera massiccia fin dalla firma del Trattato di Amicizia nel 2008, ma avente già le sue radici nel 2004. La Commissione Europea non sembra però impressionata da queste pratiche e nemmeno dai vari rapporti di moltissime organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, che alla recente Conferenza del Parlamento Europeo del 27 Ottobre 2010 sul futuro dello STRATEGY PAPER hanno dimostrato una realtà più che preoccupante, che arriva quasi all’inverosimile. Le denunce sono forti e continuano da anni : le autorità libiche non fanno alcuna distinzione tra un migrante economico e un richiedente asilo ; sono tutti detenuti senza scadenze nelle prigioni libiche , tra cui tre finanziate dall’Italia, per poi essere respinti nel deserto e abbandonati lì senza alcun mezzo di sussistenza. Quelli più fortunati riescono a scappare dai centri di detenzione corrompendo una guardia o un poliziotto. In effetti la corruzione nel campo migratorio porta al mercato nero della Libia un guadagno pari a 50 milioni di euro all’anno. Non vi è quindi da stupirsi che i sessanta euro per tre anni sembrino pochi a Gheddafi.
Mentre il commissario Štefan Füle parla di una futura “relationship”, Franziska Bratner , rappresentante dei Verdi , chiede a Bernard Brunet come si può stare tranquilli a concludere un accordo di tale importanza vista la tragicità della situazione libica. La risposta di Brunet è che la violazione dei diritti umani nel Magreb non è una novità e quindi perché focalizzarci proprio sulla Libia?
In questo momento i negoziati continuano nel pieno dibattito e nella segretezza : è arrivato quindi il momento di vendere la nostra presunta “sicurezza” e una possibilità di guadagno economico al prezzo dei diritti umani dei quali la stessa l’Unione Europea si dice portatrice?
Wirginia Loboda