Il canto del cigno della causa palestinese

23 Febbraio 2018
causa palestinese abu mazen

 

La causa palestinese? Non interessa più a nessuno né in Israele né nel mondo arabo. Questa mattina un editoriale di Herb Keinon sul Jerusalem Post fa notare come «in tempi normali» il discorso e le minacce proferite martedì scorso alle Nazioni Unite dal Presidente palestinese, Mahmoud Abbas, avrebbe fatto titoloni nei giornali israeliani e in quelli arabi.

Invece nulla. I giornali israeliani non hanno dato alcun risalto alle parole di Abbas, mentre quelli arabi gli hanno dedicato appena un trafiletto.

Se per i giornali israeliani, come appunto spiega Herb Keinon, il discorso può essere ricollegato in parte alle vicende che interessano il Premier Netanyahu e le accuse di corruzione che gli sono state mosse dalla polizia, per quelli arabi non tiene nemmeno questa scusa.

Eppure Mahmoud Abbas è stato particolarmente duro, ha chiesto una conferenza internazionale di pace sul conflitto israelo-palestinese, ha detto di non volere che gli Stati Uniti facciano da mediatori, ha sparato ad alzo zero sulla Amministrazione Trump. Non da meno è stata la risposta fornita dagli USA attraverso l’ambasciatrice Nikki Halley. Eppure sui media che contano sono stati pubblicati solo pochi trafiletti o un distratto resoconto dei fatti.

La causa palestinese? Un peso per tutti

La realtà dei fatti è che la causa palestinese è ormai diventata un peso per tutti. Per i donatori internazionali i quali hanno capito che è un pozzo senza fine e che la maggior parte degli aiuti finisce in tasca dei boss palestinesi e non in progetti di sviluppo. Per gli arabi, ai quali i palestinesi non sono affatto simpatici ma servivano in configurazione anti-israeliana, che adesso con l’incombente minaccia iraniana si sono avvicinati alle posizioni israeliane e vedono nella causa palestinese solo un ostacolo alla normalizzazioni dei rapporti con Gerusalemme. Per l’ONU che non ha mai lesinato attenzioni particolari verso la causa palestinese ma che ora ha ben altre gatte da pelare, a partire dalla complicatissima situazione in Siria.

Fa eccezione l’Europa che continua imperterrita a finanziare le organizzazioni legate a vario titolo alla causa palestinese ma che finiscono, anche loro, per deviare il denaro verso il sostegno al terrorismo. Ma anche a Bruxelles cominciano ad aprire gli occhi e se non fosse per l’amore incondizionato della sig.ra Mogherini verso ogni cosa che sia anche solo minimamente anti-israeliana, probabilmente a quest’ora anche gli europei avrebbero messo qualche paletto.

Il canto del cigno

Ormai è chiaro che Mahmoud Abbas non sa più che pesci prendere, l’ennesimo intervento rancoroso alle Nazioni Unite lo dimostra. La sua richiesta affinché l’Europa riconoscesse la Palestina è stata rigettata. All’ONU i palestinesi continuano a rimanere un “osservatore” nonostante le ripetute richieste di essere ufficialmente riconosciuti quale membro. I Paesi arabi hanno tagliato quasi tutti i fondi e, come detto, considerano la causa palestinese solo un ostacolo. Gli rimane l’Iran, la Mogherini e qualche sparuto Paese europeo che in maniera indipendente continua a finanziare la sua organizzazione, un po’ poco per alzare la posta come sta facendo.

Il discorso di martedì scorso è sembrato così inverosimile che è apparso come il canto del cigno della causa palestinese, un estremo tentativo di rialzare la testa, un rilancio ma senza avere in mano le carte vincenti. Un bluff riuscito decisamente male.

Maurizia De Groot Vos

Vive per lavoro tra Bruxelles e Strasburgo. Odia Facebook e tutti i social, ma li ritiene un male necessario. Sostenitrice di Trump e Netanyahu è sicura che li rimpiangeremo molto presto

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