Secondo lo storytelling della Casa Bianca, dopo l’abbattimento di un drone americano da parte dei Pasdaran, il Presidente Trump aveva ordinato un attacco contro l’Iran salvo poi revocare l’ordine all’ultimo momento perché, una volta saputo che ci sarebbero state più di cento vittime, avrebbe considerato il suddetto attacco “una risposta sproporzionata”.
Non sappiamo in tutta onestà se sia andata veramente così o se, come sembra, a fermare il Presidente americano siano stati i generali i quali ritengono sottodimensionata la forza militare americana presente nell’area per affrontare una guerra con l’Iran, non certo un avversario facile.
Al di la del fatto che personalmente credo che un attacco di ritorsione americano non avrebbe fatto altro che rafforzare proprio le Guardie Rivoluzionarie a livello interno senza minimamente scalfirne la forza militare, e che quindi il Presidente Trump abbia agito con prudenza, rimane il fatto che se minacci una guerra poi devi essere pronto a farla, la guerra.
Non per niente il Pentagono aveva chiesto al Presidente Trump l’invio di almeno 10.000 uomini nel Golfo Persico, ottenendone appena 2.500 per di più, a quanto sembra, nemmeno facenti parte delle unità combattenti ma addetti alla logistica.
Gli Stati Uniti, tra Siria e Iraq, hanno nell’area poco più di 50.000 uomini, hanno inviato nel Golfo Persico il gruppo navale d’attacco della portaerei Abraham Lincoln e spostato in Qatar un gruppo di bombardieri B-52, tutte mosse molto “sceniche” ma che non bastano minimamente per una guerra a largo raggio con l’Iran. Al massimo possono garantire la sicurezza della navigazione nel Golfo Persico.
Per attaccare l’Iraq nella prima guerra del Golfo (Desert Storm) il Presidente Bush (padre) formò una coalizione di 36 Paesi e trasferì nell’area mezzo milione di soldati ai quali si unirono altri 160.000 soldati facenti parte della coalizione. Bush figlio per invadere l’Iraq durante la cosiddetta “guerra al terrorismo” non fu da meno formando la cosiddetta “coalizione dei volenterosi” formata da 49 paesi e mettendo in campo almeno 250.000 uomini e una considerevole forza aerea.
Il Presidente Trump, al contrario dei suoi predecessori, si è guardato bene dal cercare un consenso internazionale o, tanto meno, dal formare una coalizione contro l’Iran. Anzi, fino a qualche mese fa era intenzionato a ridurre la presenza americana in Medio Oriente così come aveva promesso di fare durante la campagna elettorale.
È lampante che la forma militare americana nella regione è totalmente inadeguata a portare avanti una guerra su larga scala con l’Iran. È quindi altrettanto lampante che il Presidente Trump non ha alcuna intenzione di attaccare seriamente l’Iran.
Sembra di rivedere l’atteggiamento di Barack Obama in Siria, con reiterate minacce di un attacco e la contestuale creazione di un numero infinito di “linee rosse” puntualmente poi spostate in avanti pur di non intervenire.
Cosa sarebbe successo se Trump avesse attaccato
Partendo dal fatto che non si conoscono i target che avrebbe avuto un eventuale attacco di ritorsione americano contro obiettivi in Iran, sembra assai improbabile che una azione del genere avrebbe messo in difficoltà gli iraniani. Al contrario, in caso di attacco americano con moltissima probabilità avremmo assistito ad una contro-rappresaglia iraniana contro Israele, magari con lanci massicci di missili sia da Gaza che dal Libano.
Gli iraniani sanno benissimo che l’attuale forza americana nel Golfo Persico non è minimamente adeguata a sopportare uno scontro con l’Iran, che non è certo l’Iraq di Saddam Hussein che pure fu affrontato con una forza militare molto maggiore di quella attualmente a disposizione dei generali americani.
E qui torniamo alle riflessioni iniziali. Se minacci una guerra devi essere pronto a fare una guerra. Non puoi affrontare la questione pensando che basti un Tweet dove minacci sfracelli. Non puoi pensare di riportare gli Ayatollah alla ragione imponendo sanzioni economiche ma senza fissare una linea rossa reale (non quelle di Obama) preparandoti a farla rispettare con la forza.
Il presidente Trump non ha fatto nulla del genere, non ha fatto niente per preparasi a una guerra con l’Iran. Per questo i suoi generali lo hanno fermato.
Certo, avrebbe mostrato i muscoli ai Pasdaran, che però se ne sarebbero bellamente infischiati e avrebbero reagito colpendo il loro vero nemico: Israele.
Il presidente Trump non ha alcuna strategia contro l’Iran semplicemente perché non gli serve. Gli servirebbe se avesse realmente la volontà di attaccare il regime iraniano, cosa che al di la delle dichiarazione e dei Twitt, non sembra nelle sue intenzioni.