Balcani, ventre molle dell’Europa. E Putin ne sta approfittando

Scritto con l’aiuto di Ivana Stradner del American Enterprise Institute (AEI) – Quest’anno ricorre il 30° anniversario dell’inizio delle guerre jugoslave, il conflitto più sanguinoso d’Europa dalla seconda guerra mondiale.

Sebbene gli stati balcanici si siano mossi verso forme di governo democratico e abbiano favorito l’integrazione con la NATO e con l’Unione Europea nell’immediato dopoguerra, negli ultimi anni la costante negligenza da parte dell’Occidente ha contribuito a un drammatico e pericoloso arretramento.

Il Presidente russo, Vladimir Putin, lo ha capito da un po’ e secondo molti importanti analisti starebbe cogliendo l’opportunità per aprire un secondo fronte usando gli stati dell’ex Jugoslavia come prossimo campo di battaglia per indebolire la NATO e l’Unione Europea.

Scrive Ivana Stradner del American Enterprise Institute (AEI): «gli sforzi di Putin per spingere i Balcani sull’orlo del baratro fanno parte della sua idea di ristabilire la Russia come intermediario di potere globale. Simile alla strategia del Cremlino nel Caucaso, l’obiettivo della Russia nei Balcani è quello di aumentare le tensioni in modo da potersi posizionare come unico mediatore regionale e garante della sicurezza. Contemporaneamente mira a dimostrare che né la NATO, né l’UE, né i loro membri sono partner credibili per nessuno dei paesi balcanici».

La Stradner critica gli analisti occidentali (e anche qualche russo) i quali non pensano che Putin sia interessato ai Balcani o a renderli un campo di battaglia nello scontro tra Russia e occidente.

«I Balcani non dovrebbero essere liquidati così facilmente» sostiene ancora Ivana Stradner. «La Russia vede la regione come il ventre molle dell’Europa: la sua crescente influenza potrebbe consentirle di posizionare risorse militari strategiche vicino a un’importante base statunitense nonché di concederle l’accesso al mare Adriatico. L’ obiettivo più grande di Putin è far pendere gli equilibri di potere in Europa a vantaggio di Mosca, e i Balcani fanno parte di quella strategia».

Poi spiega: «Mosca ha avviato operazioni di disinformazione per infiammare le tensioni etniche e incoraggiare le proteste, ha consolidato accordi per la vendita di armi, si è inserita in infrastrutture energetiche critiche e ha sfruttato a suo vantaggio i legami religiosi e culturali di lunga data tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa serba nella regione».

Putin in realtà sta sfruttando al massimo la debolezza dell’Unione Europea nella regione aiutato in questo soprattutto dalla pressoché inesistente risposta alle sue mosse da parte di Bruxelles o della NATO.

L’UE non si è espansa da quando ha assorbito la Croazia nel 2013 e nonostante le promesse di adesione per Albania, Bosnia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia, a tutti gli effetti i colloqui si sono congelati. Questa attesa infinita sta consegnando i Balcani nelle mani di Putin.

Serbia attore chiave per Putin

La Serbia sembra essere l’attore chiave per la politica di Putin nei Balcani. Sia il governo serbo che la chiesa ortodossa mantengono fortissimi legami con la Russia, aiutati in questo anche dall’isolamento che l’occidente ha applicato a Mosca e Belgrado.

Il governo serbo sta studiando la creazione di un “mondo serbo”, un parallelo balcanico al “mondo russo” di Putin, progettato per unire tutti i serbi in un quadro culturale comune.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha interessi strategici più immediati nell’ingerenza della Russia nella regione. Il caos regionale potrebbe aiutarlo ad essere inquadrato come “elemento di stabilità” e aiutarlo per la sua rielezione alle prossime elezioni del 2022.

Secondo alcune informazioni non confermate al fine di garantire che le elezioni si svolgano a loro favore, Serbia e Russia si sarebbero impegnati a lavorare insieme per combattere le proteste di massa e le “rivoluzioni colorate” provenienti dall’Occidente.

La Russia ricambia la lealtà serba attraverso un generoso sostegno all’esercito serbo. Dal 2018 il bilancio della difesa della Serbia è quasi raddoppiato e guida tutti gli stati balcanici nella spesa militare.

Nonostante le minacce di sanzioni statunitensi a Belgrado, Mosca ha inviato un sistema missilistico S-400 in Serbia nel 2019 per un’esercitazione militare. Il Cremlino ha alzato ulteriormente la posta quest’anno quando ha permesso alla Serbia di procurarsi i sistemi di difesa aerea Pantsir-S1M . La Serbia ospita anche un “centro umanitario” gestito dalla Russia, che funge da istituzione di raccolta di informazioni situata vicino a Camp Bondsteel, la principale base NATO in Kosovo.

La religione e la Chiesa ortodossa

La Russia comprende bene che la religione nei Balcani è sempre stata determinante per galvanizzare i conflitti. In Montenegro, il Cremlino promuove politiche filo-russe attraverso la Chiesa ortodossa serba, che ha denigrato il concetto di identità nazionale montenegrina e serba distinte ed è intervenuta in politica per conto di Mosca. Lavorando attraverso la chiesa, la Russia ha scatenato proteste di massa lo scorso anno e ha sostituito un governo non cooperativo con una leadership filo-russa.

Le polveriere più esplosive dei Balcani sono il Kosovo e la Bosnia-Erzegovina. Sebbene la popolazione del Kosovo sia per più del 90% di etnia albanese, i serbi vedono il paese come una patria ancestrale che contiene alcuni dei luoghi più sacri della Chiesa ortodossa serba.

Proprio come la guerra civile è esplosa a causa delle tensioni tra diversi gruppi religiosi ed etnici nei primi anni ’90, il Cremlino sta ora usando la Chiesa ortodossa per destabilizzare il paese e la regione in generale.

La Chiesa ortodossa russa ha intensificato le controversie ricorrenti sui siti religiosi, esprimendo di recente preoccupazione per il “destino dei santuari cristiani in Kosovo” dopo che le tensioni sono divampate tra Kosovo e Serbia.

Fermare Putin

Ivana Stradner sostiene che «è giunto il momento che le potenze occidentali si rendano conto della minaccia che l’ingerenza della Russia nei Balcani rappresenta per i loro interessi. Qui, un grammo di prevenzione vale una libbra di cura. E hanno diverse opzioni a loro disposizione».

Secondo l’analista americana la NATO deve rifocalizzarsi sulla regione e dare priorità alla de-escalation delle tensioni.

Dovrebbe inviare il suo Counter Hybrid Support Team nei Balcani, come ha fatto in Montenegro nel 2019, per combattere le campagne di disinformazione russe e altre operazioni di informazione. I membri della NATO dovrebbero anche organizzare una “coalizione dei volenterosi” per contrastare l’interferenza russa in Bosnia, schierando missioni di mantenimento della pace in aree strategiche, come il distretto nord-orientale di Brcko, per evitare che i luoghi a rischio vadano fuori controllo.

Questa forza potrebbe integrare la forza di pace guidata dall’UE (EUFOR), che è incaricata di mantenere la pace e la sicurezza in Bosnia, ma il cui mandato deve essere esteso nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove la Russia e la Cina esercitano il veto. Il presidente americano Joe Biden ha anche firmato un ordine esecutivo per sanzionare coloro che minacciano la stabilità dei Balcani occidentali in giugno; l’UE dovrebbe unirsi a questi sforzi.

Non ci si può aspettare che tutti i membri della NATO sostengano i Balcani, poiché l’Ungheria e alcune altre nazioni europee della NATO servono nella organizzazione come proxy della Russia.

Il Regno Unito sembra invece afferrare la gravità della crisi. Ha promesso di mantenere “la stabilità nei Balcani occidentali” e ha avvertito la Russia di non fare un “errore strategico” nella regione. Londra dovrebbe lavorare per trasformare queste parole in azione, guidando la coalizione dei volenterosi per combattere l’interferenza russa nella regione.

Soprattutto, la NATO dovrebbe accelerare l’adesione della Bosnia e del Kosovo alla organizzazione. Facendo questo il Cremlino aumenterebbe i costi delle sue operazioni nei Balcani. La Russia si è fermamente opposta all’allargamento della NATO e ora, mentre la crisi ucraina continua, ha chiesto una garanzia giuridicamente vincolante che la NATO cesserà l’attività militare in Europa orientale.

L’integrazione della Bosnia e del Kosovo manderebbe il messaggio che i Balcani non saranno lasciati da soli contro Mosca e che Putin non determinerà il futuro della NATO.

Come fu all’inizio delle guerre jugoslave o in occasione dell’inizio della prima guerra mondiale, può essere difficile convincere il mondo dell’importanza dei Balcani. Negli anni ’90, i paesi europei non sono riusciti a rispondere con sufficiente urgenza alla crisi e gli Stati Uniti sono stati costretti a intervenire. Questa volta, tuttavia, gli Stati Uniti hanno altre priorità sia interne che di politica estera ed è improbabile che intervengano. Quindi il peso ricadrà probabilmente sull’UE. Sul piatto ci sono niente di meno che la stabilità dell’Europa e il futuro della NATO.