Personalmente sono europeista da sempre e continuo a rimanerlo nonostante tutto, nonostante questa Europa non sia affatto quella che mi immaginavo e che sognavo, nonostante le assurde politiche economiche, le regole ammazza-Stati e la folle politica di accoglienza che rischia di mandare in pezzi questa Europa.
Il risorgere dei nazionalismi e dei movimenti estremi (che qualcuno confonde erroneamente con il populismo) non è un fatto straordinario o inatteso. I nazionalismi e gli estremismi proliferano dove c’è lo scontento, dove la gente comune si sente messa in secondo piano rispetto a una ristretta elite, dove ogni problema viene artificiosamente amplificato al massimo. E di problemi questa Europa ne ha parecchi, a partire dalle già nominate politiche economiche fino alla questione dei migranti che sta spingendo molti Stati e chiudere nuovamente le frontiere. Senza scordare il problema del terrorismo islamico e dell’Islam in generale che rischia di esploderci in mano, letteralmente.
La Brexit è un brutto segnale. Non ho le competenze per analizzare i possibili scenari futuri, lo lascio fare agli esperti di Facebook che sembrano tutti laureati ad Harvard o ai dotti professoroni che in giacca e cravatta ci deliziano delle loro analisi in ogni TV del globo, dico solo che è un bruttissimo segnale ma che, proprio per questo, dovrebbe far alzare le antenne di qualcuno a Bruxelles. La Brexit è una lezione, un segnale che non possiamo permetterci di non cogliere.
Togliere le armi ai nazionalismi
Parlare di nazionalismo significa parlare di qualcosa che credevamo di esserci messi alle spalle, significa parlare di qualcosa che nel secolo scorso è costato due guerre mondiali e milioni di morti, significa soprattutto fare nuovamente i conti con qualcosa che vorrebbe riportare il mondo indietro di decenni, cancellare ogni passo avanti fatto dalla comunità a favore di un ritorno ad un passato che non ha più ragione di esistere. Ma non parlarne affatto o, peggio ancora, sottovalutare la potenza del nazionalismo nell’attecchire le menti di chi si sente trascurato o trattato ingiustamente dalla elite che governa, è un errore madornale che non ci possiamo permettere di commettere. Per combattere i nazionalismi si deve togliere loro le armi che usano per convincere la gente a seguire la loro assurda idea di un mondo chiuso su se stesso. Non affrontare adeguatamente problemi come l’immigrazione selvaggia, la povertà, l’assistenza ai più deboli attraverso programmi di welfare degni di questo nome, non affrontare il problema di una politica economica regressiva e non di sviluppo, significa consegnare le chiavi della casa europea ai nazionalismi. Affidarsi unicamente all’arroganza della imposizione di politiche migratorie ed economiche a chi non le condivide, non è la strada migliore da seguire. Questo ci dovrebbe insegnare la Brexit.
Il problema della immigrazione
Con il mondo intero impegnato a discutere di Brexit è passato sotto silenzio l’arrivo in poche ore di oltre 5.000 migranti. E tanti ancora ne stanno arrivando. E’ un fiume in piena inarrestabile che rischia di destabilizzare l’intero continente. Ma è anche una delle armi preferite dai nazionalisti per dimostrare come questa Europa sia una specie di colabrodo che apre le sue porte a tutti e a tutto, compreso il terrorismo islamico, mentre milioni di europei vivono nella indigenza. Se non si risolve questo problema ben presto i nazionalismi prenderanno il sopravvento. La gestione dei migranti non può più essere affidata alle associazioni che hanno tutti i vantaggi a vedere il loro numero crescere. Il business della immigrazione è un grandissimo affare non solo per i trafficanti di uomini ma anche per chi li gestisce una volta arrivati in Europa i quali non esitano a usare ogni stratagemma per poterli “gestire” il più a lungo possibile invece di rimpatriare chi non ha Diritto a rimanere. La gestione dei migranti deve essere “istituzionalizzata” e tolta il prima possibile alle tante, troppe associazioni. Il rimpatrio dei non aventi Diritto alla permanenza o alla protezione internazionale deve essere tempestivo, quasi immediato. Solo così si potrà arginare il fiume in piena di disperati che scorre verso l’Europa. Continuare come si sta facendo adesso significa mandare a questi disperati un segnale completamente sbagliato che prima di tutto è dannoso per loro stessi e li spinge a rischiare la vita per giungere in Europa. Se ai nazionalisti gli togli l’arma di pressione e convincimento che esercita il problema dei migranti, si saranno risolti buona parte dei problemi. Diversamente continueranno a sguazzarci senza ritegno.
La politica economica
Un altro grosso problema è quello che riguarda la politica economica. Giusto per essere chiari, non approvo per nulla coloro che danno tutte le colpe alla Germania o alla Merkel. Ad averne di politici come la Merkel. Il problema sono le regole che la Germania, proprio grazie ai suoi politici, riesce a rispettare mentre tanti altri Stati non ci riescono. Stare in una casa comune, com’è l’Europa, significa prima di tutto darsi delle regole di convivenza. Se le regole sono sbagliate o troppo restrittive allora vanno cambiate. Ecco, l’unica colpa che si può dare alla Germania è quella di non voler cambiare quelle regole che nel corso del tempo si è visto essere troppo restrittive e dannose allo sviluppo. Ma incolpare la Merkel della incompetenza dei nostri politici è davvero stupido. Anche su questo frangente la Brexit può tornare utile perché dovrebbe convincere la Germania a più miti consigli e ad allentare quel cappio che sta strangolando molte economie europee.
Ci sarebbe poi da discutere sul fatto che questa Europa non ha una politica fiscale comune, una Costituzione vera e propria, una banca centrale che può battere moneta e con una politica bancaria comune, ma rischieremmo di sforare nell’area di competenza dei professoroni e questo non lo vogliamo.
Concludendo, non tutti i mali vengono per nuocere e se la Brexit potrà contribuire ad aprire all’interno dell’Europa un dialogo costruttivo, allora viva la Brexit. Ma attenti, è davvero l’ultima spiaggia. Non è troppo tardi per salvare questa Europa, speriamo che nelle cancellerie europee e a Bruxelles lo capiscano.