Correva l’anno 2000, ventidue anni fa, quando in merito alla immigrazione dall’Africa la mia organizzazione lanciava l’allarme denunciando la nascita di vere e proprie organizzazioni per lo sfruttamento dei migranti (non profughi) e delle migrazioni.
In quel rapporto si parlava di cooperazione e sviluppo e della necessità urgente di implementare «importanti progetti di sviluppo» per scongiurare una fuga di massa dai paesi africani più poveri, ivi compreso il fenomeno dell’emigrazione interna all’Africa che rimane anche oggi numericamente il più importante.
Per dirla come la destra italiana, si voleva aiutare concretamente gli africani in Africa in modo da creare le condizioni affinché non si trovassero costretti ad emigrare.
Non solo, così facendo si sarebbe contrastato efficacemente lo sfruttamento dell’emigrazione e quindi quelle organizzazioni che anche oggi organizzano i viaggi attraverso il deserto del Sahara dove per altro i morti sono forse di più che nel Mediterraneo.
Purtroppo dal 2000 ad oggi le risorse finanziarie destinate ai progetti di cooperazione e sviluppo sono progressivamente calate e non solo per quanto riguarda l’Italia. Questo ha causato il mancato sviluppo di ampie aree dell’Africa sub-sahariana, dell’Africa centrale e del Corno d’Africa.
Alla mancata implementazione dei progetti di sviluppo si sono aggiunti i conflitti regionali che hanno contribuito ad impoverire ulteriormente vaste aree africane spingendo milioni di persone a muoversi, per il momento in gran parte all’interno del continente africano.
Negli ultimi anni sono venuti a mancare anche molti fondi destinati ai progetti di emergenza, fondi più che altro erogati dall’Unione Europea, quindi anche le zone di conflitto o quelle dove la povertà è veramente estrema (per vari motivi, a partire dal clima) non vengono adeguatamente coperte da quelle organizzazioni che fanno veramente cooperazione allo sviluppo e progetti di emergenza.
E qui veniamo a quella pratica che vede alcune ONG, per buona parte poco importanti, trasferire le loro risorse dai progetti sul terreno a quelli sul mare. Non si cerca più di non far emigrare le persone ma si creano le condizioni per una emigrazione scomposta e disorganizzata.
Per fare un discorso “populista”, mi sono chiesto tante volte quanti pozzi si sarebbero potuti scavare con il denaro usato per la manutenzione delle navi, per il personale, le attrezzature ecc. ecc. Quanti progetti di micro-sviluppo si sarebbero potuti fare. Quanti africani si sarebbero tenuti “incollarti” alla loro terra evitando loro la traversata del deserto prima e del Mediterraneo poi. Quante vite si sarebbero veramente salvate con quel denaro?
La trasformazione del concetto di “aiuto umanitario” che alcune ONG hanno adottato è diametralmente opposta a quel concetto di cooperazione e sviluppo e di aiuto d’emergenza che si dovrebbe vedere oggi in Africa.
Invece di fare di tutto per tenerli nella loro terra creando le condizioni ottimali, si fa di tutto per convincerli a lasciarla facendo credere loro che in occidente è tutto facile, è tutto pronto.
Bruciano anni di risparmi, sopportano violenze di ogni tipo per arrivare in un posto che per loro non ha niente se non la strada e la schiavitù. Solo pochi di loro faranno una vita “normale” o comunque migliore di quella dalla quale sono fuggiti.
Ecco perché personalmente detesto quelle organizzazioni che invece di implementare progetti in Africa, che siano di sviluppo o d’emergenza, implementano progetti volti a istigare l’emigrazione, progetti che vendono un falso obiettivo.
E non è razzismo affermare che gli africani devono restare in Africa. Hanno tutto per farlo. Hanno le materie prime, possono avere i mezzi per portare acqua dove non c’è, possono avere il loro vero paradiso a casa loro, invece di avere l’inferno in casa nostra.
Dobbiamo solo convincerci ad aiutarli, iniziando dal sottrarli dall’influenza cinese. Dobbiamo destinare all’Africa e ai progetti di sviluppo e d’emergenza tutti i fondi necessari per la loro rapida implementazione.
Ogni africano che prende il mare per arrivare in Europa è il simbolo del fallimento della nostra politica di cooperazione allo sviluppo. Ogni ONG che invece di scegliere il duro lavoro sulla terra sceglie di assecondare l’illusione di quegli africani che credono di trovare il paradiso trovando invece l’inferno, è un fallimento per il concetto stesso di aiuto, perché non si aiuta la gente a scendere negli inferi. Non si aiutano i migranti a finire nelle mani degli sfruttatori o in mezzo ad una strada, abbandonati a se stessi. È una condanna, non un aiuto.
Questo concetto è tutto sbagliato. Non c’è aiuto, non c’è integrazione. Ci credono solo nei salotti buoni. Scampati al deserto, scampati al mare, in pochi sfuggono ad una vita di stenti e allo sfruttamento. È forse aiutarli tutto questo? È veramente questo il paradiso che inseguono?