Il ritorno dell’impero ottomano. Il giornale di Erdogan da brividi

Il ritorno dell’impero ottomano. Il giornale di Erdogan da brividi

Se volete sapere cosa farà Erdogan leggete gli articoli dei giornalisti al suo soldo e state pronti a una bella accelerata turca

Il rapimento di 13 cittadini turchi, la loro prigionia e poi l’esecuzione in una grotta in Iraq, e gli USA che hanno armato quella stessa organizzazione, ci costringono a prendere una decisione mortale. Consegneremo la grande Turchia a coloro che vogliono disciplinarla e farla arrendere attraverso il terrorismo, o costruiremo una Turchia più grande, anche se questo significa conquistare il mondo?

Inizia così un delirante articolo di Ibrahim Karagul, ex redattore capo di Yeni Safak, il giornale che più di tutti in Turchia rappresenta il regime di Erdogan. Già il titolo è tutto un programma: I responsabili del crollo dell’Impero Ottomano oggi stanno svendendo la Turchia. Questa è la “difesa finale”. Non ci arrenderemo ai Gurkhas!

Vi scampo dal leggere la lunghissima e altrettanto delirante prefazione e vado subito al sodo. Con chi ce l’ha il noto giornalista turco famoso per rappresentare sempre il pensiero di Erdogan? Con l’Unione Europea e con gli Stati Uniti.

Che cosa chiede il portavoce non ufficiale di Erdogan? Di ricostruire l’impero ottomano anche se mezzo mondo dovesse protestare.

Ibrahim Karagul ce l’ha anche con i politici dell’opposizione (i pochi rimasti) che a detta sua attaccano incessantemente il governo spinti dagli Stati Uniti e dall’Europa su ogni decisione che esso prenda, sulla situazione con la Grecia, sulla Libia, sulla Siria, sull’Egeo e sul Mediterraneo.

la Turchia deve concentrarsi su una lotta implacabile ai suoi confini, oltre i suoi confini, nei mari e negli oceani, nell’aria e nello spazio

Ibrahim Karagul sul giornale turco Yeni Safak

la Turchia deve concentrarsi su una lotta implacabile ai suoi confini, oltre i suoi confini, nei mari e negli oceani, nell’aria e nello spazio e, cosa più importante, all’interno” dice ancora il giornalista “senza mai mai rimandare ciò che deve essere fatto e non prestare attenzione alle reazioni dell’Europa, degli Stati Uniti e dei paesi della regione”.

Poi se la prende ancora con l’opposizione interna e scrive parole di una gravità oltre l’inaudito:

una lotta nazionale deve essere sviluppata contro coloro che minano la Turchia in ogni campo, che attaccano la Turchia, che deridono i risultati del paese e che si sono assunti il compito di fermarlo dall’interno. Le isole della resistenza devono essere formate in ogni angolo della Turchia e campi di influenza in ogni centimetro della regione”.

Dunque, di giornalisti che scrivono menate militaresche ce ne sono in tutto il mondo, come ci sono giornalisti particolarmente vicini ai governanti del momento. Questo succede ovunque, anche (e specialmente) qui in Italia.

Ma qui si va oltre, o almeno di comincia ad andare oltre. E quando Erdogan comincia ad andare oltre facendo trapelare furbescamente le sue intenzioni (sempre attraverso la testata Yeni Safak) devi sempre aspettarti che ben presto passerà dalle parole ai fatti.

Quello di ricostruire l’impero ottomano è un vecchio pallino del capo della Fratellanza Musulmana, quindi non c’è molto da stupirsi. Solo che fino a ieri tutti ci facevamo un sorrisino sopra e poi tornavamo a fare quello che facevamo prima.

Ora il paradigma sta cambiando e dalle parole Erdogan sta passando ai fatti. Si muove apertamente in Africa, nei Balcani, in Siria e nel nord Iraq. Non sta giocherellando, sta lentamente ma inesorabilmente costruendo una ampia area di influenza, che non sarà proprio l’impero ottomano ma come idea ci si avvicina parecchio.

Seguire Ibrahim Karagul e più in generale la testata Yeni Safak aiuta molto a capire come ragiona Erdogan e cosa sta tramando. Qualche volta sarebbe bene che lo si faccia anche a Bruxelles e a Washington.

Posted by Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia