La strada diplomatica tra Iran e Stati Uniti è di nuovo aperta. Ad affermarlo è il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, in una intervista alla National Public Radio.
Sostanzialmente Blinken afferma che gli Stati Uniti sono disposti a tornare al vecchio accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) nel momento in cui anche l’Iran lo farà, anche se in realtà ha affermato una cosa leggermente diversa.
“Dobbiamo lavorare su un accordo che sia più lungo e più forte di quello originale”
Antony Blinken
“Dobbiamo lavorare su un accordo che sia più lungo e più forte di quello originale” ha detto Blinken aggiungendo che è passato molto tempo e intanto “le capacità nucleari iraniane stanno andando nella direzione sbagliata”.
Questa affermazione del Segretario di Stato americano (più lungo e più forte) lascia intendere che l’Amministrazione Biden considera il JCPOA la strada giusta da seguire, ma non esattamente come concepito da Obama e soci.
Tra le tante cose mi viene in mente, per esempio, la possibilità di inserire il divieto di portare avanti qualsiasi programma balistico. Garantire l’accesso degli ispettori a qualsiasi struttura essi vogliano controllare e garantirlo senza alcun preavviso (fino ad oggi non potevano entrare ovunque e dovevano avvisare prima).
C’è un’altra cosa interessante in quello che dice Antony Blinken nell’intervista, quella che gli Stati Uniti sono disposti a riaprire a trattare solo nel momento in cui l’Iran tornerà entro i parametri del JCPOA.
Questo piccolo dettaglio non è una cosa da nulla, perché per l’Iran significa buttare via più di tre anni di progressi del loro programma nucleare, anche perché per poter garantire che effettivamente siano rientrati nei parametri dovranno giocoforza autorizzare gli ispettori della AIEA a entrare ovunque.
Detto sinceramente, messa così non credo che l’Iran possa accettare. È una specie di trappola diplomatica ad uso esterno e interno quella messa in piedi da Blinken.
Da un lato accontenta la sinistra del Partito Democratico che preme per riaprire al più presto i canali diplomatici con l’Iran. Dall’altro fa in modo che Teheran non possa accettare le condizioni poste.
Un po’ meno populista e più raffinata come politica rispetto a quella vista fino ad ora con Trump. Ma potrebbe essere molto più efficace, anche perché sposta il peso delle decisioni nel campo iraniano.
Tuttavia la domanda che tutti si pongono rimane la solita: se l’Iran non accetta e decide di andare avanti con il suo programma nucleare, cosa faranno gli Stati Uniti?
Fino ad ora Antony Blinken non lo ha spiegato, anzi, non lo ha nemmeno accennato, ma credo che questo sia il punto saliente di tutto il discorso.
Gli iraniani torneranno indietro solo se percepiscono un pericolo veramente reale. Con Trump, sanzioni a parte, hanno potuto fare tutto quello che volevano, compreso attaccare una base americana, le infrastrutture petrolifere saudite e diverse navi nel Golfo. Lo hanno fatto perché sapevano che le minacce di Trump erano solo propaganda ad uso interno.
Ecco dove si chiede veramente il cambio di passo. Stop al populismo e via libera al realismo. Se si fa una minaccia deve essere seriamente credibile.
Bene dunque che i canali diplomatici tra Washington e Teheran siano aperti, ma questa volta la politica americana deve fare sul serio con l’Iran.
I militari iraniani sul Golan, i missili venduti a Hezbollah, il programma balistico e, infine, il programma nucleare dovrebbero essere sufficienti per considerare l’Iran una seria minaccia.
Si accarezzi pure il turbante degli Ayatollah, ma si sia pronti anche a dare qualche bella badilata se necessaria. Trump non lo ha fatto e ora siamo a questo punto. Vediamo cosa farà Biden.