Fa quasi sorridere il mondo che si indigna per la decisione di Erdogan di (ri)trasformare Santa Sofia in una moschea.
Era nell’ordine naturale delle cose che lo facesse. Non dovrebbe quindi sorprendere, specialmente chi segue da tempo l’iperbole islamista del califfo turco.
Piuttosto, dovrebbe sorprendere che la Turchia sia ancora nella NATO, che tratti ancora con Bruxelles per entrare in Europa, che gli venga riconosciuto un ruolo di primissimo piano in Libia e che senza battere ciglio si accetti che Ankara prenda il posto di ISIS sia in medio oriente che in Africa orientale.
Perché il vero problema non è certo Santa Sofia ma il fatto che Erdogan abbia preso il posto di Abu Bakr al-Baghdadi senza che nessuno proferisse parola, senza che nessuno (curdi a parte) combattesse contro l’invasione turca della Siria o contro il posizionamento in pianta stabile di militari turchi in Eritrea e in Somalia, primi passi di una “politica africana” a dir poco invasiva.
Per capire quanto assurdo sia il comportamento occidentale verso la Turchia, ha destato più indignazione la storia di Santa Sofia piuttosto che le stragi di curdi seguite all’invasione del Kurdistan siriano.
Ed è proprio quello che sperava Erdogan: concentrare l’attenzione sul suo “potere islamico”, sulla sua leadership sul mondo musulmano e in particolare su quello legato alla Fratellanza Musulmana.
Le indignazioni su Santa Sofia non hanno fatto altro che rafforzare la sua posizione di “nuovo califfo” di fronte ai milioni di delusi da ISIS,
E presto, c’è da giurarci, vedremo da parte di Erdogan nuove provocazioni, nuove “manifestazioni di potere”, nuove azioni volte a scatenare l’indignazione degli infedeli che così tanto piace ai delusi di Abu Bakr al-Baghdadi che vedono nel dittatore turco, finalmente, quel conquistatore in grado di sottomettere l’occidente, nel caso anche militarmente, ai suoi voleri.