Pelosi a Taiwan dimostra che le democrazie si difendono con le armi

Alla fine Nancy Pelosi è atterrata a Taiwan come promesso, andando contro tutte le apocalittiche minacce cinesi ma ben protetta da un apparato militare che Pechino sa benissimo di non poter sfidare.

È difficile classificare con precisione questo importantissimo episodio. È stato un azzardo o una prova di muscoli? È stato un modo per dimostrare – confermare che gli Stati Uniti difenderanno la democrazia in tutto il mondo, oppure è stata una sfida aperta a Pechino? Un vero e proprio schiaffo diplomatico e militare?

Un fatto per il momento è certo. Gli Stati Uniti non solo hanno dimostrato di non temere le minacce cinesi, ma hanno probabilmente ridimensionato quello che si pensava essere l’apparato bellico di Pechino che per quanto sia molto più all’avanguardia di quello russo, non è ancora in grado di misurarsi con quello degli USA o della NATO.

In molti pensano che la reazione “prudente” mostrata dalla Cina non sia altro che buon senso e non una dimostrazione di inferiorità.

Non sono d’accordo. Su Xi Jinping incombe il Congresso del Partito Comunista Cinese e immagino che non abbia dimostrato di potersi misurare alla pari con gli Stati Uniti. Se non avesse minacciato sfracelli militari forse avrebbe salvato la faccia, ma così è stato quasi umiliato.

Altri sostengono che adesso per ritorsione la Cina potrebbe aiutare militarmente la Russia. Anche in questo caso non sono d’accordo. La Cina non ha alcun interesse nel rinforzare militarmente la Russia, anzi, più la Russia è debole più sarà facile per Pechino attirarla nella sua orbita.

Ricapitolando, dopo la figuraccia della scomposta fuga dall’Afghanistan, in pochi mesi gli Stati Uniti hanno messo in riga la Russia aiutando militarmente l’Ucraina, hanno dimostrato di non aver nessun timore della Cina e, ciliegina sulla torta, hanno fatto fuori Ayman al-Zawahiri, cioè l’attuale capo di Al Qaeda nonché mente degli attacchi dell’11 settembre.

Anche l’episodio di ieri che ha visto protagonista Nancy Pelosi, è prima di tutto un messaggio fortissimo alla Cina in merito al fatto che gli USA non hanno paura del confronto militare né su Taiwan né su altro, ma è anche un messaggio sullo stesso tenore alla Russia, un messaggio chiaro sul fatto che non saranno farlocche le minacce di guerra nucleare a fermare gli Stati Uniti nel suo supporto a Kiev e nel suo obiettivo di ridimensionare la Russia di Putin.

«Dobbiamo sostenere Taiwan, che è un’isola di resilienza» ha detto la Pelosi rimarcando ancora una volta che, esattamente come in Ucraina, la lotta è tra le democrazie e le teocrazie. Non è una cosa banale, è la realtà dei fatti.

Ed è proprio su questo che il mondo è chiamato a prendere posizione. Con la fine della guerra fredda ci eravamo illusi che la democrazia potesse prevalere sulle teocrazie senza il supporto delle armi. Le primavere arabe, la Cina di Xi Jinping e la Russia di Putin ci hanno riportato drammaticamente con i piedi per terra.