Partirà nelle prossime settimane il progetto di riforma del Ministero degli Affari Esteri (MAE) e, a quanto pare, sarà qualcosa di veramente eccezionale considerando che il settore della diplomazia è quello che più difficilmente accetta mutamenti importanti.
Il progetto in se è buono e mira a rendere il MAE molto più snello e funzionale, diciamo più al servizio del “sistema Paese” con particolare attenzione, però, alla promozione di tutto ciò che è italiano nel mondo. Per fare questo verrà rispolverata la vecchia idea “dell’ambasciatore manager” il quale dovrà essere una sorta di rappresentante commerciale prima ancora che un rappresentante diplomatico. Per questo nel progetto di riforma del Ministero degli Esteri vi è coinvolto anche il Ministero dell’Economia. Quello che lascia un po’ titubanti è che ancora una volta il lato economico viene posto al di sopra del lato prettamente umano (in termini di Diritto) e umanitario.
Ma andiamo con calma. Il progetto di riforma prevede innanzi tutto la riduzione delle direzioni generali che passeranno dalle attuali 12 a alle 8 previste e suddivise per grandi temi, cioè: affari politici e sicurezza; mondializzazione e questioni globali; Unione Europea; cooperazione allo sviluppo; italiani all’estero e politiche migratorie; promozione del sistema Paese e aree amministrative. Fino qui tutto bene però, come detto prima, l’introduzione dell’ambasciatore manager fa presupporre che a essere privilegiate saranno le direzioni generali con temi economici-commerciali. Non vorremmo che per fare questo si penalizzi ancora una volta le direzioni generali di cooperazione allo sviluppo e quella per gli italiani all’estero.
Il problema è serio perché già oggi quelle due direzioni generali sono in assoluto le più penalizzate benché siano, a dispetto di tutto e di tutti, tra le più importanti in termini di Diritto. La cooperazione allo sviluppo da diversi anni vede tagliati continuamente i propri fondi quando invece la politica di sviluppo verso i paesi poveri è uno dei settori più importanti per qualsiasi politica estera che si rispetti, anche vista come prevenzione alla immigrazione. Per quanto riguarda poi la direzione generale per gli italiani all’estero, per capire la sua attuale situazione è sufficiente leggere il rapporto redatto da Secondo Protocollo lo scorso 17 agosto sulla situazione di assistenza fornita agli italiani in difficoltà (per vari motivi) all’estero dalle ambasciate e dai consolati (scarica il rapporto – PDF), per rendersi conto che la situazione di assistenza e di fruizione dei Diritti dei nostri connazionali all’estero è davvero drammatica. Ulteriori tagli a questi due settori a favore dei settori commerciali o a quelli della promozione dell’italianità nel mondo, sarebbero davvero uno schiaffo al Diritto.
Comprendiamo, lo abbiamo sempre fatto, che i fondi a disposizione della Farnesina non sono adeguati rispetto al ruolo che deve ricoprire, però evitiamo di sperperare fondi in improbabili musei, convegni e manifestazioni per promuovere l’italianità nel mondo quando la migliore promozione che si possa fare di un popolo è quella della difesa dei suoi Diritti, anche e soprattutto all’estero.
Ben venga quindi la riforma del Ministero degli Affari Esteri, ma che sia una riforma indirizzata a fornire al “sistema Paese” una maggiore fruizione del Diritto, a evidenziare l’Italia come uno dei Paesi che fanno maggiore cooperazione allo sviluppo e non, come ci pare di capire, una riforma indirizzata a promuovere unicamente il commercio estero con benefici solo per quelle aziende che vivono di esportazione. Per quelle c’è già l’Istituto per il Commercio Estero (ICE), una struttura adeguata e più che sufficiente. Non serve mettere a loro disposizione anche le ambasciate e i consolati (cosa che per altro già avviene).
La riduzione delle direzioni generali in teoria dovrebbe permettere un considerevole risparmio sul bilancio complessivo del MAE. Vediamo di usare bene quelle risorse e di indirizzarle verso i Diritti degli italiani. Non c’è migliore pubblicità per un paese moderno. Per adesso tutti ci sfottono e non ci tengono nella minima considerazione proprio perché nel settore della difesa dei Diritti siamo carenti (per non dire inesistenti). Che pubblicità facciamo al sistema Paese se non curiamo i Diritti dei nostri connazionali? Ci pensino i tecnici del Ministero, ci pensino bene a quale immagine vogliono dare dell’Italia, se quella attuale dove veniamo considerati uno zero assoluto oppure vogliono dare una immagine di un Paese moderno che prima di tutto pensa ai Diritti dei suoi cittadini. L’opportunità per cambiare le cose è ghiotta. Vediamo di non farcela sfuggire.
Articolo scritto da Franco Londei