È la Fratellanza Musulmana ad essere schierata compattamente contro il piano di pace americano per il Medio Oriente, non il modo arabo come riportato da alcuni media.
Ieri i Fratelli Musulmani hanno organizzato proteste in Giudea e Samaria, a Gaza, in Giordania e in Turchia, cioè in tutte quelle aree del Medio Oriente dove ancora possono contare qualcosa.
Non ci sono state invece proteste degne di nota in altri Paesi musulmani, nella maggioranza dei casi stanchi di fare da bancomat per i palestinesi.
Questo nonostante la “chiamata alle armi” di importanti leader islamici come il turco Erdogan, i leader iraniani, i capi di Hamas e della Autorità Palestinese.
In Giudea e Samaria centinaia di palestinesi si sono scontrati con l’esercito israeliano, ma rispetto ai timori israeliani espressi nei giorni scorsi, le manifestazioni sono state decisamente inferiori alle aspettative di chi le aveva fomentate.
Negli scontri sono rimasti leggermente feriti 48 palestinesi (fonte Palestine Red Crescent Society) e un solo militare israeliano.
La preghiera del venerdì presso la Moschea Al-Aqsa sul Monte del Tempio, alla quale hanno partecipato circa 30.000 palestinesi, si è svolta senza incidenti o manifestazioni.
In Giordania invece la manifestazione organizzata dalla Fratellanza Musulmana ha avuto un discreto successo con alcune migliaia di persone scese in piazza subito dopo la preghiera del venerdì.
Stesso scenario in Turchia, dove però la partecipazione è stata più massiccia anche perché il dittatore turco, Recep Tayyip Erdogan, si è auto-nominato leader della Fratellanza Musulmana.
Per il resto del mondo islamico non si segnalano manifestazioni degne di nota o addirittura proprio non ci sono state nonostante le numerose “chiamate alle armi”.
È un buon segno, significa che finalmente gli arabi iniziano a capire da che parte stare e conferma quanto emerso in un sondaggio dello scorso dicembre nel quale si evidenziava come il mondo arabo non voglia più essere governato da teocrazie basate sulla legge islamica.