AIDS: fatti non pugnette

Io odio le giornate mondiali dedicate a qualcosa. Le giornate mondiali della donna, quelle per la discriminazione razziale, quelle per la salvaguardia della lingua madre, quelle dell’acqua e persino quelle per la meteorologia. A parte quelle sciocche (ce ne sono davvero di ogni tipo) se prendiamo quelle che affrontano un tema serio sono davvero poche e anche in quel caso l’ipocrisia regna sovrana.

Ipocrisia, è questa la parola chiave. Prendiamo la giornata mondiale per l’AIDS appena trascorsa, ci vorrebbe davvero una giornata mondiale per ricordare questo flagello? Non è un esempio di ipocrisia ricordarsi dell’AIDS e dei milioni di morti che miete una sola volta l’anno? E tutti gli altri 364 giorni? Che ne facciamo dei problemi che le persone affette da HIV devono affrontare tutti i giorni specie in Africa? Che ne facciamo di quei 364 giorni nei quali i malati di AIDS non possono avere accesso ai farmaci retrovirali solo perché le case farmaceutiche non vogliono perdere il business milionario e non permettono di produrre i farmaci generici appellandosi ai brevetti? Che ne facciamo di quei 364 giorni nei quali la Chiesa Cattolica porta avanti una criminale campagna contro i preservativi che invece potrebbero salvare milioni di persone?

Poi, improvvisamente, un giorno all’anno ci ricordiamo che nel mondo ci sono milioni di malati di HIV e che le mamme in Africa trasmettono il virus ai figli perché non hanno accesso ai farmaci retrovirali. Quel giorno ci ricordiamo che usare il preservativo è un atto d’amore verso l’altro e non un peccato mortale. Quel giorno ci ricordiamo che c’è una ricerca che nell’ultimo decennio ha fatto passi da gigante nello studio di una cura ma che milioni di persone non hanno alcuna possibilità di salvarsi perché sono troppo poveri per avervi accesso.

E … ed è questo il bello, all’alba del giorno dopo ci dimentichiamo completamente di tutto quello che avevamo pensato il giorno prima, di quella indignazione che avevamo mostrato in tanti modi, su Facebook, su Twitter, andando a prendere immagini strappalacrime e pubblicandole sul nostro “wall” con tanto di commenti scandalizzati. Tutto torna normale e, almeno fino al prossimo anno, ci dimentichiamo di quei milioni di esseri umani che ogni giorno devono combattere con la malattia. 364 giorni di vuoto totale su questo immane flagello, 364 giorni nei quali le case farmaceutiche tornano a fare imperterrite i loro sporchi affari condannando a morte centinaia di migliaia di persone, la Chiesa torna a demonizzare il preservativo e le mamme ad infettare  propri figli. Come non chiamarla ipocrisia?

La colpa di tutto questo è anche di noi che facciamo parte della cosiddetta “società civile”, di noi che siamo impegnati nella difesa del Diritto. Siamo noi i primi a dimenticarci di quelle persone, siamo noi che permettiamo alla Chiesa di portare avanti quella indecente campagna contro l’uso dei preservativi, noi permettiamo alle case farmaceutiche di dettare legge senza fare un fiato.  Siamo noi i primi a dover fare autocritica, noi i primi a dover fare qualcosa di serio per uscire da questa assurda ipocrisia.

E allora è ora di muoverci, di non pensare solo alla ricerca ma anche a quelle centinaia di migliaia di persone infette che non possono avere accesso ai farmaci e che non vedranno mai i frutti del lavoro dei ricercatori. E’ giusto pensare alla ricerca (l’ho già detto nel caso della Sclerosi Multipla) ma è altrettanto giusto pensare a chi è affetto dalla malattia e a chi lo potrebbe essere. Dobbiamo dare appoggio alle tante ONG che curano e sostengono questi malati e non è detta che per farlo si debba inviare denaro, lo possiamo fare anche denunciando la criminale campagna della Chiesa Cattolica contro l’uso del preservativo oppure sensibilizzando l’opinione pubblica sul problema dei farmaci retrovirali e delle case farmaceutiche che ai soli fini di lucro interdicono milioni di persone alloro accesso. Però non possiamo più stare a guardare 364 giorni l’anno e indignarci per un giorno. Fatti non pugnette.