I proclami arrivati ieri dal Presidente sudanese, Omar al-Bashir, sulla fine della guerra in Darfur rispecchiano quelli che fece qualche mese fa il comandante dei caschi blu dell’Onu quando affermò la stessa cosa salvo poi doversi precipitosamente rimangiarsi tutto.
L’accordo tra il Justice and Equality Movement (JEM) e Khartoum è senza dubbio un passo avanti sulla strada della pace in Darfur, ma non è “la pace”. Ancora bisogna fare i conti con il Sudan Liberation Movement di Abdel Wahid Al Nur che non ha firmato l’accordo preliminare e che anzi lo ha definito “una semplice spartizione del potere tra il JEM e Khartoum che non cambia niente per i Fur”. Certamente il JEM è il gruppo ribelle meglio armato e forse più pericoloso per il Governo sudanese, gente che qualche mese fa è stata in grado di arrivare a pochi chilometri da Khartoum, ma è certamente il gruppo meno rappresentativo della popolazione del Darfur in quanto rappresenta l’etnia araba e non quella Fur.
Non è un caso che il JEM si consideri da sempre vicino alle posizioni islamiste di Hassan Al Turabi, l’ex mentore di Bashir, amico fraterno di Osama Bin Laden e fautore di un Sudan islamico al 100%. Queste posizioni estremiste lo hanno portato diverse volte in prigione negli ultimi anni in quanto in contrasto con la politica (teoricamente) più moderata del Presidente sudanese. Hassan Al Turabi è da sempre fermo oppositore alla secessione del Sud Sudan cristiano dal Nord Sudan musulmano. Quando nel 2005 venne firmata la pace tra Sudan Meridionale e Sudan che mise fine a una guerra durata 22 anni, Turabi fu fortemente critico verso Al Bashir, tanto che finì per l’ennesima volta in prigione. La rivincita se l’è presa proprio con il trattato tra il JEM e Khartoum perché le clausole contenute in quel trattato, che tutti sembrano far finta di non vedere, prevedono una alleanza tra il JEM e il National Congress Party (NCP), cioè il partito del Presidente, proprio per impedire la secessione del Sud Sudan.
Insomma, alla fine Hassan Al Turabi, a distanza da cinque anni, sembra aver raggiunto attraverso altre vie i suoi obbiettivi. Ha ottenuto un alleanza di stampo islamico tra il JEM e il NCP, ha probabilmente messo una pietra tombale sul processo di secessione del Sud Sudan e infine è riuscito a mettere in difficoltà il Presidente Bashir portandolo ad accettare la scomoda alleanza con il JEM alle loro condizioni.
E’ chiaro che a questo punto, ammesso e non concesso che si chiuda il fronte del Darfur (c’è sempre il SLM da convincere) se ne apre, anzi, se ne riapre un altro ben più pericoloso, cioè quello del Sudan Meridionale. Ancora da Juba non sono arrivate le reazioni al trattato di pace tra JEM e Khartoum, ma la tensione è palpabile. Nelle prossime ore potremo capire meglio come evolverà la questione, ma ci si permetta di essere molto pessimisti.