Le indagini per crimini di guerra contro Israele andrebbero prese con molta più cautela e serietà di quanto in certi ambienti filo-israeliani si stia facendo.
Ieri in una chat privata si stava discutendo della sparata di Nitzan Horowitz, Presidente del partito di sinistra Meretz, il quale in pratica giustificava e riteneva legittima l’indagine contro Israele avviata dalla Corte Penale Internazionale.
Horowitz ce l’aveva in particolare con gli insediamenti, ormai un pallino fisso della sinistra israeliana, ma che sotto certi aspetti sono effettivamente l’unico serio appiglio che ha il Tribunale Internazionale per attaccare lo Stato Ebraico (l’operazione Margine Protettivo era palesemente una operazione difensiva).
Nelle discussioni di ieri vedevo troppa supponenza e troppa “prepotenza” sulla questione degli insediamenti.
Prima di tutto si fa confusione tra insediamenti già esistenti e insediamenti a venire.
Il fatto che vi siano insediamenti in predicato di essere annessi a Israele non significa che gli insediamenti in predicato di essere costruiti siano (o saranno) legittimi.
Se si ragiona così tanto vale espellere tutti gli arabi dalla Giudea e Samaria e occupare seriamente e ufficialmente quelle aree. L’alternativa sarebbe annettere anche gli arabi.
Insomma, non esiste un Diritto divino che permetta di costruire insediamenti israeliani come se niente fosse, al contrario, esiste un Diritto internazionale che lo vieta, almeno su determinate aree, comprese le zone contese.
Su questo argomento la Corte Penale Internazionale ha molte frecce al proprio arco e di certo non aiuta la supponenza dei difensori senza se e senza ma degli insediamenti ancora da costruire. E sottolineo “ancora da costruire”.
È vero, il Tribunale Internazionale sta agendo sugli insediamenti già costruiti, insediamenti che Israele ha il dovere di difendere con qualsiasi mezzo. Ma sostenere l’idea che vi sia un qualche Diritto a costruirne di nuovi è come gettare benzina sul fuoco e non aiuta la causa di Israele di fronte al Tribunale dell’Aia.
E si perché, anche se Israele non ha mai accettato di sottoporsi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale, non significa che non possa subire conseguenze da un eventuale condanna.
Cosa succederebbe, per esempio, se il Tribunale emettesse un mandato di cattura internazionale per Netanyahu o per qualche ufficiale dell’IDF? C’è infatti anche l’operazione Margine Protettivo nella lista di accuse che la Corte Penale Internazionale rivolge a Israele. Decine di ufficiali dell’IDF messi sotto accusa dal Procuratore Fatou Bensouda.
Non è il caso, quindi, di ignorare semplicemente le accuse della Corte Penale Internazionale semplicemente perché Israele non è soggetto alla sua giurisdizione. Anzi, sarebbe bene studiare una meticolosa linea di difesa, soprattutto perché Israele non ha nulla da nascondere e ha ragioni da vendere.
Ma passare dall’avere ragioni da vendere al giustificare nuovi insediamenti in aree contese (e anche oltre) ce ne passa.
Si eviti quindi di sminuire le accuse del Tribunale Internazionale o addirittura di giustificare prepotentemente violazioni del Diritto Internazionale senza pensare al prezzo da pagare.
Perché il prezzo da pagare c’è, che sia un pesante isolamento internazionale o l’annessione delle popolazioni arabe, costruire nuovi insediamenti costerà molto caro.