Sulla gestione della crisi con Hamas, Netanyahu e Lieberman sono sotto un fuoco di fila incrociato di critiche che non arrivano solo dalle opposizioni ma anche dallo stesso schieramento di Governo. Ieri il Ministro della Difesa, Avidgor Lieberman, ha dovuto “alzare la voce” sottolineando che «le politiche del governo non possono essere condizionate dalle reazioni impazienti del pubblico».
Questa mattina una durissima critica alla politica del Governo israeliano nei confronti di Hamas arriva anche dall’analista Yossi Yehushua che sul quotidiano Yedioth Ahronoth sostiene che la deterrenza contro Hamas è finita e che «Hamas ha introdotto una nuova equazione» secondo la quale «a fuoco si risponde con il fuoco», il tutto senza che l’IDF (a detta sua) sia in grado di contrastarla nel modo dovuto, cioè con estrema decisione.
Insomma, in molti vorrebbero che Israele rispondesse ad Hamas con più decisione fino addirittura ad un intervento di terra nella Striscia di Gaza.
Perché il Governo tentenna?
Il problema principale che oggi si trova ad affrontare il Governo israeliano è però la situazione sul fronte nord dove proprio in queste ore è in corso una offensiva dell’esercito siriano appoggiato da Hezbollah e dalle altre milizie sciite al soldo di Teheran che mira a riprendere il controllo dell’area di Daraa, cioè di una zona pericolosamente vicina al confine con Israele, una offensiva che sta spingendo migliaia di siriani a spostarsi in prossimità del confine con lo Stato Ebraico, ritenuto la zona più sicura dove rifugiarsi.
Per semplificare al massimo, l’offensiva in quell’area è potenzialmente esplosiva perché potrebbe portare gli Hezbollah e i militari iraniani a posizionarsi a ridosso della parte meridionale delle Alture del Golan aprendo di fatto un secondo fronte sul fronte nord dopo quello aperto già da tempo nell’area di Quneitra. E’ una situazione delicatissima e molto volatile che necessita della massima attenzione di ogni apparato del Governo israeliano, dall’esercito fino alla intelligence.
E’ logico quindi che prima di togliere risorse dal fronte nord per destinarle ad un eventuale fronte sud dove il nemico è Hamas, decisamente meno pericoloso degli iraniani e di Hezbollah, il Governo israeliano ci rifletta attentamente. Da qui deriva il “tentennamento” di Gerusalemme ad aprire un fronte sud con Hamas, da niente altro. Non si tratta quindi di un indebolimento della politica israeliana verso Hamas come afferma Yossi Yehushua su Yedioth Ahronoth, ma è la semplice constatazione che ci sono delle priorità che il Governo israeliano non può non considerare.
Ma qualcosa contro Hamas bisogna pur farla
Tuttavia è chiaramente impensabile lasciare che Hamas faccia quello che vuole senza subirne le conseguenze. Il problema è fare in modo che una eventuale reazione israeliana agli attacchi di Hamas sia abbastanza forte ma non così tanto da scatenare un vero conflitto, non al momento almeno, non fino a quando le questioni sul fronte nord non saranno chiare. E non è affatto una cosa semplice da fare. «Gli israeliani sono impazienti. Vogliamo tutto immediatamente – “guerra ora”, “vittoria militare ora” – Ma le politiche di sicurezza serie e responsabili non possono essere una risposta alle pressioni dei media o del pubblico» diceva ieri Lieberman. E il Ministro della Difesa israeliano ha ragioni da vendere. Non si aprono due fronti di guerra con leggerezza specie se questo è proprio quello che vogliono gli iraniani.
Una reazione agli attacchi di Hamas ci sarà, ma non sarà quella che vorrebbero i fautori della guerra di terra nella Striscia di Gaza o addirittura della ri-occupazione di Gaza. E’ un vantaggio che Israele non si può permettere di dare agli iraniani.