Da quando mi hanno diagnosticato la Sclerosi Multipla, ormai un ventennio fa, non sono più potuto tornare in Africa, ma già in quell’epoca la mia organizzazione avvisava della quasi certezza che nel giro di pochi anni ci sarebbe stata una migrazione di massa dall’Africa verso l’Europa.
Quasi tutti i progetti di sviluppo, compreso i nostri, prevedevano un capitolo dedicato alla prevenzione delle partenze creando le condizioni ottimali affinché i giovani africani non prendessero la via dell’emigrazione, quantomeno non in massa.
L’errore di valutazione
Le fosche previsioni per quanto riguarda le migrazioni di massa si sono purtroppo rivelate giuste ma non nell’identikit del migrante. Noi (tutti) prevedevamo uno spostamento di grandi masse di persone a causa di conflitti, di povertà e, già all’epoca, a causa dei cambiamenti climatici. Sbagliavamo.
Nei primi anni 2000 c’erano diversi grandi conflitti in Africa. Tra questi quelli sicuramente degni di nota per la quantità di profughi che provocavano c’erano quello del Darfur, quello del Sud Sudan, quello del Nord Uganda e quello eterno della Somalia.
Poi c’era tutto un microcosmo di conflitti regionali, non meno importanti in termini di profughi interni, basti pensare a quello in RD Congo, ma di meno impatto. Ebbene, da questi conflitti abbiamo visto lo spostamento di pochissime persone. Piuttosto, milioni e milioni di profughi rigorosamente interni. Al limite potevano arrivare in qualche campo a poche centinaia di chilometri all’interno di uno stato limitrofo, ma non troppo lontani da non poter rientrare.
Parliamo di profughi del Darfur rifugiati momentaneamente in Chad, di quelli del Sud Sudan in Uganda, di quelli somali in Etiopia o in Kenya. Addirittura quelli ugandesi (tra i tre e i sei milioni, a seconda del momento) tutti interni.
Perché racconto tutto questo? Perché vorrei far notare a chi legge che molto difficilmente i profughi di guerra hanno i mezzi economici, materiali e persino di salute per intraprendere il viaggio verso il nord, verso l’Europa.
Molto banalmente, non se lo possono permettere e sono pochissimi coloro che hanno parenti in Europa che possono pagare il lungo viaggio verso il Mediterraneo.
Negli anni successivi, quando tutti i favorevoli all’accoglienza indiscriminata gridavano ai “profughi di guerra” e dicevano che i migranti fuggivano dalla guerra, in realtà erano ben pochi quelli che realmente venivano da zone di conflitto, parliamo di poche migliaia. Ma il solo dire di provenire, per esempio, dalla Somalia, dava loro diritto ad essere considerato un rifugiato e non un migrante, con tutto quello che ne conseguiva. Se poi era un etiope nessuno lo poteva dimostrare. Così avevamo profughi del Darfur che invece venivano già allora dall’Africa sub-Sahariana, profughi somali che in realtà erano etiopi o eritrei e così via.
La cruda verità è che sono pochissimi coloro che da una zona di guerra si possono permettere di intraprendere un viaggio come quello che porta in Europa. Percentualmente sono irrilevanti. Era così due decenni fa ed è così oggi.
Allora chi sono quelli che stanno migrando in massa verso l’Europa? Partendo dal fatto che di grandi conflitti africani non ce ne sono praticamente più. Ci sono dittature, califfati islamici, paesi dove i Diritti Umani vengono calpestati, ma confitti in grado di creare milioni di profughi non ce ne sono, da dove vengono allora i cosiddetti “profughi”? E come fanno molti di loro ad essere “minori non accompagnati”?
Per quanto riguarda la loro provenienza si tratta per la maggior parte di migranti economici proveniente dall’Africa sub-Sahariana, maschi adulti e in buona salute abbastanza benestanti da potersi permettere il “lusso” di pagare l’attraversamento del Sahara (dove ne muoiono più che in mare). Molti di loro, quindi, non fuggono nemmeno dalla povertà. L’Africa sta crescendo a ritmi superiori a quelli europei e la migrazione interna, specie nei paesi a sud dell’Equatore, è ancora di gran lunga la più praticata.
Come fanno in molti ad essere minori non accompagnati? Esattamente come facevano gli etiopi ad essere somali o quelli del Mali ad essere profughi dal Darfur. Basta la parola. E non è possibile controllare immediatamente (spesso ci vogliono mesi o anni, ammesso di riuscire). Nel frattempo spariscono inghiottiti dal nulla.
Ci sono effettivamente ragazzini o addirittura bambini tra tutti questi “minori non accompagnati”? Si, ce ne sono, ma spesso sono proprio quelli in grado di dare il nome di un parente di riferimento in Europa che se ne faccia carico. Di seguito chiedono il ricongiungimento familiare e così anche i loro genitori possono venire in occidente. Non di rado vengono fatti partire proprio per questo.
E cosa dire delle donne incinta così disperate da prendere il mare o delle madri che salgono sui barchini con figli neonati o piccolissimi? È davvero la disperazione a spingerle in questa avventura non di rado mortale?
Nella maggioranza dei casi non sono partire incinta e meno che meno con figli piccolissimi al seguito. Molte di loro sono state violentate durante il viaggio o nei lager del Nord-Africa e forse sono le uniche che davvero meritano di essere accolte senza tante storie. Ma anche in questo caso raramente (quasi mai) vengono da zone di guerra.
I pericoli connessi
Il Covid prima e la guerra in Ucraina poi ci hanno fatto dimenticare altri pericoli non meno mortali. Tra questi vi è l’estremismo islamico che proprio nell’Africa sub-sahariana trova terreno fertile. Con un afflusso di migranti maschi, giovani e in maggioranza musulmani, di questa portata non è purtroppo possibile controllare la loro effettiva provenienza né chi ha pagato il loro viaggio. Secondo una ricerca condotta da Rights Reporter qualche anno fa, l’integralismo islamico sunnita è ben introdotto nelle società dell’Africa occidentale e finanzia il viaggio (sicuro) di loro singoli adepti con compiti specifici (più organizzativi che terroristici veri e propri) mentre nelle moschee invita i giovani a emigrare e a portare i valori dell’Islam in occidente. La Fratellanza Musulmana paga molto spesso il viaggio di giovani africani con fondi provenienti da Qatar e Turchia.
Ma l’immigrazione irregolare non fornisce solamente “carne fresca” allo Jihadismo, anche il mondo criminale, da quello organizzato a quello di strada, ne trae giovamento. Buona parte degli immigrati clandestini non riuscirà infatti a mettersi in regola quindi per sopravvivere o lavorerà in nero oppure finirà per delinquere.
Le possibili soluzioni
Prima di tutto velocità nello stabilire chi ha diritto di asilo e chi no. Non ci possono volere anni. Chi ne ha diritto rimane, gli altri vanno espulsi fisicamente attraverso accordi con i paesi di provenienza.
In attesa di espulsione si potrebbe usare il metodo australiano del “regime di permanenza obbligatoria”, ossia, la detenzione per un periodo indefinito fino all’espulsione, almeno per i soggetti giudicati “pericolosi”.
Non possiamo più permettere che passi il messaggio che una volta arrivati in Italia si fa quello che si vuole. È un incentivo alle partenze.
I costi devono essere a carico dell’Unione Europea perché l’Italia è il confine dell’Europa.
Secondo la legge australiana, una persona viene trattenuta in detenzione per immigrazione fino a quando non le viene concesso un visto valido, o fino a quando non lascia il paese, a seconda della circostanza che si verifica prima. Questo significa che una persona può essere trattenuta in detenzione a tempo indeterminato, a meno che non le venga concesso un visto, che scelga di lasciare il paese o che l’Australia trovi un altro paese in cui possa andare. Noi dobbiamo fare la stessa cosa, almeno con quelli pericolosi per la società.
A tutto questo vanno abbinati accordi con la Libia e con la Tunisia affinché si riesca a farne partire il meno possibile. Oggi le notizie viaggiano velocemente anche in Africa. Sarebbe un deterrente importantissimo per coloro che ancora non sono partiti da casa loro.
Fare tutto questo è smetterla di essere ipocriti sulla questione dei migranti significa anche e soprattutto togliere legna dal fuoco di gente come Salvini che non ha altre frecce al proprio arco.