Sconfiggere la fame in Africa con la micro-agricoltura

Lo devo ammettere, non amo particolarmente i grossi papaveri delle agenzie delle Nazioni Unite, anzi, molto spesso li detesto proprio. Però,come in tutte le cose, c’è una eccezione che conferma la regola. Questa eccezione si chiama Kanayo Nwanze ed è il Presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD).

Il dott. Kanayo Nwanze, oltre ad essere una splendida persona ed un avvocato per i Diritti Umani di prima grandezza, ha le idee molto chiare su come sconfiggere la fame in Africa: trasformare la micro-agricoltura in un vero e proprio business.

Tra mille difficoltà questo coriaceo avvocato porta avanti la sua battaglia da molti anni combattendo con i più grossi e temibili squali del mondo, i banchieri di World Bank e del Fondo Monetario Internazionale, oltre che con una ventina di suoi colleghi contrari alle sue idee. Nonostante questo in pochi anni è riuscito a implementare programmi e progetti di micro-agricoltura in 90 Paesi di tutto il mondo distribuendo risorse e finanziamenti per 12,5 miliardi di dollari ottenendo risultati davvero eccezionali. Ora vuole concentrare questa tecnica, molto redditizia in termini di riduzione della povertà, soprattutto in Africa dove il tasso di povertà è altissimo nonostante le risorse di cui dispone il continente africano e, soprattutto, nonostante le sue potenzialità agricole.

Ma di cosa si parla in sostanza?  Le esperienze dell’IFAD in tanti Paesi in via di sviluppo, dicono che nel momento in cui si danno le giuste risorse per implementare un piccolo business  ai contadini e alle piccole aziende agricole, queste contribuiscono in maniera significativa a ridurre il tasso di povertà delle aree in cui operano. Questo non solo perché producono cibo a basso costo abbattendo il numero degli affamati, ma anche perché impiegano manovalanza locale contribuendo così a ridurre anche il tasso di disoccupazione. E’ chiaro, si parla di piccoli numeri che non sono niente rispetto ai valori del grosso business che vorrebbero World Bank e Fondo Monetario Internazionale, ma tanti piccoli numeri messi insieme fanno un grosso numero. Il Dott. Kanayo Nwanze vuole fare questo in Africa e lo vuole fare a livello intensivo combattendo anche quel fenomeno chiamato “land grabbing” che consiste nel cedere vasti appezzamenti di terra a stati stranieri che li usano per produrre alimenti su larga scala da importare direttamente e senza alcun benefico per la popolazione locale (è una descrizione riduttiva, lo so, ma troverete tutto spiegato nel link sopra).

Il ragionamento del Dott. Kanayo Nwanze è semplicissimo: nelle comunità rurali dove l’agricoltura è la prima fonte di reddito e di sussistenza, bisogna creare le condizioni per aumentare la produttività e garantire ai contadini le giuste infrastrutture (soprattutto strade, sistemi di stoccaggio della merce e sistemi di irrigazione) per poter commercializzare i propri prodotti. Sembra una stupidaggine, ma molti allevatori africani non possono commercializzare le proprie carni perché non hanno celle frigorifere dove conservarle. Spesso non possono nemmeno portarle nel mercato del villaggio vicino perché non ci sono strade. La stessa cosa vale anche per i prodotti agricoli.

Certo, il discorso è un tantino più complicato di come l’ho riduttivamente spiegato in queste poche righe, ma spero di avervi dato una infarinata di cosa intende fare nei prossimi anni Kanayo Nwanze. Magari affronteremo l’argomento in maniera più approfondita in qualche altro articolo. Parleremo dei sistemi di micro-finanza aggregati a questo progetto, delle difficoltà che fanno i grandi istituti finanziari mondiali, di come vi sia il problema dell’acqua anche dove di acqua ce n’è in abbondanza ecc. ecc. Per adesso l’importante è sapere che lassù (alle Nazioni Unite) qualcuno che la pensa nel giusto modo c’è. E non è poco.

Posted by Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia