La fine dell’anno è sempre il momento buono per fare il punto della situazione sulle proprie attività. Secondo Protocollo segue diversi settori nel campo della difesa dei Diritti Umani. Uno dei più importanti è senza dubbio quello dei cittadini italiani in carcere o in difficoltà all’estero. Partiremo proprio da questo, mentre i prossimi giorni faremo il punto sui settori Africa, Medio Oriente e sulle iniziative globali.
Sin dalla sua nascita Secondo Protocollo si è specializzata nell’assistenza ai detenuti italiani all’estero e ai cittadini italiani che, per varie ragioni, vengono a trovarsi in difficoltà all’estero, cioè che non sono necessariamente detenuti ma che si trovano in situazioni di pericolo o sono vittime di gravi violazioni dei loro Diritti. Nel fare questo Secondo Protocollo lavora a stretto contatto con il Ministero degli Affari Esteri, con le ambasciate e con i consolati italiani.
Nello scorso anno solare, il 2009, Secondo Protocollo ha seguito complessivamente 187 casi di cittadini italiani detenuti all’estero. Di questi la maggior parte sono stati giudicati in via definitiva e pertanto devono scontare la propria pena. In 71 casi abbiamo ottenuto per il cittadino italiano giudicato in via definitiva, il trasferimento in un carcere italiano, cioè la possibilità di scontare la propria pena in Italia. Questo grazie ad un accordo tra diversi Stati (ma non tutti) chiamato “Protocollo di Strasburgo”. La procedura non è semplice e va implementata in collaborazione con il Ministero della Giustizia (non quindi quello degli Esteri) che è competente in materia. E’ chiaro che, per arrivare al trasferimento e per mettere insieme tutti i documenti necessari, è essenziale anche una completa collaborazione dei consolati locali, cioè la diramazione delle istituzioni italiane sul posto.
In 9 casi abbiamo ottenuto il rilascio e il contestuale rientro del connazionale in Italia. La cosa non è semplicissima da ottenere in quanto ci è impossibile interferire con la legislazione di uno Stato terzo e quindi in molti casi è necessario lavorare in collaborazione con avvocati locali allo scopo di smontare le accuse mosse al connazionale rispettando tuttavia la legislazione locale che non sempre è garantista a livello di Diritti Umani e Civili. I casi più difficili sono quelli nei quali il connazionale è vittima di un tentativo di estorsione da parte della polizia locale e persino delle istituzioni del posto. La cosa è resa ancora più complessa proprio dal fatto che sia a noi che al Ministero degli Affari Esteri ci è impedito di interferire con la legislazione di uno stato terzo, per cui l’unica alternativa è proprio quella di smontare pezzo per pezzo le accuse. Non sempre riesce. Infatti attualmente sono 19 i cittadini italiani vittime di palesi abusi giudiziari ancora in carcere all’estero o impossibilitati a rientrare. Tra questi i più complessi ed eclatanti sono quelli di Gaetano Sparti negli Emirati Arabi Uniti, di Fernando Nardini in Thailandia e di V.E. (il nome completo per il momento rimane oscurato) in India, tutte persone chiaramente vittima di abusi giudiziari (e non solo) per i quali è necessario un vero e proprio lavoro di intelligence mirato a demolire le false accuse o ad evidenziare gli abusi di cui sono vittime, il tutto nel rispetto delle leggi locali. Di altri casi, sempre molto complessi, non possiamo parlarne per volere delle famiglie e nel rispetto della privacy. Due di questi casi sono stati portati di fronte alla Corte Europea e uno andrà il prossimo 14 gennaio di fronte alla Corte dei Diritti Umani dell’Onu.
In moltissimi casi, dove non è possibile applicare il trasferimento del detenuto in base al Protocollo di Strasburgo e dove la colpevolezza è conclamata o la sentenza è definitiva, abbiamo ottenuto miglioramenti significativi della vita carceraria del detenuto, visite mediche e cure per le malattie di cui spesso sono afflitti i detenuti specie in determinati Paesi dove la detenzione è molto dura.
Dei 187 casi trattati nel 2009 molti ce ne porteremo anche nel 2010 in quanto ancora non abbiamo ottenuto quello che volevamo o la situazione non è ancora completamente chiara (alcuni sono stati presi in carico solo negli ultimi mesi).
Uno specifico ramo di questo settore riguarda l’attività volta a migliorare i servizi dati dalle istituzioni ai cittadini italiani all’estero. In particolare ci riferiamo al miglioramento dell’assistenza fornito dalla rete consolare ai cittadini italiani che si vengono a trovare in difficoltà all’estero, ai contributi per le spese legali che spesso sono completamente a carico delle famiglie, ad un sistema per la tempestiva notifica di un fermo e al miglioramento della legislazione nazionale in materia. Per fare questo è naturalmente necessario l’appoggio politico e la volontà da parte della politica italiana di affrontare seriamente un problema che coinvolge circa 3.000 famiglie italiane (anche se i numeri sono molto fluttuanti).
Un particolare ringraziamento va al Ministero degli Affari Esteri e all’ufficio IV della Direzione Generale per gli italiani All’Estero e le Politiche Migratorie diretto dalla Consigliere Marilina Armellin per il costante supporto che detto ufficio ci da, nonostante i pochissimi mezzi a loro disposizione, anche in casi veramente complessi. La speranza è che le obiezioni fatte su alcuni punti fondamentali nel nostro rapporto dello scorso mese di agosto (che trovate in coda), vengano presto accolte e superate da chi è delegato a farlo (la politica).
Secondo Protocollo
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