Da un califfato talebano a un califfato ottomano. Sembra essere questo il futuro della Somalia, almeno stando da quello che è emerso dalla conferenza sulla Somalia tenutasi la scorsa settimana a Istanbul, in Turchia, e alla quale hanno preso parte 54 Paesi e il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-Moon.
Lo scopo dichiarato della conferenza sulla Somalia era “individuare un percorso verso un futuro migliore e democratico” per un Paese che è realmente in guerra da oltre 20 anni che è stato devastato prima da lotte intestine tra i “signori della guerra” e poi militarmente occupato dagli al-Shabab, milizie islamiche legate ad Al Qaeda, che lo hanno ridotto ad uno zombie.
Lo scopo era senza dubbio nobile e anche la partecipazione massiccia alla conferenza faceva pensare che finalmente per la Somalia si potesse pensare di risolvere definitivamente il problema. Invece non sarà così nemmeno questa volta e se il problema degli al-Shabab potrebbe essere risolto a breve grazie all’intervento militare di Etiopia e Kenya, di certo non sarà così per tutto il resto, cioè, magari in Somalia le cose miglioreranno ma i somali saranno sempre sotto un califfato che al posto di essere talebano sarà ottomano. La democrazia come miraggio.
Perché diciamo questo? Perché alla conferenza di Istanbul è emerso che di 54 Paesi donatori a ben pochi interessa realmente il futuro della Somalia, mentre Ban Ki-Monn ha fatto l’unica cosa che sa fare, chiedere soldi a fondo perduto. Gli unici veramente interessati sono i turchi che, oltretutto, sono ben radicati nel territorio con alcune ONG islamiche che nel corso degli anni hanno impiantato un sistema sociale di assistenza tollerato persino dagli al-Shabab.
Bene, si dirà, almeno qualcuno ha aiutato quei poveretti. Peccato che non sia proprio così, o perlomeno non lo hanno fatto proprio in maniera disinteressata. A parte che solo il fatto della connivenza con gli al-Shabab già dovrebbe far rizzare i capelli. Le ONG turche e in particolare la famigerata IHH erano le uniche autorizzate a operare dove nemmeno l’Onu lo era e già questo dovrebbe dar da pensare. Ma è il sistema impiantato in Somalia da queste ONG che preoccupa, un sistema che si rifà alla “teologia del container” cioè, ti assito se sei musulmano o se lo diventi, altrimenti niente. Il sistema, inventato dai comboniani in Africa, è oggi il più utilizzato dalle “caritatevoli” ONG islamiche che lo usano a loro piacimento per prendere il controllo politico e religioso di ampie aree dell’Africa. E si, perché passare dall’aiuto umanitario al controllo politico il passo è breve. Toby Leon Moorsom, che ha scritto un saggio sulla “militarizzazione della povertà in Africa” lo definirebbe “la politicizzazione della povertà in Somalia”.
E così abbiamo scoperto che il Premier turco, Recep Tayyip Erdogan, ha studiato per la Somalia una sorta di “road map” che arriva fino al 2015 e che prevede, tra le altre cose, il potenziamento del sistema assistenzialistico gestito dalla IHH e dalle altre ONG turche. Intendiamoci, se la cosa fosse a fin di bene, se il tutto avvenisse in maniera laica e se dal 2015 si passasse dall’assistenzialismo allo sviluppo, bisognerebbe ringraziare Erdogan in ginocchio. Ma a riguardo abbiamo dei seri dubbi. La connivenza della IHH con gli al-Shabab ce lo fa dubitare. Ma non solo. Erdogan punta dritto alla formazione di un nuovo Governo in Somalia che sia il frutto delle sue indicazioni e per farlo usa l’ampio (e scontato) consenso del sistema assistenziale messo in piedi dalla IHH e dalle altre ONG turche. Chi sapeva che i dipendenti della IHH vivevano in Somalia da diversi anni (con tanto di famiglia al seguito) senza che nessuno gli abbia mai minacciati? Quali altre ONG lo hanno potuto fare? Nemmeno l’Onu. Chi sapeva che la Turchia era l’unico Paese ad avere una ambasciata perfettamente operativa a Mogadiscio? Tutte le altre sono state demolite dai terroristi islamici legati ad Al Qaeda (tranne quella di Djibouti e del Sudan). Perché quella turca no? Permettete che queste cose qualche dubbio lo sollevino.
E ora che il Presidente somalo, Sharif Sheikh Ahmed, si appresta a lasciare il potere la Turchia mette una opzione sul nuovo Governo e programma le prossime mosse che non escludono l’uscita di scena delle truppe dell’Unione Africana (di Uganda, Burundi e Gibuti) per soppiantarle magari con truppe turche. A farlo capire è stato lo stesso Erdogan quando ha affermato che “la Turchia aiuterà con qualsiasi mezzo il nuovo Governo somalo a prendere il controllo di tutto il Paese”. Il nuovo Governo andrà al potere nel mese di agosto, perché Erdogan non ha fatto alcun riferimento a quello presente?
La realtà è che la Turchia intende allargare la propria influenza sulla Somalia il che vuol dire controllare formalmente una delle rotte marittime più importanti del mondo. E per farlo ha usato uno dei trucchi più vecchi del mondo, l’assistenza ai bisognosi.
Noemi Cabitza
Penso che tanti altri paesi che avrebbero potuto aiutare la Somalia,non l’hanno fatto per vari motivi . Forse anche i somali stessi,stanchi di essere considerati sottosviluppati e poveri,dalle persone di altre religioni appartenenti ai cosi detti paesi sviluppati,si sono sentiti piu’ a loro aggio con i turchi,che a parte all fatto che appartengono alla stessa religione dei somali,sono un popolo generoso,caldo e sempre pronto ad aiutare. Se poi c’e anche un po di interesse in tutto questo,ben venga. Ma perche’? C’e al mondo un altro paese del tutto disinteressato? Ma non vedete in che mondo viviamo? Io posso dire solo questo; Bravo Turchia,un paese meravigliosamente bello,con bella gente ,con un economia che va bene,con una posizione geografica eccezionale ,un grande paese che ha conquistato una volta gran parte del mondo e che oggi ha conquistato nei nostri cuori il primo posto per le nostre destinazioni estive. Ma quanto e’ bello e grande questo paese! E grazie alla Turchia forse,un giorno potro’ anch’io tornare a rivedere Mogadiscio,a sentire l’odore del bazzar,,e a guardare come il sole sorge e tramonta nel piu’ bel oceano che io abbia mai visto. Viva la Somalia che rinasce !