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Come cambia il Medio Oriente del dopo Obama

Franco Londei
Franco Londei 23 Aprile 2016
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Obama ci ha lasciato un Medio Oriente devastato. A pochi mesi dalla fine del suo mandato si può fare un bilancio definitivo della sua fallimentare politica in questa parte di terra fondamentale per gli equilibri mondiali e di certo non ci si può esprimere in senso positivo.

Le cosiddette “primavere arabe” tanto volute e alimentate dall’Amministrazione Obama non hanno portato democrazia nel mondo arabo ma hanno portato solo guerre, miseria e divisioni. La geografia mediorientale in pochi anni è stata letteralmente stravolta. E su questo le responsabilità americane sono oggettive, non solo per quanto riguarda l’origine di questi cambiamenti ma, soprattutto, per quanto riguarda il modo di affrontarne le conseguenze. Dopo aver alimentato le cosiddette “primavere arabe” Obama si è defilato praticamente su ogni teatro tranne che su quello iraniano dove appare particolarmente attivo nel tentare di costruire un qualche tipo di rapporto con gli Ayatollah. Per il resto gli USA sono praticamente fuori dalle vicende egiziane, da quelle saudite, da quelle che riguardano il Libano, hanno una politica amorfa in Giordania e per quanto riguarda Israele e la Palestina sono più i danni fatti che le cose positive. Obama è riuscito in una impresa quasi impossibile, si è inimicato tutti i suoi maggiori alleati in Medio Oriente: Israele, Arabia Saudita ed Egitto. A questo quadro decisamente desolante si unisce una sostanziale immobilità americana nella lotta allo Stato Islamico, a meno che pochi raid aerei e un pugno di uomini dei reparti speciali non vengano considerati un “impegno serio”.

Meglio la scimmia israeliana che il gorilla americano

Questa politica americana di disimpegno da un lato e filo-iraniana dall’altro ha portato i Paesi Arabi a rivedere le proprie posizioni nei confronti di Israele. Se fino a ieri gli Stati Uniti erano il gorilla che proteggeva tutta la regione e i regimi arabi, oggi quegli stessi regimi arabi abbandonati a se stessi da Obama guardano con altri occhi a Israele, specialmente in considerazione del fatto che sia gli arabi che Israele hanno un comune nemico, l’Iran che proprio Obama ha rilanciato in maniera impressionante sulla scena mondiale con il suicida accordo sul nucleare iraniano. E allora, come scriveva pochi giorni fa un giornalista arabo, se gli arabi non possono avere il gorilla americano a proteggerli dovranno rivolgersi alla scimmia israeliana. E questo discorso non vale solo per l’Iran ma in alcun Paesi come l’Egitto e la Giordania vale anche per la lotta allo Stato Islamico. Oggi gli arabi e Israele stanno lavorando insieme per creare una specie di “area sicura” in Medio Oriente. Certo, non sempre lo fanno pubblicamente, l’Arabia saudita non dirà mai pubblicamente che sta collaborando con Israele, ma è quello che avviene nella realtà. L’ultimo episodio che lo conferma è l’accordo tra Egitto e Arabia Saudita sulle Isole Tiran, un accordo che all’apparenza avrebbe dovuto scatenare la veemente reazione di Israele in quanto le strategiche isole poste all’imbocco del Golfo di Eilat rientravano negli accordi di pace tra Egitto e Israele e non sarebbero dovute passare di mano. Ma Israele ha semplicemente taciuto. Perché? Il motivo è semplice, le Isole Tiran sono state cedute dopo serrati contatti tra Egitto, Israele e Arabia Saudita e il principe ereditario saudita, Hamed bin Nayef, ha garantito il rispetto degli impegni presi dall’Egitto con Israele. Con Re Salman vecchio e malato era necessario avere le rassicurazioni del principe ereditario e quelle rassicurazioni sono arrivate a Gerusalemme. Insomma, la cosa è stata trattata prima che avvenisse e i contatti tra Arabia Saudita e Israele (in Egitto e in Giordania) sono stati serrati e sono durati diversi mesi. La cosa più importante e indicativa da segnalare però non è tanto la collaborazione tra Gerusalemme e Riad, segretamente già in essere da diverso tempo, quanto piuttosto che tutta la “operazione Isole Tiran” sia avventa tenendo completamente all’oscuro l’Amministrazione Obama. Detto con più chiarezza, se prima in Medio Oriente non si muoveva un sasso senza che gli americani ne fossero informati, oggi a causa della poca fiducia in Obama si preferisce fare l’esatto contrario.

Ci vorrebbero ore o ore, pagine di scritti per analizzare a fondo come è cambiato il Medio Oriente dopo il devastante “ciclone Obama” (un capito a parte ci vorrebbe solo per la Turchia) ma oggi ci limiteremo solo (si fa per dire) ai rapporti tra Israele e mondo arabo. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno si potrebbe dire che non tutti i mali vengono per nuocere. La politica smaccatamente filo-iraniana di Obama ha avuto come conseguenza di avvicinare le posizioni arabe a quelle israeliane e un netto allontanamento dei Paesi arabi dalla vicenda palestinese che ormai interessa solo gli antisemiti occidentali. Obama ha lasciato un Medio Oriente letteralmente devastato ma su queste rovine si sta costruendo qualcosa di impensabile solo fino a qualche anno fa. Ora tutto sta a capire se la nuova Amministrazione americana, che sia democratica o repubblicana, vorrà farne parte superando gli errori/orrori commessi da Obama.

Scritto da Maurizia De Groot Vos

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TAGGED: arabia saudita, egitto, iran, israele, Medio Oriente, obama
Franco Londei 23 Aprile 2016

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