Premessa – Chi si occupa di migrazioni sa benissimo che se parliamo di migrazione africana più che di un fenomeno internazionale dobbiamo parlare di un fenomeno interno all’Africa. Infatti il 90% del fenomeno migratorio africano avviene all’interno dei confini del continente africano e non, come alcuni vogliono far credere, verso l’Europa.
Tutto questo ha un senso e anche un nome, si chiama migrazione interna anche se nel caso africano il termine è molto forzato se si vogliono usare i parametri che si insegnano nelle scuole di cooperazione allo sviluppo (discorso lungo che forse rifaremo). Fatto sta che lanciare allarmi su allarmi in merito a centinaia di milioni di africani pronti a emigrare in Europa non è solo una balla che non tiene conto della realtà migratoria africana, ma è anche un esercizio di procurato allarme.
Intendiamoci, non intendo sottovalutare o sottostimare quei milioni di africani che vogliono emigrare in Europa che, sebbene rappresentino appena il 10% della massa migratoria africana, sono pur sempre nell’ordine di qualche milione di individui, intendo solo mettere i paletti necessari per andare a fare un discorso sulla migrazione dall’Africa verso l’Europa che si basi su dati appurati e non su allarmismi in parte ingiustificati. Il fenomeno migratorio africano è troppo complesso per non analizzarlo partendo da dati certi, dati che ci dicono che di tutta la massa migratoria africana solo il 10% punta all’Europa.
Fatta questa doverosa premessa, rimane il fatto che l’Europa non può comunque assorbire quel 10% di migranti internazionali africani perché uscendo dall’ottica delle percentuali, che sarebbero in linea con quelle delle migrazioni strutturali, quel 10% rappresenta comunque una massa di persone troppo grande per poter essere assorbita senza conseguenze sociali ed economiche. Cosa fare allora?
Per capirlo anche in questo caso va fatta una premessa, partire cioè dallo stabilire quali sono i fattori che spingono una persona a migrare. La letteratura sulla migrazione economica ci spiega che una persona decide di migrare per tre ragioni fondamentali:
- la povertà e la mancanza di lavoro
- la mancanza di una visione ottimistica del proprio futuro nella propria terra a causa della situazione ambientale e/o politica
- la naturale ricerca di una vita migliore
a questi tre fattori di recente se ne è aggiunto un quarto legato ai cambiamenti climatici che provocano lo spostamento sempre più importante di masse di persone e che indubbiamente hanno un impatto maggiore nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS).
Stabilito quindi quali sono i fattori che spingono le persone a migrare non ci rimane altro da fare che capire se gli africani hanno una reale necessità di migrare verso l’Europa oppure la loro è solo una idea legata alla ricerca di una vita migliore, legittima per carità ma non indispensabile. Per farlo diamo una occhiata allo sviluppo economico e alle potenzialità del continente africano.
Secondo la OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la Banca africana di sviluppo (Afdb) e il programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (Undp) il PIL africano nel 2015 è cresciuto del 4,5% e nel 2016 crescerà del 5%, cioè cresce molto di più che nel resto del mondo. E’ vero che questa crescita, come ci spiega l’autorevole rapporto African economic outlook 2015, avviene ancora a macchia di leopardo, ma è altrettanto vero che questa discrepanza si va progressivamente sistemando. I dati non devono stupire, l’Africa è il continente che al mondo possiede più risorse e che potenzialmente potrebbe generare più ricchezza. E vero che solo negli ultimi anni gli africani hanno preso coscienza (e possesso) delle potenzialità del loro continente e hanno dato il via a importanti riforme nazionali, com’è vero che ancora ci sono posti in Africa che hanno gravi problemi democratici e legati all’economia, ma è altrettanto vero che chi decide di emigrare lo fa verso quei Paesi che possono offrire maggiori possibilità di impiego. Allora perché gli africani che crescono del 4,5% vengono in Europa che cresce a malapena dell’uno per cento? Che bisogno hanno di rischiare la vita, prima nella lunga traversata del Sahara (di cui nessuno parla) e poi nella traversata del Mediterraneo quando potrebbero contribuire alla crescita del loro continente e vivere meglio lì? Quanti sono gli africani impiegati regolarmente in Italia e negli altri Paesi europei, ma soprattutto, quanti sono i nuovi arrivati che trovano un lavoro regolare che non sia raccogliere pomodori a pochi euro al giorno senza alcun contratto regolare? Qualcuno faccia il conto di quanti sono gli immigrati africani arrivati in Italia e in Europa ad aver trovato un regolare lavoro. Questa, secondo loro, è una vita migliore di quella che potrebbero fare in Africa? Sinceramente non penso.
La mentalità cosiddetta “progressista” vuole darci a intendere che queste persone fuggono dalla povertà per trovare da noi una vita migliore, che effettivamente trovano fino a quando sono ospitati negli alberghi, ma poi? La stragrande maggioranza degli africani che arrivano sulle nostre coste sono migranti economici che non hanno nessun motivo di emigrare verso l’Europa. Nessuno. Chi emigra da un posto che cresce del 5% verso uno che cresce appena dell’uno per cento? Chi fugge da un posto in cerca di una vita migliore per andare a raccogliere pomodori in Calabria a pochi euro al giorno e vivere peggio di come si vive in una capanna nel mezzo della savana? E’ questa la vita migliore che intendono per gli africani i cosiddetti “progressisti”?
La realtà è che la stragrande maggioranza degli africani non ha alcun motivo di emigrare in Europa se non quello dell’ambizione di vivere meglio senza faticare, senza dover lottare ogni giorno per far crescere la propria terra come fanno la stragrande maggioranza dei loro conterranei. Questi non sono una risorsa nemmeno per l’Africa, figuriamoci per l’Europa.
Non conosco direttamente nessun paese africano e delle società di quei paesi conosco solo quello che riesco a leggere. Non posso certo dire di conoscere lo stile di vita, la mentalità ecc. dei medesimi. Quello che posso osservare in prima persona è il comportamento degli africani (nigeriani) che sono purtroppo concentrati nel mio quartiere. Giovani, tutt’altro che denutriti, che trascorrono le giornate a bighellonare, con una bottiglia di birra in mano e un cellulare (poi smartphone) nell’altra, dediti ad attività illegali in primis spaccio di droga. Appena arrivati si inseriscono immediatamente nel giro. Il che mi fa pensare che sanno benissimo cosa vengono a fare. Sempre più arroganti e incivili, ignorano volutamente o per sciatteria le regole del paese che li ospita. Tutti i fermati per droga hanno permessi umanitari e dunque anche benefici a carico dello stato, che non vengono mai revocati nemmeno in presenza di reati conclamati. Inoltre visto il denaro che sborsano per il viaggio e le pretese che avanzano appena arrivati qui mi viene da chiedermi a quale ceto sociale appartengano nel loro paese e a quale tenore di vita siano realmente abituati. E anche se per caso non abbiano cominciato a delinquere nel paese di origine. Ma nessuno tantomeno le autorità sanno rispondere visto che di costoro non sanno nulla, a cominciare dalla loro identità