La decable è consistente. I tagli al settore difesa dei paesi occidentali dovuti in primo luogo alla persistente crisi, si fanno sentire anche nell’unico settore che fino ad oggi aveva comunque continuato a crescere, quello delle armi.
La Gran Bretagna ha annunciato un taglio alla difesa di svariati miliardi di sterline (-8%). Riduzione del 10% del personale militare, 25.000 unità in meno nel settore civile legato alla difesa. Radiazione degli aerei Harrier, riduzione dei programmi riguardanti l’Eurofighter e il nuovo caccia F35. Sulla stessa linea sembra esserci la Germania anche se si parla di una riduzione del 6%. Gli altri Stati europei tagliano tutti per una percentuale che va dal 3% del Portogallo al 5% della Danimarca.
Anche l’Italia taglia (finalmente) nel settore difesa. Si parla di una riduzione del 5% che andrà a toccare diversi settori. Si rinuncerà a 25 Eurofighter, quattro fregate “Fremm” e a tanti progetti di ricerca. Naturalmente, stando a quanto riferisce il Ministro La Russa al Parlamento, si rinuncerà anche ad acquistare armi leggere e altri gadget. La scelta era inevitabile, il comparto difesa incide per circa 20,5 miliardi di euro che in momento di crisi devono essere destinati a funzioni essenziali quali la logistica e le spese per l’arma dei Carabinieri e tutto quello che è legato alla sicurezza essenziale del Paese, piuttosto che a costose ed inutili missioni di pace, prima fra tutte quella in Libano.
In questa atmosfera di tagli i produttori di armi, che fino ad oggi hanno continuato a fare affari con introiti davvero miliardari, si trovano spiazzati e non vogliono rinunciare ai bilanci positivi a cui sono abituati. Indicativo è l’atteggiamento assunto dal consorzio che produce l’Eurofighter del quale fa parte anche Finmeccanica (attraverso l’Alenia aeronautica) per un 21% (gli altri sono l’inglese Bae System, la spagnola Eads Casa e la tedesca Eads Deutschland). Secondo quanto ha riferito nei giorni scorsi l’AD di Finmeccanica, Pier Francesco Guaraglini, il colosso europeo sarà costretto a rivolgersi ai cosiddetti “mercati emergenti” per vendere i suoi giocattolini. E così Eurofighter sta volgendo la sua attenzione a Brasile, India e soprattutto al Medio Oriente.
E qui iniziano i problemi. Passi la vendita di aerei e di tecnologia non di ultima generazione a Paesi di dubbia fama, ma vendere nuovi aerei ed elicotteri a Paesi che potrebbero rivenderli a Stati canaglia deve far pensare. Per esempio i recenti contratti di Finmeccanica con gli Emirati Arabi Uniti riguardanti aerei da addestramento (gli Aermacchi M346) e di elicotteri Augusta sembrano un tantino troppo grandi per quelle che sono le esigenze di difesa degli Emirati. Se poi a questo ci aggiungiamo, come Guaragliani ha fatto intendere, anche la possibilità di concludere qualche contratto anche per gli Erofighter, allora il fabbisogno interno degli Emirati viene ampiamente superato. Il sospetto che queste armi vengano rivendute a paesi che non vi possono accedere è molto forte. D’altra parte è lo stesso trattato di collaborazione sulla difesa firmato tra Italia ed Emirati Arabi Uniti (LEGGE 23 dicembre 2009, n. 204) che mette certi dubbi. Secondo quel trattato infatti gli acquisti e le vendite non vengono fatti dagli stessi Governi ma da aziende private. Ora, vista la facilità con cui si può aprire una ditta fantasma negli Emirati Arabi Uniti (sistema RAK free zone), nessuno ci toglie dalla testa che chiunque possa arrivare ad acquistare armi di nuovissima generazione per poi rivenderle a Paesi terzi o addirittura sotto embargo.
L’esempio degli Emirati Arabi Uniti è solo uno dei tanti che si potrebbero fare per quanto riguarda il Medio Oriente, ma se ne potrebbero fare anche per quanto riguarda l’India, il Sud America e i paesi dell’Est asiatico. Ora, se quello che l’AD di Finmeccanica ha fatto intendere è vero (e se abbiamo capito bene), a fronte di un consistente calo degli ordinativi dei Paesi europei, si assisterebbe ad un “bilanciamento” con la vendita di armi di nuovissima generazione a Paesi non chiaramente verificati e/o affidabili. La cosa non deve essere permessa nella maniera più assoluta. Il Consorzio Eurofighter e tutti i suoi affiliati devono essere costantemente monitorati, cioè, non bisogna cedere al sottile ricatto dei produttori di armi i quali fanno chiaramente intendere che se le armi non verranno comprate dai Paesi occidentali, sicuramente verranno vendute in altri contesti, i quali non necessariamente dovranno essere “amichevoli”. E’ ora di finirla di chiudere gli occhi (magari per mero guadagno) di fronte a questi tipi di atteggiamento, altrimenti finirà che succede come in Afghanistan dove il sospetto che gli IED che tanti militari della NATO hanno ucciso e ferito vengano confezionati con mine anticarro di produzione italiana (provenienza Dubai) è molto alto. Insomma non vorremmo ritrovarci con un Eurofighter che bombarda i militari italiani.
Noemi Cabitza
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