Mentre il mondo è distratto dalla crisi economica, dalle rivoluzioni islamiche (iniziamo a chiamarle con il loro nome) e dalle prepotenze turche, l’Iran continua a costruire la sua bomba atomica. A dirlo, con estrema preoccupazione, non è uno qualsiasi ma il capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Yukiya Amano.
Ieri Yukiya Amano ha lanciato l’allarme: “l’Iran non sta fornendo alcun tipo di collaborazione all’AIEA ed è credibile che il suo programma nucleare nasconda intenti bellici”. L’allarme, gravissimo, arriva da Vienna ed è stato formulato dal più alto dirigente dell’AIEA al culmine di una riunione indetta per affrontare il problema iraniano.
Secondo fonti dell’AIEA l’Iran nasconderebbe un vero e proprio programma parallelo e vieta agli ispettori dell’Onu di accedere a diversi impianti. Le stesse fonti confermano che l’Iran ha dato il via a un nuovo programma dopo che quello “ufficiale” è stato attaccato dal virus “Stuxnet”. Il nuovo programma sarebbe composto da migliaia di nuove centrifughe e da un sistema computerizzato del tutto nuovo essendo quello vecchio ormai compromesso.
L’Iran nega di avere un programma parallelo ma continua a vietare agli ispettori dell’AIEA l’accesso a diversi impianti tra i quali quello che preoccupa più di tutti è quello di Qom, tenuto segreto solo fino a pochi mesi fa e di cui si sa pochissimo se non che è costruito nelle viscere della terra in una posizione difficilmente attaccabile dal cielo.
Secondo fonti molto attendibili gli iraniani sarebbero veramente ad un passo dall’ottenere il primo ordigno nucleare, tanto che da diversi mesi stanno perfezionando i loro missili a lunga gittata adattati al trasporto di ordigni nucleari e/o chimici.
La notizia, seppure attesa, è piombata come un fulmine a ciel sereno a Gerusalemme che già deve contrastare la sempre più crescente prepotenza del regime turco il quale proprio ieri ha reso noto che nelle prossime settimane invierà tre navi da guerra nelle acque antistanti Israele, ufficialmente per proteggere i carichi diretti a Gaza, in realtà per contrastare le operazioni di messa in opera della piattaforma denominata “Leviathan” che Ankara sostiene appartenere alla Cipro occupata dalla Turchia.
Secondo Protocollo Israel