É iniziato questa settimana il viaggio in Medio Oriente e in Europa di Jared Kushner e Jason Greenblatt volto a spiegare ai Paesi arabi e agli alleati europei il cosiddetto “piano del secolo”, il piano di pace americano che dovrebbe portare la pace tra israeliani e palestinesi.
Il tutto verrà poi ufficializzato durante la conferenza organizzata appositamente dalla Amministrazione americana in Bahrain i prossimi 25 e 26 giugno.
Secondo quanto si è potuto apprendere fino ad ora, il piano di pace americano prevede massicci investimenti in denaro da parte dei Paesi arabi in Giudea e Samaria nonché nella Striscia di Gaza, investimenti rivolti principalmente a opere infrastrutturali, a favorire lo sviluppo palestinese e ad assalire lo stato di povertà della popolazione frutto di oltre 70 anni di malversamenti e corruzione da parte della dirigenza palestinese.
Il piano è prettamente di tipo finanziario e quindi rimanda a tempo indeterminato qualsiasi questione politica, compresa la questione della nascita di uno Stato palestinese.
Approvazione araba, ma non palestinese
Il piano di pace americano sembra piacere ai diversi Paesi arabi, specie ai più importanti quali Arabia Saudita, Qatar e gli altri Paesi del Golfo. Fa eccezione la Giordania che chiede garanzie su Gerusalemme e qualche paese arabo nordafricano quali Marocco e Tunisia.
Sicuramente non piace ai boss palestinesi anche se tutto il piano è rivolto a migliorare in maniera marcata le condizioni di vita della popolazione araba-palestinese e a produrre quello sviluppo economico e sociale che è mancato negli ultimi 70 anni.
Il problema che affligge i boss palestinesi, a partire da Abu Mazen, non è tanto il fatto che il piano non preveda per il momento la nascita di uno Stato Palestinese, quanto piuttosto il fatto che tutte le opere previste nel piano di pace americano prevedono una attenta gestione dei fondi che probabilmente verrà affidata a una entità terza e non alla Autorità Palestinese.
Questa condizione, di fatto, taglia fuori qualsiasi possibilità da parte dei boss palestinesi di gestire l’immenso fiume di denaro che si riverserà nei territori cosiddetti palestinesi, mentre pone molta attenzione ai fabbisogni della popolazione.
Il piano taglia fuori anche la UNRWA che fino ad oggi ha gestito centinaia di milioni di dollari usandoli per alimentare odio verso Israele e verso gli ebrei, UNRWA di cui gli Stati Uniti chiedono apertamente la chiusura.
E’ il momento della verità
La convergenza di molti tra i più importanti Paese arabi verso l’approvazione del piano americano mette la dirigenza palestinese in un angolo. E’ il momento della verità. I boss palestinesi devono scegliere tra fare qualcosa di veramente positivo per la popolazione o continuare a incassare denaro per dirottarlo nei loro conti personali, devono cioè scegliere tra il bene del popolo e il loro arricchimento.
Solo che questa volta, a differenza del passato, non avranno dalla loro la complice compiacenza dei Paesi arabi sin qui vista in questi decenni. E non è un problema da poco perché la loro bramosia di denaro verrà messa alla berlina e tutto il mondo potrà vedere quanto effettivamente i boss palestinesi pensano al bene della loro gente o, al contrario, ai loro conti personali.
Negli ultimi 70 anni i palestinesi hanno ricevuto dalla comunità internazionale centinaia di miliardi di dollari per lo sviluppo, sviluppo che però non si è mai visto mentre il denaro è puntualmente sparito nei conti correnti dei leader palestinesi (si pensi all’enorme fortuna accumulata da Arafat e oggi da Abu Mazen e dagli altri boss palestinesi compresi quelli di Hamas) o è finito nei mille rivoli del finanziamento al terrorismo.
Ora finalmente il piano di pace americano mette fine a questo sperpero di denaro pubblico, responsabilizza i Paesi arabi che diventano i maggiori finanziatori dello sviluppo palestinese e mette in un angolo la dirigenza palestinese che dovrà rinunciare ad incassare i milioni di dollari destinati alla popolazione. È logico che questo piano non piaccia ai “poveri” boss palestinesi.