Non possiamo più esimerci dal constatare che siamo di fronte a un profondo cambiamento degli assetti mediorientali con i quali, volenti o nolenti, tutti dovranno fare i conti.
Parlare di “nuovo Medio Oriente di Putin” non è esagerato dopo che gli americani, prima con Obama e ora con Trump, hanno lasciato campo libero ai russi.
È indicativo come le basi in Siria lasciate libere dagli americani siano state prontamente occupate dai russi è che Mosca è praticamente impegnata a mediare in ogni diatriba esistente in Medio Oriente mentre gli americani lasciano volentieri a Mosca questo ingrato e difficile compito.
Putin non è alleato di tutti, ma va d’accordo praticamente con tutte le potenze regionali, anche quelle apertamente nemiche tra di loro. Questo lo rende il negoziatore perfetto e allo stesso tempo l’ago della bilancia.
Il problema è capire fino a che punto l’ago della bilancia di Putin sia equo.
Un problema in più per Israele
La riacquistata leadership regionale di Mosca non è proprio una buona notizia per Israele, anche se ieri il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, in visita in Israele ha cercato di rassicurare (con poca convinzione) Gerusalemme sul fatto che gli USA non abbandoneranno lo Stato Ebraico come hanno fatto con i curdi.
Niente raid da settimane
La repentina interruzione degli attacchi israeliani su obiettivi iraniani in Siria e in Iraq può voler dire che Putin ha messo un fermo alle azioni israeliane, anzi, quasi certamente è così.
Se questo fosse vero, Israele si troverebbe di fronte ad un scelta non proprio semplice da fare: sfidare apertamente i russi, oppure permettere agli iraniani di posizionarsi strategicamente in Siria (e in Iraq) da dove potranno minacciare lo Stato Ebraico.
Fino ad oggi questa scelta non si è potuta fare, prima di tutto perché la situazione politica in Israele non è ancora stata chiarita e queste scelte hanno bisogno di un Governo nel pieno dei suoi poteri.
In secondo luogo, il quasi certo stop russo ai raid israeliani è stato fortemente rafforzato dalle scelte di Washington. Israele non può colpire obiettivi in Siria (e in Iraq) contro il volere russo se alle spalle non ha il pieno sostegno politico e militare degli Stati Uniti. E in questo momento non sembra avercelo.
Ksenia Svetlova, membro senior del IPS Institute, l’Istituto israeliano per le politiche estere regionali, in una intervista con il Times of Israel si è detta molto preoccupata.
Anche lei si è detta convinta che lo stop ai raid israeliani (dopo decine e decine di azioni quasi settimanali) sia dovuto ad un out-out arrivato da Mosca.
«I russi coprono le coste libanesi e siriane con gli S-300 il che vuol dire che nel momento in cui pensassero che non sarebbe intelligente per loro permettere i raid aerei israeliani li bloccherebbero immediatamente» ha affermato Ksenia Svetlova. «E probabilmente è quello che è successo» ribadisce.
Come detto, Putin è bravo nell’essere amico di tutti in Medio Oriente, ma le alleanze sono altra cosa. Gli alleati di Putin nella regione sono Siria e Iran. Non ci si faccia quindi ingannare dalle “buone relazioni”.
E se c’è una cosa che la Russia non fa, a differenza degli USA, è che non abbandona mai gli alleati.