Israele: il momento delle scelte difficili e impopolari

23 Giugno 2014

Quello del silenzio tombale dei media internazionali sul rapimento di tre ragazzini israeliani è l’ennesimo caso che dimostra come Israele abbia contro la grande stampa internazionale, prontissima a strombazzare ai quattro venti se un arabo scivola su una buccia di banana in qualche villaggio sperduto della West Bank ma silente quando le vittime sono israeliane.

israele-prima-dopoMa non voglio dilungarmi più di tanto su questa ovvietà, ormai è un fatto più che conclamato e rischio di passare per un lagnoso. Vorrei piuttosto affrontare il discorso sulle difficili scelte che nei prossimi giorni dovranno prendere i governanti di Israele. Trattare e cedere per l’ennesima volta ai terroristi arabi oppure adottare una linea durissima e prendere decisioni definitive e forse anche impopolari?

Bene, partiamo da quello che i governanti di Israele hanno davanti. Ormai è chiaro che non possono contare sull’appoggio americano che, anzi, rischia addirittura di essere dannoso. Altrettanto chiaro è che quello che era il principale interlocutore arabo, cioè Abu Mazen, dopo essersi alleato ufficialmente con Hamas ha perso anche quella poca credibilità che gli rimaneva e il rapimento dei tre ragazzi dimostra in maniera lampante che Abu Mazen non ha alcun controllo su Hamas. Non parlo volontariamente degli altri fronti difficili come il nucleare iraniano e la questione Siria/Libano che magari affronterò un’altra volta. Quello che mi interessa oggi è parlare della questione tra Israele e gli arabi che abitano la Cisgiordania e Gaza.

Più si va avanti e più diventa evidente che non si può più sorvolare sulla situazione in West Bank e nella Striscia di Gaza. Israele non può più vivere sotto la costante minaccia terroristica araba. Deve fare qualcosa e non essendoci i presupposti per farlo con gli arabi deve farlo in maniera unilaterale partendo dal presupposto che ha il coltello dalla parte del manico e non, come vorrebbero altri, da quello di trattare con gli arabi sullo stesso piano. Israele lo ha fatto per anni e anni e la situazione è peggiorata. Questa gente non ha nessuna intenzione di trattare o di accordarsi per una pace duratura e per fare un proprio Stato, questi vogliono la sparizione di Israele. Non credo che su questo ci sia qualcuno minimamente ragionevole che possa obbiettare.

E allora, se questa gente che vive in West Bank e nella Striscia di Gaza considera Israele come un nemico da abbattere, perché mai Israele dovrebbe trattare con loro e mettersi sullo stesso piano? Un nemico, come diceva qualcuno tempo fa, lo si sconfigge. Poi ci si tratta.

Partiamo quindi dai confini di Israele. Gli arabi non accettano nulla che non sia legato ai confini del 1946. Ma nel frattempo Israele ha vinto diverse guerre difensive, ha conquistato territori dopo essere stato attaccato e ne ha anche restituiti diversi agli attaccanti in cambio di un trattato di pace. Ha persino restituito la Striscia di Gaza agli arabi per poi ritrovarsi continuamente sotto attacco da quel territorio. Non è mai accaduto nella storia che chi abbia perso una guerra sia messo sullo stesso piano di chi l’ha vinta. Quindi non possono essere gli arabi (o chi per loro) a stabilire quali dovrebbero essere i confini di Israele ma è Israele stesso a dover imporre i propri confini. Insomma, occorre sbaragliare una volta per tutte il concetto di “territorio conteso” e prendersi quello che si ritiene giusto prendere, stabilire confini certi e lasciare agli arabi il resto. Poi quello che gli arabi ci faranno è affare loro. Paradossalmente questo è un bene anche per gli arabi, così sapranno quello che è loro e quello che non lo è. Questa è una decisione difficile che vedrà contraria tutta l’opinione pubblica mondiale e che farà gridare all’atto illegale, ma cosa cambierebbe rispetto a quella che è la situazione attuale? Non dicono ugualmente così sebbene Israele cerchi da anni di trovare un accordo con gli arabi? Non definiscono i territori contesi con il termine di “territori occupati”? Quindi, a essere pragmatici, non cambierebbe proprio nulla.

Quello che invece cambierebbe è la sostanza. Confini certi entro i quali applicare la legge israeliana, definire una volta per tutte che Gerusalemme è la capitale di Israele, e quando dico Gerusalemme intendo tutta la città senza nessuna esclusione, regolarizzare e mettere sotto tutela gli insediamenti che al momento si trovano nella zona contesa. Gli arabi non si decidono a scegliere quali siano i loro confini? Lo faccia Israele per loro e senza trattare su nulla. Prendere o lasciare.

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

7 Comments

  1. A cosa servirebbe imporre i propri confini? Ciò che serve ad Israele è il disarmo delle milizie palestinesi. Se si impongono i propri confini, come dice il giornalista nell’articolo, all’interno del territorio palestinese possono continuare a circolare armi. L’esercito israeliano non potrebbe avere più il controllo della West Bank e se venissero lanciati missili potrebbe diventare un bersaglio anche l’aeroporto di Tel Aviv!

  2. concordo pienamente. E’ arrivato il momento di prendere decisioni unilaterali. E lascia che gli altri sbraitino, tanto lo fanno lo stesso

  3. imporre i propri confini significa imporre ai palestinesi le proprie responsabilità all’interno dei loro. Le armi circolano comunque al di fuori dei territori sotto controllo israeliano e le ultime retate dimostrano che circolano anche in quelli sotto controllo. Cambia il peso delle responsabilità della ANP. Se fosse vero quello che dici tu allora rimarremmo così all’infinito e non credo che possa andare bene, a prescindere da chi impone i confini

  4. Il problema è proprio questo! Ho paura che questa empasse non avrà mai fine finché i palestinesi non ridimensionano le loro pretese. Tornare esattamente ai confini del 67 è impossibile, né può essere preteso dopo aver perso così tante guerre in passato, dovrebbero essere loro i primi ad ammetterlo. Imponendo i confini le rivendicazioni dei palestinesi non cesserebbero, anzi, rinfaccerebbero che è stata loro imposta una pace che tale non è per loro e nemmeno per l’ONU, che sicuramente non accetterebbe niente di tutto ciò. Sarebbero loro stessi a non proclamarsi Stato indipendente! Non credo che l’ANP si responsabilizzerebbe automaticamente, né che la comunità internazionale pretenderebbe ciò.

  5. ma così è il cane che si morde la coda. Impossibile da accettare per altri 60 anni e ormai è evidente che i palestinesi non hanno alcuna intenzione di fare un proprio stato, loro puntano (da sempre) allo stato unico binazionale. Quindi l’unico modo per fargli capire che il loro sogno non si realizzerà mai è quello di prendere decisioni unilaterali che loro non prenderebbero mai. Poi che si lamentino pure, In fondo cosa cambierebbe rispetto ad ora? Non è forse tutta colpa di Isaele di tutto quello che avviene?

  6. Le decisioni unilaterali vanno sempre bene quando sono risolutive.
    Mi sembra però altamente improbabile che USA, UE e comunità internazionale-in primis Nazioni Unite-ratificherebbero delle decisioni unilaterali di Israele circa i confini e quindi l’annessione di terre.
    Nessuno di questi soggetti internazionali ha infatti ancora accettato l’annessione di Gerusalemme est.
    Una annessione peraltro imperfetta , in quanto non credo che abbia comportato la concessione della cittadinanza agli arabi che ivi risiedono.
    In secondo luogo la “responsabilizzazione” dei Palestinesi consisterebbe con ogni probabilità nel rovesciamento dell’ANP e nella presa del potere di organizzazioni estremiste.
    In questa ipotesi difficilmente Israele potrebbe evitare interventi militari nel territorio attribuito agli arabi.
    Allora, se lo Stato ebraico é disposto a compiere gesti che non verrebbero riconosciuti come legittimi a livello internazionale e ad assumere l’onere di interventi militari e di polizia al di fuori dei suoi nuovi confini, sempre e comunque condannati dalla comunità internazionali, in questa ipotesi potrà pure prendere decisioni unilaterali.
    Sapendo cioé a cosa va incontro e ritenendolo un prezzo accettabile.
    Certo, se Israele avesse il peso della Cina, lo potrebbe fare agevolmente
    Tanto nessuno andrà mai contro la Cina con boicottaggi e isolamento internazionali pesanti.
    Invece mettere alle strette Israele non comporta conseguenze pesanti per nessuno, al di fuori di Israele stesso.
    Ho paura pertanto che la soluzione non dipenda in modo sufficiente dalle sole decisioni di Israele.
    Una ulteriore considerazione.
    Data la collocazione geografica di Israele, si potrebbe valutare e misurare la qualità della sua condizione in termini di sicurezza e di efficace organizzazione civile, rapportandola più che alla condizione europea a quella dei paesi vicini., che sono tutti avversi o come governi o per sentimenti popolari o per entrambe le cose.
    Questi indubbiamente influiscono sulla sicurezza e sulla situazione generale dello Stato ebraico.
    Ebbene, Israele sta incomparabilmente meglio di tutti i paesi della regione, sia per la sicurezza che per la prosperità, anche considerando la frizione con i palestinesi.
    La tendenza attuale registra un peggioramento delle condizioni dei paesi della regione ed é improbabile che la situazione non continui a peggiorare anche nel medio-lungo periodo.
    Questo trend indebolisce o rafforza Israele nei loro confronti?
    Io credo che lo rafforzi, perché indebolisce i nemici.
    Se questa ipotesi é fondata, allora bisognerebbe forse pensarci due volte prima di prestare il fianco a costoro , che non stanno solo in medio oriente.
    In un certo senso l’instabilità del Medio oriente rafforza in termini relativi Israele, che non é per niente instabile.
    Già solo questo potrebbe essere considerata una rendita di posizione.
    Meglio conservarla, finché rende oggettivamente senza fare nulla.
    In futuro si vedrà.
    Non so se é vero, ma ho letto che lo stesso Netanjhau avrebbe raccomandato ad Obama di non aiutare nessuna fazione in Iraq, perché quello che fanno li indebolisce tutti.

  7. Il discorso non fa una piega. Mi complimento con lei Sig. Londei, per la lucidità, il buonsenso, il pragmatismo dei suoi interventi.

    Buon lavoro

    Shalom

    Fede

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