Il Ministro della Difesa israeliano ha rilasciato nei giorni scorsi una pesantissima intervista all’analista israeliano Ronen Bergman ripresa dal New York Times in un articolo apparso lo scorso 25 gennaio e passato praticamente inosservato in occidente.
Invece quell’articolo è di fondamentale importanza per poter provare a prevedere quali saranno le prossime mosse di Israele nella ormai quasi conclamata guerra con l’Iran e contro il loro programma nucleare. Proviamo a riassumere tutto in pochi punti:
- La cancellazione dello Stato Ebraico di Israele è un obbiettivo strategico per l’Iran. Di questo l’occidente si deve rendere conto
- Il Governo israeliano è responsabile della sicurezza di Israele e di garantirne l’esistenza. Questa è la priorità assoluta. Quindi chi si oppone ad un attacco israeliano all’Iran non tiene conto di questa priorità.
- Dopo il primo attacco Israele dovrà subire la risposta iraniana, di questo il Governo israeliano si rende conto, ma se anche gli ultimi tentativi di far ragionare gli iraniani falliranno, Israele non avrà altra alternativa che attaccare.
- Continuare ad attendere significa permettere all’Iran di arrivare al “punto di non ritorno”, cioè al primo test nucleare e quindi al “fatto conclamato”. Un attacco dopo quel momento non sarebbe più possibile (la Corea del Nord insegna).
- Al contrario di quanto affermano alcuni esperti americani e russi, l’Iran potrebbe arrivare al suo primo ordigno nucleare nel giro di pochi mesi. A sostenerlo è il Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Strategici,Ronen Bergman, da sempre fautore dell’attacco preventivo.
- Il vero sostegno al programma nucleare militare iraniano è arrivato ed arriva tutt’ora dal Pakistan e non dalla Russia che invece ha fornito a Teheran solo tecnologia civile. Il sito di Natanz, forse il più importante, è il frutto della collaborazione tra Iran e Pakistan.
- Già nel 2000 era stata predisposta una strategia in cinque punti per contrastare il programma nucleare iraniano: 1 – pressione politica 2 – operazioni segrete 3 – lotta contro la proliferazione 4 –sanzioni 5 – favorire un cambio di regime. Tutte queste strategie fino ad oggi hanno fallito.
- Le azioni clandestine come il boicottaggio cibernetico del sistema che controlla l’arricchimento dell’uranio, l’uccisione di tecnici specializzati iraniani e altre azioni volte a mettere in difficoltà il sistema di potere iraniano, non hanno dato i frutti che si pensava. Ehud Barak ha comunque negato qualsiasi coinvolgimento diretto del Mossad (con unità Kidom e la segretissima forza Cesarea) in queste azioni che invece sarebbero state portate avanti da due gruppi di opposizione iraniana. Preso atto di questo l’unica alternativa è quindi l’attacco diretto.
- Permettere all’Iran di dotarsi di armi nucleari significa aprire una corsa al nucleare in tutto il Medio Oriente. Dopo Teheran vorrà il nucleare anche l’Arabia Saudita che ha già comprato quattro reattori, l’Egitto, la Turchia e chissà chi altro. E’ una corsa al riarmo che il mondo non si può permettere di tollerare.
- Secondo tutte le fonti di intelligence israeliane il punto di non ritorno sarà raggiunto da Teheran alla metà del 2012, quindi è necessario agire prima anche perché ormai è chiaro le sanzioni non fermeranno l’Iran nella sua corsa alle armi nucleari.
- Israele è perfettamente consapevole che la ritorsione iraniana sarà pesantissima. Hezbollah dispone di decine di migliaia di missili a breve e lungo raggio e non esiterà un momento ad usarli. I missili iraniani Shahbab possono raggiungere le maggiori città israeliane. Inoltre il Mossad calcola che ci siano almeno 40 cellule terroristiche dormienti all’estero pronte a colpire interessi e istituzioni israeliane in tutto il mondo. Tuttavia è in gioco la stessa esistenza di Israele e quindi anche la ritorsione iraniana viene considerata come “il prezzo della guerra per la sopravvivenza”.
In sostanza quello che afferma il Ministro della Difesa israeliano è che non ci sono alternative ad un attacco militare alle strutture nucleari iraniane, in primo luogo perché tutte le strategie di contenimento verso il programma nucleare iraniano sono fallite e in secondo luogo perché Teheran è molto più vicina al “punto di non ritorno” di quanto si creda in occidente.
Va detto che in Israele ci sono anche diverse voci di dissenso ad un possibile attacco all’Iran, tra le quali una delle più importanti è quella dell’ex capo del Mossad, Meir Dagan, sostituito con il più interventista e dinamico Tamir Pardo, proprio perché giudicato “troppo molle”. Ma secondo Ronen Bergman a prevalere sarà “l’istinto di sopravvivenza israeliano” e quindi l’attacco all’Iran.
Sharon Levi