Iran: quarto incontro con la dissidenza iraniana. Prospettive e attività future

Si è svolta nei giorni scorsi a Malta la quarta riunione della dissidenza iraniana all’estero (la terza dopo le elezioni) e come sempre è stata l’occasione per fare il punto della situazione e per discutere delle prospettive del Movimento Verde. La riunione, durata tre giorni (un giorno in più del previsto), ha visto la partecipazione dei maggiori esponenti della dissidenza iraniana all’estero e quella di diverse organizzazioni vicine al Movimento Verde tra le quali Secondo Protocollo.

Il primo punto affrontato dagli intervenuti è stato quello relativo alla situazione dei prigionieri politici alcuni dei quali in sciopero della fame da due settimane. Secondo le scarne notizie che arrivano dal carcere di Evin 17 prigionieri politici sono scesi in sciopero della fame per protestare contro i continui abusi a cui sono sottoposti a partire dal completo isolamento. Essi non possono infatti contattare i loro avvocati, i loro famigliari, non possono avere libri o giornali. Non hanno accesso ai più elementari Diritti alla loro difesa. Molti di loro sono in carcere da mesi senza che nessuno abbia mai formalizzato una a accusa precisa nei loro confronti. Tra di loro spiccano i nomi di Majid Tavakoli e Koohyar Goodarzi, attivisti dei Diritti Umani, quelli di Mansour Ossanloo e Issa Saharkhiz quest’ultimo giornalista riformista con l’unica colpa di essere una delle maggiori firme moderate iraniane specializzato in lunghi editoriali contro il regime. Il gruppo di dissidenza iraniano all’estero e le organizzazioni presenti alla riunione hanno fatto avere agli scioperanti una lettera nella quale si chiede loro di sospendere lo sciopero della fame e di preservare la loro salute in vista di nuove azioni di lotta pacifica contro il regime. Nella lettera si legge, tra le altre cose, che “la costruzione della Democrazia esige forze capaci e giovani come voi, esige che siate in perfetta salute per affrontare le nuove sfide che ci attendono nel cammino verso un Iran finalmente democratico e libero dalla dittatura”. Attualmente in Iran sono oltre 300 i dissidenti politici, gli attivisti per i Diritti Umani, i giornalisti e i blogger incarcerati senza alcuna accusa specifica contro di loro. Altri 270 sono in attesa di giudizio liberati a seguito del pagamento di una cauzione. Di questi almeno trenta rischiano la pena di morte con l’accusa di essere “mohareb” cioè “nemici di Dio”. L’ultima sentenza a morte con tale accusa è stata emessa lo scorso 27 luglio per Jafar Kazemi, detenuto politico e attivista per i Diritti Umani. Proprio la storia di Jafar Kazemi riapre un vecchio contenzioso tra la “dissidenza iraniana” e la “resistenza iraniana” meglio conosciuta come PMOI (Mujahedin del Popolo). Molto spesso il regime iraniano accusa i dissidenti di essere simpatizzanti dei Mujahedin del Popolo. Non c’è niente di più falso. La dissidenza iraniana ha sempre preso le distanze dal PMOI giudicati alla stregua di traditori e molto simili come ideologia agli Ayatollah. Per questo alcuni dissidenti hanno scritto insieme alla moglie di Jafar Kazemi, Roudabeh Akbari, un accorato appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per chiedere un suo intervento sul regime iraniano. Una lettera simile è stata spedita all’Unione Europea e agli Stati Uniti per sgomberare una volta per tutte il campo su una possibile connessione tra la dissidenza iraniana e il PMOI.

La situazione del Movimento Verde – Si è discusso molto della situazione attuale del Movimento Verde. L’affermazione fatta nei giorni scorsi in un editoriale da Ebrahim Nabavi secondo cui il leader del Movimento Verde sarebbe Mir Hossein Mousavi è stata fortemente contestata da più parti. Così come è stata contestata la definizione data al Movimento Verde di “movimento religioso” per l’adesione di Khatami e Karroubi al Movimento stesso. Il gruppo di dissidenza ha ribadito che il Movimento Verde è a tutti gli effetti un “movimento laico” che lotta per l’affermazione della Democrazia in Iran e non è mosso da ideologie politiche e/o religiose di sorta. Tutti possono confluire nel Movimento Verde, a prescindere dal colore politico o dalla fede religiosa. I dissidenti iraniani hanno fortemente voluto rimarcare questo passaggio proprio per prendere le distanze da qualsiasi strumentalizzazione delle loro idee e per delineare un quadro preciso sulla collocazione e sui fini del Movimento Verde. Detto questo, è chiaro che al Movimento Verde manca una chiara leadership, una figura cioè in grado di convogliare tutte le anime del movimento sotto una unica guida e con un unico obbiettivo. Questa situazione ha creato negli ultimi mesi una frantumazione del Movimento in tanti piccoli gruppi che operano clandestinamente senza però alcuna coordinazione tra di loro. Il coordinamento del Movimento Verde è il tallone d’Achille del movimento stesso. Senza una guida facilmente identificabile e senza una struttura che coordini – dall’esterno e dall’interno dell’Iran – le azioni del Movimento, tutte le azioni sono destinate a infrangersi contro la durissima repressione del regime. Il Movimento Verde è nato all’inizio in modo del tutto spontaneo e per molti mesi ha vissuto unicamente sull’onda delle emozioni scatenate dalla sanguinosa repressione attuata dal regime. Ora è arrivato il momento di evolvere da “movimento spontaneo” a “movimento di dissidenza organizzato”. Per fare questo il Movimento deve darsi una struttura. Per questo motivo nelle prossime settimane i maggiori dissidenti fuoriusciti dall’Iran si riuniranno per “strutturare adeguatamente la dissidenza iraniana facente capo al Movimento Verde”. I nomi verranno resi noti a tempo debito. L’obbiettivo principale è quello di ottenere un riconoscimento internazionale come “movimento laico di opposizione al regime iraniano per il raggiungimento della Democrazia in Iran”. La consapevolezza da parte di tutti gli intervenuti che questo è un passo assolutamente necessario, è forse il maggior risultato positivo di quest’ultima riunione. A tal proposito è stata studiata una strategia per mantenere i contatti con i dissidenti all’interno dell’Iran i quali dovranno dire la loro sulla scelta della struttura di coordinamento ed eleggere a loro volta una struttura interna che coordini tutte le azioni del Movimento all’interno dell’Iran.

Il rischio di una guerra con USA e Israele – A conclusione della tre giorni di dibattito è stato immancabilmente affrontato anche il discorso di un possibile attacco israelo-americano alle strutture nucleari iraniane. E’ convinzione comune che un tale atto rafforzerebbe enormemente il regime e che forse sarebbe un vero e proprio salvagente per Ahmadinejad. E’ indiscutibile infatti che se si avverasse un fatto del genere il regime farà di tutto per paventare il rischio di una distruzione dell’Iran unificando così tutto il popolo, anche quelli (e sono moltissimi) che al momento sono incerti tra continuare a sottostare al regime o unirsi alla dissidenza. Un attacco, anche simbolico, all’Iran distruggerebbe per sempre il Movimento Verde che anzi diverrebbe il capro espiatorio perfetto e verrebbe accusato di “tradimento”. L’impostazione data da Ahmadinejad alla sua politica estera e interna porta a pensare questo, cioè che il dittatore potrebbe solo trarre un enorme beneficio da un eventuale conflitto. Questo non significa certo che la comunità internazionale debba permettere al dittatore di dotarsi di armi nucleari, ma che debba valutare attentamente le azioni che andrà a compiere nei prossimi mesi, azioni che invece che indebolire il regime potrebbero, al contrario, rafforzarlo. Per questo motivo nelle prossime settimane una delegazione della dissidenza iraniana incontrerà un gruppo di politici e intellettuali israeliani vicini al Governo di Gerusalemme e alcuni inviati del Congresso USA per spiegare come un attacco all’Iran in questo momento potrebbe solo rafforzare il regime e non farlo cadere. In questa occasione verranno prospettate alcune alternative che potrebbero evitare un devastante conflitto armato nella speranza che ci sia ancora del tempo.

Senza dubbio questa quarta riunione della dissidenza iraniana è stata la più proficua di quelle sin qui tenutesi. Le decisioni prese sono molto importanti e, se messe velocemente in pratica, potrebbero portare a dei risultati sin qui inaspettati. Un resoconto dettagliato della riunione sarà inviato nei prossimi giorni alle Nazioni Unite e all’Unione Europea dai quali ci si aspetta un riconoscimento del Movimento Verde e, naturalmente, un concreto sostegno sotto tutti i punti di vista.

Miriam Bolaffi