Pacifismo di guerra

Sono assai bizzarri certi cosiddetti “pacifisti” che puntano al deterioramento della situazione in Medio Oriente e quindi al conflitto aperto, che elogiano un regime militare come quello egiziano di Tantawi e lo chiamano pateticamente “democratico” e che arrivano persino ad esultare apertamente per il riavvicinamento dell’Egitto all’Iran, come se Teheran fosse il centro del pacifismo mondiale.

Stavo leggendo un articolo scritto da Luca Galassi su un noto sito che si definisce “pacifista”, un articolo nel quale il buon “pacifista” Galassi non nasconde la sua soddisfazione per l’avvicinamento dell’Egitto all’Iran, una situazione che di riflesso ha portato all’accordo tra Hamas e Fatah e che nei prossimi giorni porterà alla riapertura del valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza, operazione questa che faciliterà l’ingresso di armi iraniane (e perché no, egiziane) a Gaza.

Che dire poi della malcelata soddisfazione nel vedere che i Fratelli Musulmani dei quali Hamas è – cito testualmente – la diretta emanazione, stanno sempre più prendendo il potere in Egitto. Certo, va detto che secondo Galassi i Fratelli Muslmani sarrebbero “solo” una formazione “politico-sociale” e non un gruppo di estremisti islamici tutt’altro che pacifici, insomma quasi una formazione caritatevole piuttosto che un gruppo terrorista. Detta così quale autentico “pacifista” non approverebbe l’ascesa al potere dei caritatevoli Fratelli Musulmani e magari anche di Hamas?

Ma l’apoteosi del “pacifismo” il Galassi la raggiunge quando con una attenta analisi delinea la situazione di “confusione” in cui versa il Governo israeliano (lui lo definisce erroneamente il “governo di Tel Aviv” invece che “il governo di Gerusalemme”) a causa delle recenti rivolte nei paesi arabi con un accenno davvero misero alla situazione in Siria. Secondo il buon pacifista questa situazione di cambiamento dei pesi geo-politici della zona avrebbe riportato Israele alla situazione antecedente alla guerra dei sei giorni. Non si capisce però se questa è una analisi obbiettiva oppure si tratta di un auspicio del giornalista pacifista. Nel primo caso l’analisi mi sembra assai sommaria (di pancia) piuttosto che obbiettiva. Nel secondo caso sarebbe invece come se l’autore bramasse una situazione come quella antecedente la guerra dei sei giorni in cui Israele era del tutto isolata e che portò ad una guerra violentissima nella quale gli arabi presero un ceffone talmente sonoro da fargli stare buoni fino ad oggi. Un pacifista che brama un conflitto non si è mai visto.

Intendiamoci, non ce l’ho con il povero Galassi che per altro ha sempre dimostrato la sua indole anti-israeliana, quindi più che “qualificato” a gioire dell’avanzamento dell’estremismo islamico e a vedere in questo una forma di “democrazia”. No, quello che mi fa incazzare è che questa gente continui a definirsi “pacifista” e a mostrare soddisfazione per una situazione che porterà quasi sicuramente ad una situazione di conflitto. E’ incredibile, ma questi sono riusciti a inventare il “pacifismo di guerra”.