Il Sudan è un paese arabo-africano che negli ultimi decenni ha condotto una feroce campagna di pulizia etnica contro i “non arabi” e i “non islamici”. Prima contro il Sud Sudan cristiano e animista, poi contro gli Zagawa in Darfur che sono islamici ma hanno la pecca di non essere arabi. In questo è sempre stato difeso dai Paesi arabi, dalla Lega Araba e in generale dai Paesi africani islamici (anche se non arabi).
Per questo non può che essere presa per buona la notizia diffusa nei giorni scorsi dal giornale arabo “Al-Sharq Al-Awsa” e ripresa dalla TV satellitare “Al-Arabiya” secondo cui centinaia di Guardiani della Rivoluzione iraniana sarebbero presenti in Sudan con il duplice scopo di addestrare l’esercito sudanese e di costruire fabbriche di armi segrete. A rivelarlo è un editorialista saudita molto noto e vicinissimo alla famiglia reale saudita, Abdel-Rahman Al-Rashid, che non da mai notizie campate in aria.
Secondo l’indagine condotta da Abdel-Rahman Al-Rashid i Guardiani della Rivoluzione iraniana da diversi mesi sarebbero in Sudan da dove dirigerebbero due programmi specifici. Il primo riguarda l’addestramento di speciali unità dell’esercito sudanese che avrebbero il compito di infiltrarsi nelle linee nemiche (probabilmente si pensa al SPLA) per compere attentati e atti di sabotaggio. Il secondo programma riguarda invece una grande fabbrica di armi con annesso deposito che avrebbe il compito di stoccare le armi destinate al Medio Oriente (Hamas ed Hezbollah) e, in un reparto speciale, di costruire ordigni che Abdel-Rahman Al-Rashid definisce “speciali”, cioè chimici.
Il Sudan, per bocca di un suo portavoce, ha smentito categoricamente quanto affermato da Abdel-Rahman Al-Rashid etichettandolo come “una menzogna colossale”. Tuttavia, notizie che provengono dalla intelligence saudita, affermano che alcuni terroristi catturati in Yemen negli ultimi giorni hanno affermato di essere stati addestrati dalle Guardie della rivoluzione iraniana in Sudan confermando anche l’esistenza di una fabbrica di armi chimiche che sarebbe nei pressi di Rufa’ah, una città a sud di Khartoum.
Non è la prima volta che il Sudan si impegna nella costruzione di armi chimiche e nel contrabbando di armi. Nel 1998 aerei americani bombardarono una fabbrica di armi chimiche mascherata da fabbrica di medicinali nei pressi di Khartoum. Lo scorso anno invece furono (presumibilmente) gli israeliani a bombardare un convoglio di armi di provenienza iraniana che da Port Sudan si stava dirigendo verso la Striscia di Gaza.
L’inchiesta di Abdel-Rahman Al-Rashid sta destando molta preoccupazione nel Governo saudita e in quello egiziano, il primo perché da mesi è impegnato in una guerra sotterranea con Teheran nello Yemen, il secondo perché è sicuramente il più esposto ad una penetrazione iraniana dal Sudan. A questo si deve aggiungere l’allarme lanciato da diversi mesi dal Governo provvisorio del Sudan Meridionale il quale ha più volte affermato che “agenti iraniani” stanno addestrando truppe speciali sudanesi in alcune aree remote dei Monti Nuba.
Il fatto, se ce ne fosse bisogno, conferma ancora una volta la politica altamente aggressiva di Teheran, una politica volta al controllo con ogni mezzo del Medio Oriente e di una buona parte dell’Africa. Il fatto poi che Teheran stia costruendo armi chimiche nel deserto sudanese, cioè lontano da occhi indiscreti, conferma che gli iraniani non hanno alcuna politica militare difensiva ma che perseguono esclusivamente una politica militare offensiva.
Secondo Protocollo