Durante la scorsa notte in Siria aerei da caccia americani hanno attaccato postazioni di gruppi terroristici legati all’Iran distruggendo diverse strutture e uccidendo almeno 17 terroristi.
È la prima operazione militare ordinata dal Presidente Biden e, secondo gli esperti, non intende annunciare un ampliamento del coinvolgimento americano in Medio Oriente ma si tratterebbe solo di una risposta agli attacchi subiti dalle truppe americane in quell’area ad opera delle milizie sciite legate a Teheran.
Qualcuno più ottimista si è spinto a sostenere che l’attacco della notte scorsa è il segno di un cambio della politica americana in Siria che dovrebbe coinvolgere anche il Kurdistan siriano ormai preda di Erdogan.
“Una isolata rappresaglia militare proporzionata come risposta agli attacchi portati contro le basi militari americane”
John Kirby, portavoce del Pentagono
Niente di tutto questo, anzi, secondo il portavoce del Pentagono, John Kirby, si è trattato di “una (isolata) risposta militare proporzionata” agli attacchi subiti dalle truppe americane in nord Iraq e Siria, l’ultimo lo scorso 15 febbraio nel quale ha perso la vita un contractor americano.
Anzi, sarebbe interessante sapere cosa pensa di fare il Presidente Biden con la situazione che sta vivendo il Kurdistan siriano ormai da mesi preda delle milizie islamiche al soldo di Erdogan.
Lo scorso 2 febbraio il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha parlato al telefono con Ibrahim Kalin, portavoce e consigliere capo del dittatore turco, Recep Tayyip Erdogan, ma secondo una dichiarazione della Casa Bianca i due si sarebbero ben guardati dal parlare del Kurdistan siriano e avrebbero genericamente concordato una linea contro il terrorismo in Libia, in Iraq e in Siria.
Unico accendo alla questione curda, un paio di righe dove si afferma che “sono necessari sforzi congiunti per risolvere attraverso una nuova prospettiva i temi di disaccordo tra i due paesi come gli S-400, gli F-35 e le divergenze di vedute sul PYD-YPG”.
La cosa incresciosa è che si continua a concentrare l’attenzione sullo status di gruppo terrorista che la Turchia da al YPG e non sul fatto che le forze paramilitari islamiste legate alla Turchia si stanno letteralmente fagocitando il Kurdistan siriano e lo fanno pezzo dopo pezzo senza che nessuno, tanto meno gli americani, si oppongano a tutto questo.
Onestamente con l’avvento di Biden alla Casa Bianca si pensava a un deciso cambio di passo per quanto riguarda la Siria, invece nulla di questo è avvenuto.
Attualmente in Siria ci sono 500 militari americani, gli stessi di quando c’era Trump, solo che la situazione sul terreno è cambiata nel momento in cui i curdi per sopravvivere hanno dovuto allearsi con l’esercito di Assad.
Qualcuno dirà che bisogna aspettare a dare tempo a Biden di organizzarsi per prendere una decisione. Peccato che le truppe islamiste di Erdogan (tutti ex ISIS ed ex Al Qaeda) non aspettano.