Confesso che di recente ho seguito molto poco gli avvenimenti in Egitto. Ho letto qualcosa sulla brutta storia di Regeni e poco (davvero poco) sulla vicenda di Patrick Zaki. Per il resto è stato un “canale” che ho acceso pochissimo.
Poi l’altro giorno un amico mi chiede cosa ne pensassi su quello che stava avvenendo in Egitto. Escludendo a priori che parlasse di Regeni o di Zaki sui quali conosceva benissimo il mio scarso interesse, ho chiesto di cosa stesse parlando. Pochi link e ho capito tutto.
Come dice Ashraf Ramelah, Presidente e fondatore della “voce dei copti” parlando della pace tra Egitto e Israele, “quando si firmano trattati di pace, non possiamo tentare di cambiare l’altra parte, ma è saggio sapere con chi abbiamo a che fare”.
Ecco, questo saggio consiglio di uno dei più importanti personaggi del movimento cristiano copto in Egitto andrebbe declinato anche in altre versioni similari, come per esempio “è sempre bene sapere con chi abbiamo a che fare quando trattiamo affari internazionali”.
Cioè, se l’Italia con l’Egitto ci va piano sui casi di Regeni è Zaki per salvaguardare gli affari con il Cairo, allora farebbe bene a sapere come vengono trattati i cristiani in Egitto.
L’occidente farebbe bene a sapere che mentre Al-Sisi combatte duramente la Fratellanza Musulmana, nelle moschee egiziane si fanno discorsi d’odio contro ebrei e cristiani e al grido di Allah u Akabar si brama il loro sterminio.
Inutile sostenere di combattere i Fratelli Musulmani se poi nelle tue moschee si chiede a gran voce l’invasione islamica e la Jihad.
E qui, cari amici, cade definitivamente la storiella che Al-Sisi tenga a bada i musulmani integralisti in Egitto. Ce li ha in casa e gli girano nudi nel salotto.
Quando nel dicembre 2020 Al-Sisi visitò la Francia, parlando della limitata libertà religiosa in Egitto il Presidente Macron fece notare alla sua controparte egiziana che “consideriamo il valore umano il più importante di tutti, ogni persona avrebbe il diritto di scegliere la religione in cui vuole credere. Per questo la questione religiosa non dovrebbe essere correlata alla questione politica”.
Allora Al-Sisi rispose che “il rango dei valori religiosi è molto più alto del valore umano”. Poi, per farsi capire meglio aggiunse che “è importante quanto esprimiamo la nostra opinione che non si violino i valori religiosi, perché i valori religiosi sono molto più alti del valore umano”.
E qui torniamo al vecchio e saggio Ashraf Ramelah. Siamo sicuri di quello che facciamo quando trattiamo con l’Egitto o quando diciamo che in fondo ad Al-Sisi tutto gli è permesso perché difende l’occidente dall’estremismo islamico? A me sinceramente non sembra.
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