C’è un movimento molto diffuso in certi ambienti che si autodefinisce “pacifista”. Di questo movimento fanno parte intellettuali, uomini politici, giornalisti, persone impegnate nel sociale (ONG, ONLUS, ecc. ecc.) e persone normali che a parole “ripudiano la guerra in ogni sua forma”.
L’ideale è nobile, non vi sono dubbi a riguardo, però molto spesso queste persone che si definiscono “pacifiste” adottano atteggiamenti che poco legano all’ideale di cui si fanno promotori. Presidenti di ONG che difendono dittatori genocidi pur dicendosi “pacifisti ad oltranza”, uomini politici (specie di sinistra) che “ripudiano la guerra senza se e senza ma” e poi volano a Teheran a onorare gli Ayatollah e a genuflettersi di fronte ad Ahmadinejad, giornalisti impegnati nel sociale e a propagandare “l’integrazione” che scrivono articoli di chiaro stampo antisemita, oppure difensori dei Diritti Umani che fanno distinzione tra i Diritti di taluni e quelli di altri.
Alla fine cosa rimane di questo movimento “pacifista”? Direi poco o niente. Anzi, a ben vedere sembrerebbe che quelli che si definiscono “pacifisti” alla fine finiscano per appoggiare proprio i più violenti e guerrafondai, quelli che predicano (e praticano) lo sterminio di altre razze o religioni, quelli che vorrebbero cancellare intere nazioni dalle cartine geografiche, quelli che se non sei d’accordo con loro ci pensano un nanosecondo a farti fuori, anche se sei sempre stato dalla loro parte.
Ma quale pace è quella che predicano questi personaggi? La pace dei vinti? Quella ottenuta solo grazie alla vittoria e ai soprusi degli altri? Vorrebbero lasciare i dittatori genocidi e gli sterminatori di popoli e di altre religioni al loro posto solo perché per buttargli giù ci vorrebbe una guerra. E’ decisamente un pacifismo assai bizzarro. Vorrebbero che il mondo accettasse questi soprusi solo nel nome di una pace che poi a ben vedere è ben lungi dall’essere vera pace ma è solo l’accettazione della prepotenza altrui.
L’altro giorno uno di questi bizzarri personaggi, che io definisco anche “pacifinti”, mi ha accusato di essere una sorta di guerrafondaio perché con la mia organizzazione sono particolarmente impegnato nella difesa di Israele. Questo per un “pacifista” che si rispetti è un peccato mortale. Magari non fanno un fiato se Assad ammazza 5/6 mila persone, se Ahmadinejad predica guerre a destra e a manca da mattina a sera, se Bashir stermina mezzo milione di persone solo perché di etnia Fur (e perché siedono su un mare di petrolio) e magari ci vanno pure a braccetto per le vie di Khartoum, ma se uno si azzarda a criticare i terroristi di Hamas, quei macellai di Assad e Ahmadinejad, le connivenze tra una ONG italiana e Bashir oppure, peggio ancora, a difendere apertamente il Diritto di Israele ad esistere e a difendersi, allora quello è un guerrafondaio perché brama la caduta di quei dittatori, macellai e genocidi, magari anche con un atto di forza.
Bene, perché allora io sono un guerrafondaio, uno che non accetta di soccombere senza combattere e senza vendere cara la pelle, uno che non accetta la pace dei vinti. Ma è anche vero che stando così le cose sono molto più pacifista io di questi veri e propri ipocriti che dietro al parola “pacifista” nascondo un odio profondo verso le società civili e le democrazie e ne bramano l’annientamento. Scusate se non accetto la pace globale dei vinti che vorrebbero queste persone, certo un mondo pacificato ma senza voci libere, senza democrazia e magari pure islamico, come se l’Islam fosse la religione della pace e della convivenza. Beh, se questa è pace che ci aspetta allora forse è davvero meglio la guerra.