Juba (Sud Sudan) – A meno di 100 giorni dal referendum per l’autodeterminazione del Sudan Meridionale continua a salire la tensione tra gli eserciti del Nord (SAF) e del Sud (SPLA) i quali si accusano reciprocamente di schierare le proprie forze lungo i confini che dovrebbero delimitare i due Paesi una volta effettuato il referendum, in aperta violazione del trattato di pace del 2005.
Il più attivo sembra essere l’esercito sudanese (SAF) che, secondo fonti di intelligence meridionali, sta spostando interi battaglioni a ridosso delle regioni di Abyei, Upper Nile e Bahr el Ghazal. Secondo quanto ha riferito il portavoce del SPLA (Sudan People Liberation Army), Gen. Kuol Deim Kuol, l’esercito di Khartoum avrebbe ricevuto – in aperta violazione dell’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite al Sudan – una quarantina di nuovi carri armati di produzione cinese che sarebbero stati schierati lungo il confine nord della regione di Abyei, la più turbolenta. Oltre ai carri armati Khartoum avrebbe spostato dal confine con il Chad – favorito dal clima disteso tra Sudan e Chad – almeno quattro battaglioni al confine con la regione dei Monti Nuba, ai quali si uniscono altri tre battaglioni posizionati lungo i confini con la regione orientale del Upper Nile. Movimenti di truppe sono segnalati anche a est, lungo i confini con la regione di Bahr el Ghazal.
Se le voci di questo riposizionamento di truppe da parte dell’esercito di Khartoum venissero confermate, sarebbe più che evidente il tentativo da parte sudanese di accerchiare tutto il Sudan Meridionale in previsione di una più che probabile vittoria al referendum di gennaio 2011 di coloro che vogliono l’autodeterminazione del Sud Sudan. La cosa sarebbe ancora più grave in quanto violerebbe palesemente gli accordi di pace firmati a Nairobi nel 2005 che, tra le altre cose, prevedevano che lungo i confini tra Sudan e Sud Sudan non si potessero ammassare truppe in gran quantità come invece sembra che stia avvenendo.
La reazione dell’esercito sud-sudanese è stata immediata. Il SPLM ha schierato a sua volta diversi battaglioni lungo i confini con il Nord e ha messo in allarme, in gran segreto, gli uomini della cosiddetta “riserva”, cioè quegli uomini che per oltre 20 anni hanno combattuto contro il Nord e che dopo la guerra erano tornati alla vita civile. Da segnalare che, secondo voci riferite a Secondo Protocollo da fonti delle Nazioni Unite, anche il Sudan Meridionale avrebbe ricevuto un gran numero di armi e di mezzi blindati dal Kenya, dall’Etiopia e dall’Uganda, in violazione dell’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite anche al Sud Sudan.
E mentre la tensione militare tra Nord e Sud Sudan sale alle stelle, tra mille difficoltà proseguono i preparativi per il referendum del 9 gennaio 2011. Non è ancora iniziata la distribuzione delle schede elettorali e si avvicina a grandi passi la stagione delle piogge che renderà difficile la distribuzione nelle zone rurali e in quelle di montagna. Il Governo sud-sudanese è comunque convinto che per il 9 gennaio sarà tutto pronto e che il popolo del Sudan Meridionale sceglierà per l’autodeterminazione. Ma se il quadro militare che appare dalle notizie che si ricevono dai confini è reale, allora la battaglia per l’autodeterminazione non finirà con il referendum ma, presumibilmente, sarà solo l’inizio di un periodo che si prospetta davvero drammatico.
Secondo Protocollo
quella del Sud Sudan è una situazione che rischia di infiammare tutta l’Africa sub sahariana e di cui in Italia si sapoco e niente. Grazie dei continui aggiornamenti