C’è un fatto, trascurato dai più, che emerge dall’accordo stipulato tra il Governo israeliano e il gruppo terrorista di Hamas per la liberazione di Gilad Shalit: mentre Israele ha preso l’impegno di non “riacciuffare” i terroristi liberati, Hamas ha categoricamente rifiutato l’ipotesi di non rapire altri cittadini israeliani, siano essi civili o militari.
Questa differenza di comportamento rende benissimo l’idea per cui membri importanti del Governo israeliano, quali il Ministro degli Esteri, Avidgor Lieberman, non erano d’accordo di accettare l’accordo con i terroristi in quanto rende evidente il cedimento del Governo di Gerusalemme nei confronti del terrorismo.
Personalmente non amo moltissimo Lieberman, ma questa volta non mi sento di dargli torto. Liberare oltre mille terroristi (alcuni colpevoli di reati gravissimi come il linciaggio di Ramallah o l’omicidio di donne, bambini e persone inermi) con la promessa di lasciarli comunque liberi anche in futuro, senza pretendere da Hamas una contropartita e un impegno scritto a non rapire altri cittadini israeliani, è davvero un cedimento inusuale e pericoloso, perché da ai terroristi l’impressione che la linea dura paghi.
In questo contesto, già di se deprimente, si inserisce anche un recentissimo rapporto redatto da alcuni psicologi israeliani che hanno studiato i detenuti palestinesi i quali sostanzialmente affermano che “la possibilità che questi personaggi tornino a colpire è altissima”, il che rende la loro liberazione ancora più “pericolosa” di quanto non lo sia a livello mediatico.
Non mi stancherò mai di ripetere che la gioia di riavere Gilad Shalit è immensa e che non può e non deve essere oscurata da altri ragionamenti, tuttavia mi è anche impossibile sorvolare sul “costo” di questa liberazione, un costo che definire altissimo è puro eufemismo e che, in un immediato domani, potrebbe persino trasformarsi in un costo in vite umane che Israele potrebbe non digerire.
Un dato è certo, Netanyahu ha fornito ad Hamas su un piatto d’oro una vittoria pressoché totale. Anche la mancata liberazione di gente come Marwan Barghouti non è affatto una concessione di Hamas. Persone come Barghouti hanno sempre contrastato il predominio di Hamas e allo stesso tempo sono scomodi alla dirigenza della ANP. Insomma, fanno molto comodo come “martiri” in carcere ma sono scomodi quando sono liberi perché con la loro “autorevolezza” (se si può parlare di autorevolezza di un terrorista) minano i grandi poteri palestinesi.
La negazione da parte di Hamas di prendere un impegno preciso e scritto di fronte ai mediatori di non rapire più cittadini israeliani, dimostra ancora di più come questa tecnica , che fino ad oggi ha pagato, sia tra le preferite dai terroristi e che, se tanto mi da tanto, nei prossimi mesi dovremo aspettarci azioni volte a prendere in ostaggio inermi cittadini israeliani.
Miriam Bolaffi
Francamente non credo che l’impegno a non riacciuffare i terroristi liberati sia incondizionato: certamente dipenderà dal comportamento di questi ultimi. Se dovessero tornare “in servizio permanente”, l’impegno non varrebbe di sicuro. Piuttosto è l’aumento del pericolo per i cittadini israeliani il vero problema, oltre che il senso demoralizzante che la giustizia sia stata violata. A proposito del primo aspetto non mi meraviglierei che qualcuno dei detenuti liberati preferisca in realtà ritirarasi a vita privata. Almeno lo auspico.
Per quanto concerne poi il problema del conflitto in termini generali mi sembra evidente che finchè la comunità internazionale finanzierà incondizionatamente la striscia di Gaza, favorendo in tal modo il Governo di Hamas, il conflitto non potrà che avere prima o poi una soluzione militare. Sta alla comunità internazionale scegliere che cosa vuole e se ha veramente una strategia. Per il momento sembra che gli organismi internazionali “amino” i bambini di Gaza , più dei loro stessi genitori Certamente più di chi governa la striscia . E questa aggrava ulteriormente il problema , perchè si riducono praticamente a zero i punti di contatto tra i due gruppi in conflitto e qualunque soluzione che rispecchi l’istinto di vita.
La rappresentazione di questa vicenda potrebbe titolarsi come un famoso libro di Norman Brown: la vita contro la morte. E nel nostro caso il palcoscenico ha invaso la platea: purtroppo gli amanti della morte sono anche tra di noi.
“….alcuni colpevoli di reati gravissimi come il linciaggio di Ramallah…” che la foto non rende lontanamente l’idea di cosa è avvenuto in quella casa, ma le mani lorde di sangue che l’assassino fa vedere agli altri assassini assiepati sotto la finestra, fanno intendere che loro, a squartare la gente, sono bravissimi.
Liberati sono stati liberati, è finita lì, basta recriminare.
Una cosa mi rallegra, che la vita di un soldato israeliano valga quanto la vita di 1027 palestinesi.
Ma siamo sicuri che solo 1027 palestinesi valgano la vita di un soldato israeliano?