Da ieri le Tv e i giornali iraniani non pubblicheranno più ricette italiane. Lo hanno deciso le autorità iraniane che definiscono la cucina italiana (ma anche quella francese) “una cucina lontana dall’islam” e per questo chiunque proporrà questo tipo di cucina sarà considerato “lontano da Allah” e commetterà un” peccato grave nei confronti dell’Islam”.

Le autorità iraniane che controllano la diffusione delle informazioni hanno così vietato di proporre ricette italiane, francesi e più in generale occidentali, in quanto intaccherebbero le convinzioni dei giovani iraniani. Meglio proporre solo ricette islamiche che rimandino alla rivoluzione iraniana. Si badi bene che non viene menzionata la “tradizione iraniana” ma solo ed esclusivamente la “rivoluzione” iraniana.

Non si capisce bene quali siano le ricette che rimandano alla rivoluzione iraniana. Probabilmente saranno tutte quelle ricette che sono nate dopo la caduta dello Scià. Ma allora cosa devono cucinare le donne iraniane? Se cucinano un piatto tradizionale vecchio di mille anni commettono un “peccato grave” con tutte le nefaste conseguenze che ne derivano. Probabilmente si creerà un movimento clandestino per cucinare la pasta e tutti quei piatti della tradizione iraniana.

Sarcasmo a parte, la notizia rende bene l’idea di come si stia estremizzando la situazione in Iran. Centinaia di fast food che proponevano piatti occidentali (amburgher con carne di manzo macellato come vuole l’Islam, piatti di pasta al pomodoro, patate fritte ecc. ecc.) saranno costretti a chiudere se non vogliono incorrere nelle ire dei Mullah. Tutti i media iraniani non potranno più proporre ricette occidentali. Curioso come nella Fatwa gli Ayatollah abbiano menzionato in particolare le ricette italiane e francesi. E’ una cosa che dovremo capire.

Fatto sta che in Iran l’oppressione del regime si fa sempre più pesante. Ora vogliono persino imporre la dieta ed evitare qualsiasi “contaminazione” occidentale. Da oggi se una donna iraniana vorrà cucinare un piatto di spaghetti lo dovrà fare clandestinamente.

Parisa Elahi